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'Vietnam: come t''inganno un presidente USA per fare la guerra'

Le operazioni false flag si scoprono 50 anni dopo. Come Lyndon Johnson fu ingannato dal Segretario della Difesa è nei documenti declassificati sul Golfo del Tonchino

'Vietnam: come t''inganno un presidente USA per fare la guerra'
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9 Agosto 2014 - 21.38


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di
Gareth Porter

Per
la maggior parte degli ultimi cinque decenni, si è pensato che
l”incidente del Golfo del Tonkino fosse un inganno del presidente
Lyndon Baines Johnson (LBJ) per giustificare la guerra in Vietnam. Ma
il bombardamento statunitense del Vietnam del Nord il 4 agosto 1964,
in risposta ad un presunto attacco navale mai avvenuto, e la
risoluzione del Golfo del Tonkino che ne seguì, non furono una mossa
di LBJ per indurre gli americani a sostenere una guerra USA in
Vietnam.

Il vero inganno quel giorno fu che il segretario alla difesa Robert S.
McNamara fuorviò LBJ omettendo di informarlo che il comandante USA
nel Golfo, che inizialmente aveva riportato notizie di un attacco da
parte di motovedette nordvietnamite sui vascelli statunitensi, avesse
più tardi espresso seri dubbi sul rapporto iniziale ed avesse
richiesto una investigazione più approfondita alla luce del giorno. 

Questa omissione di informazioni a LBJ rappresentò una mossa
sfacciata per usurpare il potere costituzionale del Presidente di
decidere sull”uso della forza militare.

L”inganno
di McNamara è riportato nei documenti declassificati sull”episodio
del Golfo del Tonchino della biblioteca Lyndon Johnson, che l”autore
ha utilizzato per ricostruire la storia non detta dell”episodio del
Golfo del Tonchino, in un libro del 2005 sull”entrata in guerra in
Vietnam degli USA. E” un elemento chiave di una più vasta storia su
come la sicurezza nazionale, comprendente sia ufficiali militari che
civili, tentò ripetutamente di esercitare pressioni su LBJ per
impegnare gli Stati Uniti in una più estesa guerra in Vietnam.

Johnson
si era rifiutato di attuare una rappresaglia due giorni prima, per un
attacco nordvietnamita su navi statunitensi impegnate in operazioni
di sorveglianza elettronica. Egli accettò però il suggerimento di
McNamara per un attacco di rappresaglia il 4 agosto, basato sul
rapporto di un secondo attacco. Ma dopo questa decisione, il
comandante della task force statunitense nel Golfo, capitano John
Herrick, iniziò ad inviare messaggi esprimendo dubbi riguardo il
rapporto iniziale e suggerì una “valutazione completa” prima che
alcuna azione venisse intrapresa in risposta.

 

McNamara
aveva letto il messaggio di Herrick a metà pomeriggio, e quando
chiamò il comandante della flotta del Pacifico, ammiraglio Grant
Sharp Jr., apprese che Herrick aveva espresso ulteriori dubbi
riguardo l”incidente, sulla base di conversazioni con l”equipaggio
del Maddox. Sharp consigliò specificatamente a McNamara di
“sospendere questo ordine” di attacco aereo statunitense,
pianificato per la sera, mentre lui avrebbe cercato conferma
dell”effettiva avvenuta aggressione.

 

Ma
McNamara disse a Sharp che preferiva che egli “proseguisse
l”esecuzione dell”ordine” mentre lui avrebbe atteso “un rapporto
definitivo” da Sharp su quanto realmente accaduto.

 

McNamara
procedette quindi a emettere l”ordine di attacco senza consultarsi
con LBJ riguardo quanto appreso da Sharp, privandolo dunque della
possibilità di cancellare la rappresaglia prima che una indagine
potesse rivelare la verità.

All”incontro
tenutosi alla Casa Bianca quella notte, McNamara di nuovo affermò
che assolutamente le navi statunitensi erano state attaccate nel
Golfo. Interrogato riguardo alle prove, McNamara disse: «Solo
informazioni altamente classificate definiscono l”incidente». 

Ma l”intercettazione di un messaggio nordvietnamita, che McNamara
citò come conferma, non poteva probabilmente essere correlata
all”incidente del 4 agosto, come gli analisti dell”intelligence
velocemente stabilirono basandosi sulla data di tramissione del
messaggio.

LBJ
iniziò a sospettare che McNamara avesse tenuto per sé informazioni
vitali, e ordinò immediatamente al consigliere per la sicurezza
nazionale McGeorge Bundy di verificare se il presunto attacco avesse
avuto effettivamente luogo, richiese inoltre all”ufficio di McNamara
di inviargli una completa cronologia dei contatti di McNamara a nome
della Casa Bianca coi militari il 4 agosto, completa degi argomenti
trattati in ognuno di essi.

 

Questa
cronologia mostra che McNamara continuò a nascondere a LBJ la
sostanza della conversazione con l”ammiraglio Sharp. Si ometteva la
rivelazione di Sharp sul fatto che il capitano Herrick considerasse
che “l”intera situazione” fosse “dubbia” e richiedesse una
“ricognizione diurna” prima che ogni decisione di contrattaccare
fosse presa, così come il fatto che Sharp concordasse con la
raccomandazione di Herrick. Inoltre si descriveva falsamente come
McNamara fosse d”accordo con Sharp che l”ordine esecutivo dovesse
essere ritardato fino a che le prove di conferma venissero trovate.

