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«Sotto i nostri occhi» – Cronaca di politica internazionale n°243
di Thierry Meyssan.
Mentre il presidente Trump sembra aver più o meno risolto i suoi problemi di autorità interna, il conflitto ormai si manifesta in seno alla NATO. Washington sta parlando attualmente contro la manipolazione del terrorismo, mentre Londra non ha intenzione di rinunciare a uno strumento così utile per estendere la propria influenza. Il gruppo Bilderberg, inizialmente organizzato come una cassa di risonanza dell’Alleanza, è appena stato teatro di un difficile dibattito tra i partigiani e gli avversari dell’imperialismo in Medio Oriente.
Avvertenza:
Questo articolo è stato scritto il 4 giugno 2017. Non menziona quindi l’attuale crisi diplomatica in Medio Oriente, anche se questa ne conferma le ipotesi. Due campi iniziano a prendere forma: da una parte il Qatar e il Regno Unito, già ufficialmente sostenuti dall’Iran, la Turchia e Hamas; dall’altro l’Arabia Saudita e gli Stati Uniti, già sostenuti da Bahrain, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Israele, Libia (governo Baida), Maldive, Mauritius e Yemen (governo di Abdrabbo Mansour Hadi).
Nell’immagine in apertura: Non esistono fotografie della riunione del gruppo Bilderberg, il cui lavoro è riservato. La sicurezza per l’incontro non è gestita dall’FBI, né dalla polizia della Virginia, ma da una milizia privata organizzata dalla NATO.
DAMASCO (Siria) – Il gruppo Bilderberg è stato creato nel 1954 dalla CIA e dall’MI6 per sostenere l’Alleanza Atlantica. Aveva lo scopo di riunire personalità del mondo economico e mediatico assieme ai leader politici e militari per sensibilizzare la società civile di fronte al «pericolo rosso». Lungi dall’essere un luogo di decisione, questo club molto esclusivo è stato storicamente un forum in cui gli anziani dovevano rivaleggiare in fedeltà a Londra e Washington, e i membri più giovani dovevano dimostrare che ci si poteva fidare di loro contro i sovietici [1].
Fu durante la riunione annuale del 1979 che Bernard Lewis rivelò a coloro che erano presenti il ruolo della Fratellanza Musulmana nella resistenza al governo comunista afgano. Questo islamologo israelo-britannico-americano ha poi proposto che la «guerra per la libertà» (sic) fosse estesa a tutta l’Asia centrale.
Nel 2008, cioè con due anni e mezzo di anticipo, Basma Kodmani (futuro portavoce dell’opposizione siriana) e Volker Perthes (futuro consulente di Jeffrey Feltman per la totale e incondizionata capitolazione della Siria [2]) spiegarono l’interesse a sostenere la Fratellanza Musulmana per dominare il Medio Oriente. Sottolinearono la “moderazione” della Fratellanza di fronte all’Occidente e il contrasto offerto dal sovranismo “estremista” dell’Iran e della Siria [3].
Ed è stato nel 2013 che il presidente del padronato tedesco, Ulrich Grillo, ha perorato l’organizzazione di una massiccia migrazione di 800.000 operai siriani verso le fabbriche tedesche [4].
Il Bilderberg 2017
Il gruppo Bilderberg ha appena tenuto la sua riunione del 2017, dal 1° al 4 giugno, negli Stati Uniti. Contrariamente all’abitudine, i 130 partecipanti non hanno tutti difeso lo stesso progetto. Al contrario – seguendo i discorsi di Donald Trump al vertice arabo-islamico-statunitense e alla NATO [5], la CIA e l’MI6 hanno organizzato il primo giorno un dibattito che opponeva i partigiani della lotta contro l’islamismo contro coloro che lo sostengono. Il punto consisteva ovviamente nel trovare un compromesso tra i due campi o di riconoscere dei dissensi senza che li si lasciasse distruggere l’obiettivo iniziale dell’Alleanza: la lotta contro la Russia [6].
