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Non occorre rileggere von Clausewitz per intuire che i rapporti di forza nella venticinquennale battaglia dei valsusini sono ora mutati.

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26 Marzo 2013 - 05.48


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Sulla marcia No Tav di sabato 23 marzo

di Alberto MelottoMegachip

Non occorre andare a rileggersi von Clausewitz per intuire che i rapporti di forza nella lunga, venticinquennale battaglia dei valsusini sono decisamente mutati. E in meglio, per tutti coloro che sono stanchi di bersi le apodittiche verità (La Tav si deve fare! E perché? Perché Sì!) della premiata ditta “No consumo di territorio, No mazzette, No Party”.

Quando un esercito sente l’odore acre della sconfitta e dell’umiliazione, può darsi che decida di darsi alla macchia, fuggendo rovinosamente e mostrando la schiena al nemico. Oppure è possibile che conservi un barlume di finta dignità, e decida di darsi un tono, impegnandosi in schermaglie di retroguardia forse un po’ futili.


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Alla stazione torinese di Porta Nuova, ore 13:50 di sabato 23 marzo, il treno era ancora fermo ai binari. I controllori di Trenitalia, che come braccio armato della reazione sono un tantino inadeguati, non volevano saperne di lasciar salire un ragazzo, area centro sociale, perché accompagnato da un bastardino di media taglia. Il proprietario inveiva, alquanto istericamente, e i moderni bravi manzoniani replicavano in puro stile commedia all’italiana “Lei! Moderi i termini!”. Per fortuna ci pensava Daniele Mallamaci, irridente, a spargere sale e aceto sull’orgoglio già al tramonto dei ferrovieri: “Vergogna, fate salire i mafiosi e i politici e non un povero cagnolino”.

Il che, se ci pensate, funge anche da abile apertura politica al Movimento 5 Stelle, con questo implicito accenno al tema della casta corrotta. Non a caso lì a pochi metri si trovava Davide Bono, consigliere regionale del M5S.

Una volta imbarcati tutti i passeggeri, compresi i quadrupedi della famiglia dei canidi, si può infine viaggiare verso Susa. Giunti a destinazione, ci si immerge nel fiume umano che si accinge alla marcia. Ben presto, inizia a piovere, via via sempre più fitto. E’ davvero imponente la dimensione di questa manifestazione di popolo. I giovani, poi, sono tantissimi, come non si vedrebbero nemmeno in un milione di comizi elettorali della sinistra radicale. L’aver strappato queste nuove generazioni alla sirena del centro commerciale è uno dei grandi meriti della protesta no tav.

Come prevedibile, nella folla ci si perde di vista con i compagni di Alternativa di Torino e Genova. Ne approfitto per l’ormai consueto viaggio a spron battuto attraverso il cuore del corteo, come se dovessi portare l’annuncio della vittoria sui persiani (ma il paragone ci sta, in effetti).

Sotto la coltre d’acqua si coglie una scena malinconica. I parlamentari del M5s hanno scelto il basso profilo, poche bandiere, sparpagliati alla meta pur nel giorno del loro trionfo. Inutilmente la giornalista del tg3 regionale, infaticabile, cerca di riportarli all’ordine per le interviste di rito, come una maestra di scuola elementare con gli alunni che pestano i piedi dentro le pozzanghere.

Si susseguono le diverse sigle, gli striscioni tenuti alti, l’assenza appena percepita del tutoraggio delle forze dell’ordine.

Al termine della marcia, a Bussoleno, incontriamo Giulietto Chiesa in arrivo da un incontro di Alternativa Marche. In molti fra i manifestanti gli si avvicinano per un saluto, una foto, una stretta di mano. C’è anche tempo per una breve intervista di Giulietto a Salvo Mandarà, in diretta streaming che ha luogo nell’improvvisato rifugio del portico affollato di una pizzeria.

Poi si torna a Torino, per l’incontro serale dove si discuterà dei risultati della manifestazione e dei relativi sviluppi politici, insieme a Rossana Becarelli di Coscienza Comune e a Mauro Marinari, sindaco di Rivalta. “La prossima marcia che ci toccherà fare sarà quella per festeggiare”, dice Marinari, che sottolinea come persino i tg rai abbiano ridotto a pochi secondi le dichiarazioni del solito Mario Virano. Rossana Becarelli parla dei parlamentari 5 stelle, ricevuti in tutta fretta dalle alte cariche dello Stato a dimostrazione che il quadro politico è cambiato, e che ora l’avere una sponda in parlamento darà senz’altro i suoi frutti. A suo avviso la sanità piemontese, a forte rischio-svendita delle strutture ospedaliere a “certi” privati, sarà il prossimo campo di lotta. Giulietto, infine, mette in guardia da possibili colpi di coda della vecchia classe politica tutt’altro che contenta delle recenti novità scaturite dall’urna elettorale, ed esorta soprattutto a lavorare per la creazione di un più ampio fronte democratico e popolare che sappia portare quel mutamento di rotta radicale nel nostro parlamento. “Controllare l’operato altrui non serve a nulla, occorre che Grillo sappia proporre una propria squadra di governo, formata da personalità di spessore sotto il profilo intellettuale e morale”.

 

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