 

Contrariamente
alla convinzione che LBJ abbia usato l”incidente del Golfo del
Tonchino per instradare la linea politica statunitense saldamente sui
binari di un intervento militare, si evidenziano in realtà le
differenze di vedute tra Johnson e i suoi consiglieri per la
sicurezza nazionale sulla condotta in Vietnam. Dopo pochi giorni
dall”episodio Johnson aveva appreso abbastanza da essere convinto che
il presunto attacco non fosse avvenuto, e reagì bloccando sia le
incursioni dei commandos gestite dalla CIA sulle coste nordvietnamite che il pattugliamento navale statunitense in
prossimità delle coste stesse.

 

Di
fatto, l”inganno di McNamara sul 4 agosto fù solo uno di 12 distinti
episodi in cui alti ufficiali della sicurezza nazionale statunitense
tentarono di spingere un riluttante LBJ ad iniziare una campagna di
bombardamenti contro il Vietnam del Nord.

 

Nel
settembre 1964, McNamara ed altri alti ufficiali tentarono di indurre
LBJ ad approvare una deliberatamente provocatoria azione di
pattugliamenti navali vicinissimi alle coste nordvietnamite con
contemporanee incursioni di commandos. Essi speravano in un
altro incidente, che avrebbe giustificato una campagna di
bombardamenti, ma Johnson insistette che le pattuglie navali
rimanessero ad almeno 20 miglia dalla costa, e fermò le operazioni
dei commandos.

 

Sei
settimane dopo il bombardamento del Golfo del Tonchino, il 18
settembre 1964, McNamara ed il segretario di stato Dean Rusk
sostennero che fosse avvenuto un ulteriore attacco nordvietnamita ad
un cacciatorpediniere statunitense nel Golfo e cercarono di indurre
LBJ ad approvare un”altra rappresaglia. Ma uno scettico LBJ disse a
McNamara: «Lei è già
venuto poche settimane fa a dire che stavano lanciando un attacco su
di noi, che ci stavano sparando e che dovevamo rispondere a quel
fuoco, ed abbiamo concluso che forse loro non hanno sparato affatto».

 

Dopo
che LBJ venne rieletto nel novembre 1964, continuò ad opporsi alla
unanime indicazione formale sulla linea politica da tenere,
proveniente dai suoi consiglieri, riguardante l”opportunità di
iniziare un bombardamento sistematico del Vietnam del Nord.
Testardamente discusse per altri tre mesi sul fatto che non ci fosse
motivo per bombardare il Nord Vietnam mentre il Sud era diviso e
instabile.

Johnson
inoltre si rifiutò di contrastare il demoralizzato governo
sudvietnamita che negoziava un accordo di neutralità coi comunisti,
con grande umiliazione dei suoi consiglieri. McGeorge Bundy, più
tardi ricordò in una intervista come giunse a comprendere che
Johnson stesse «arrivando
alla decisione di perdere nel Vietnam del Sud».

 

LBJ
capitolò di fronte alle pressioni dei suoi consiglieri solo quando
McNamara e Bundy gli scrissero una lettera congiunta nel tardo
gennaio 1965, dove mettevano in chiaro che le responsabilità di una
eventuale “umiliazione” degli Stati Uniti nel Vietnam del Sud
sarebbero ricadute interamente sulle sue spalle se avesse continuato
con la sua condotta di “passività”. Temendo, a ragion veduta,
che i suoi alti consiglieri per la sicurezza nazionale gli si
sarebbero rivoltati contro addossandogli le colpe per la perdita del
Vietnam del Sud, LBJ alla fine diede il via al bombardamento del
Vietnam del Nord.

 

Egli
fu quindi risucchiato nel vortice della guerra del Vietnam, che
difendette pubblicamente e privatamente, portando alla logica ma
errata conclusione che ci fosse solo lui dietro alla spinta per
entrare in guerra.

 

La
più profonda lezione data dall”episodio del Golfo del Tonchino è di
come un gruppo di navigati funzionari della sicurezza nazionale possa
perseguire con determinazione, tramite il gioco duro e a volte anche
scorretto, tattiche volte a portare avanti un”agenda di guerra, pur
sapendo che il Presidente degli Stati Uniti vi si stia opponendo.

Gareth
Porter, un ricercatore storico e giornalista, specializzato nelle
politiche della sicurezza nazionale statunitense, ha ricevuto il
premio britannico “Martha Gellhorn” per il giornalismo nel 2011
per articoli sulla guerra statunitense in Afghanistan. Il suo nuovo
libro
Manufactured
Crisis: the Untold Story of the Iran Nuclear Scare
,
è stato pubblicato a febbraio 2014.



Fonte: [url”http://www.counterpunch.org/2014/08/05/robert-s-mcnamara-and-the-real-tonkin-gulf-deception/”]http://www.counterpunch.org/2014/08/05/robert-s-mcnamara-and-the-real-tonkin-gulf-deception/[/url].





Traduzione
per Megachip a cura di Il Petruss.




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