Sul lato anti-islamista (che si oppone non tanto alla religione musulmana, quanto all’Islam politico come formulato da Sayyid Qutb) si notava la presenza del generale H. R. McMaster (consigliere nazionale di sicurezza del presidente Trump) e della sua esperta Nadia Schadlow. McMaster è uno stratega riconosciuto le cui teorie sono state verificate sul campo di battaglia. Schadlow ha soprattutto lavorato sui modi di trasformare le vittorie militari in successi politici. Si è particolarmente interessata alla ristrutturazione dei movimenti politici nei paesi conquistati. Presto dovrebbe pubblicare un nuovo libro sulla lotta contro il radicalismo islamico.
Sul lato filo-islamista, si notava la presenza, per gli Stati Uniti, di John Brennan (ex direttore della CIA) e dei suoi ex subordinati Avril Haines e David Cohen (finanziamento del terrorismo). Per il Regno Unito, Sir John Sawers (ex direttore dell’MI6 e protettore di lunga data della Fratellanza) e il generale Nicholas Houghton (ex capo dello stato maggiore, che aveva pianificato un’invasione di terra della Siria). Per la Francia, il generale Benoît Puga (ex capo dello stato maggiore dell’Eliseo e comandante delle Forze Speciali in Siria) e Bruno Tertrais (stratega neoconservatore del Ministero della Difesa). Infine, per il settore privato, Henry Kravis (Direttore del fondo d’investimento KKR e tesoriere ufficioso di Daesh) nonché il generale David Petraeus (co-fondatore di Daesh).
E se questo squilibrio non fosse bastato, gli organizzatori avevano previsto la presenza di esperti in grado di giustificare l’ingiustificabile, come il professor Niell Fergusson (storico del colonialismo britannico).
L’eventuale inversione delle alleanze
Ci vorrà un po’ di tempo prima di sapere cosa è stato detto durante questo incontro e comprendere le conclusioni che sono state raggiunte dai vari partecipanti. Tuttavia, sappiamo già che Londra sta spingendo per un cambiamento di paradigma nel Medio Oriente. Se viene abbandonato il modello della «Primavera araba» (riproduzione della «rivolta araba del 1916» organizzata da Lawrence d’Arabia per sostituire l’impero ottomano con l’Impero britannico), l’MI6 spera di creare un nuovo accordo sulla base dell’islamismo politico.
Di conseguenza, mentre Washington ha rinnovato la sua alleanza con l’Arabia Saudita e l’ha convinta a rompere con la Fratellanza in cambio di 110 miliardi di dollari di armamenti [7], Londra sta spingendo per un accordo tra l’Iran, il Qatar, la Turchia e il Fratelli Musulmani. Se si dovesse realizzare questo progetto, avremmo sperimentato l’abbandono del conflitto sunniti/sciiti e la creazione di una «mezzaluna dell’Islam politico» che va da Teheran, a Doha, Ankara, Idlib, Beirut e Gaza. Questa nuova distribuzione consentirebbe al Regno Unito di mantenere la sua influenza nella regione.
L’unica cosa su cui sembrano concordare gli alleati è la necessità di abbandonare il principio di uno Stato jihadista. Tutti ammettono che il diavolo deve essere rimesso nella sua scatola. Ciò significa sbarazzarsi di Daesh, anche se certuni continuano a lavorare con Al-Qa’ida. È per questo che, preoccupato per la sua sopravvivenza, l’auto-proclamato Califfo ha trasmesso in modo segreto un ultimatum a Downing Street e all’Eliseo.
Fare una scelta di campo
Vedremo nei prossimi mesi se la giravolta dell’Arabia Saudita è genuina. Sarebbe una buona notizia per i siriani, ma sarebbe cattiva per gli yemeniti (che il mondo occidentale poi ignorerebbe). Offrirà al re Salman la possibilità di stimolare l’evoluzione del wahhabismo da setta fanatica a religione normale. Già ora l’improvviso conflitto che oppone Riad a Doha sulla questione dell’Iran viene duplicato da una polemica sulla possibile parentela tra il fondatore della setta, Mohammed ben Abdelwahhab e la dinastia qatariota degli Al-Thani: una rivendicazione che ha fatto infuriare la dinastia Saud.
Il progetto di «Islam politico» consiste nell’unire i Fratelli Musulmani ai Khomeinisti. Implica che l’Iran, e anche Hezbollah, dovrebbero sostituire questa problematica alla lotta contro l’imperialismo. Se questo avvenisse, porterebbe certamente al ritiro dell’Iran dalla Siria. La Casa Bianca sta prendendo questo molto seriamente e si sta preparando freneticamente per tutto ciò. Nel suo discorso a Riad, Donald Trump ha già designato Teheran come suo nuovo nemico e ha appena nominato Michael D’Andrea (che ha organizzato l’assassinio di Imad Mougniyeh a Damasco nel 2008) come responsabile della sezione iraniana della CIA [8].
La Russia si era già preparata a un potenziale nuovo accordo in Medio Oriente. Di conseguenza, sostenendo la Siria, ha perseguito la sua ambizione di ottenere l’accesso alle “acque calde” e ha cercato il ravvicinamento con il suo avversario ereditario, la Turchia, per essere in grado di navigare liberamente attraverso i Dardanelli e il Bosforo (indispensabili per entrare nel Mediterraneo). Tuttavia, a lungo termine, l’Islam politico potrà solo causarle problemi nel Caucaso.
Come sempre quando i giocatori ordinano le loro carte, tutti devono definire le proprie posizioni. Il Regno Unito difende il suo Impero, la Francia difende la sua classe dirigente e gli Stati Uniti difendono il proprio popolo. In Medio Oriente, certi lottano per la loro comunità, altri per le loro idee. Ma le cose non sono sempre così semplici. Così, l’Iran potrebbe seguire l’ideale dell’Imam Khomeiny, confondendo il fine e i mezzi. Ciò che all’inizio era una rivoluzione anti-imperialista guidata dalla forza dell’Islam potrebbe evolvere in una semplice affermazione dell’uso politico di questa religione.
Le conseguenze nel resto del mondo
L’MI6 e la CIA hanno preso un grande rischio nell’invitare un non-atlantista alla riunione di Bilderberg 2017. L’ambasciatore cinese, Cui Tiankai, che doveva parlare solo nel quarto giorno del seminario, ha dunque potuto valutare le posizioni di Ogni membro della NATO fin dal primo giorno.
Da una parte, Pechino sta contando sulla collaborazione di Donald Trump, l’apertura agli Stati Uniti della sua Banca Asiatica d’Investimento per le Infrastrutture (AIIB) e lo sviluppo di tutte le sue rotte commerciali. D’altra parte, spera che il Brexit si tradurrà in un’alleanza economica e finanziaria con Londra [9].
L’ambasciatore Cui, che era il direttore del Centro di Ricerca Politica per il Ministero cinese degli Esteri, potrebbe forse essere soddisfatto della semplice distruzione di Daesh. Ma non è ignaro del fatto che coloro che hanno organizzato il Califfato per tagliare la «Via della Seta» in Iraq e in Siria, e poi la guerra in Ucraina per tagliare la «Nuova Via della Seta» si preparano, preventivamente, ad aprire un terzo fronte nelle Filippine e un quarto in Venezuela per tagliare altri progetti di comunicazione.
Da questo punto di vista, la Cina, che, come la Russia, ha un interesse a sostenere Donald Trump, se non altro per prevenire il terrorismo nel proprio paese, si interrogherà sulle possibili conseguenze a lungo termine di un’egemonia britannica nella «mezzaluna dell’Islam politico».
NOTE
[1] «Quel che non sapete del Gruppo Bilderberg», Thierry Meyssan, Komsomolskaïa Pravda/Rete Voltaire, 10 aprile 2011.
[2] «La Germania e l’ONU contro la Siria», di Thierry Meyssan, Al-Watan (Siria), Rete Voltaire, 28 gennaio 2016.
[4] «Come l’Unione europea manipola i profughi siriani», di Thierry Meyssan, Rete Voltaire, 2 maggio 2016.
[5] «Trump avanza le sue pedine», di Thierry Meyssan, Al-Watan (Siria) , Rete Voltaire, 30 maggio 2017.
[7] «Donald Trump contro il jihadismo», di Thierry Meyssan, Al-Watan (Syrie) , Rete Voltaire, 23 maggio 2017.
[9] «Il Brexit ridistribuisce la geopolitica globale», di Thierry Meyssan, Rete Voltaire, 27 giugno 2016.
Traduzione a cura di Matzu Yagi.