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Il caso Snowden e i suoi insegnamenti

Mentre Snowden ripara in Sud America, possiamo dire che il suo caso è solo la conferma ufficiale di un processo prevedibilissimo. [di Aldo Giannuli]

Il caso Snowden e i suoi insegnamenti
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24 Giugno 2013 - 09.05


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Cappuccino, brioche e intelligence n° 38

di Aldo Giannuli.

Se c’è una cosa che del caso Snowden non si può dire è che si tratti di uno scandalo. Lo scandalo, per sua natura, è la rivelazione di un determinato comportamento riprovevole che, prima, non era conosciuto. Insomma: senza sorpresa che scandalo è? E qui di motivi di sorprendersi proprio non ce ne sono. Ragioniamo: c’è una lastra di vetro sospesa fra due sponde e noi continuiamo a mettere al suo centro pesi sempre maggiori. Che, ad un certo punto, la lastra si spezzi non è una probabilità, è una certezza, per la quale superato il “punto di rottura” la lastra cederà. Che motivo di essere meravigliati ci sarebbe quando ciò capitasse? Fuor di metafora: qui abbiamo tutte le premesse perché si produca inevitabilmente un certo evento, che ora si è manifestato. Ciò è solo la conferma ufficiale di un processo prevedibilissimo che tutti sospettavamo fosse in atto da tempo. Ci vogliamo meravigliare?

Da circa venti anni sono andate crescendo nuove tecnologie che permettono di raccogliere e stoccare a tempo indeterminato immense masse di informazioni, che sono riproducibili in pochi secondi con procedure semplici e poco dispendiose. Qualche tempo fa ho fatto un piccolo esperimento, raccogliendo, per un anno, tutti gli scontrini di spese, ricevute Bancomat e carte di credito, operazioni bancarie, domande ad enti pubblici, accertamenti sanitari, pratiche fiscali ecc. ho anche contato tutte le mail e gli sms che ho mandato ecc. ed ho scoperto di aver emesso una informazione almeno 1 volta ogni 13 minuti secondi, compresa la notte (tenendo conto delle molteplici informazioni contenute, ad esempio, in un semplice scontrino del supermercato). E questo senza tener conto delle informazioni continuamente trasmesse dal cellulare, dall’Ipad ecc., che localizzano in ogni momento dove siamo e dicono i contenuti dei messaggi che scambiamo e con chi.

Tutte queste informazioni sono rigorosamente registrate presso qualche server che, in teoria, dovrebbe distruggerle dopo 5 anni, ma nessuno può controllarlo. Peraltro, il server può anche distruggerle, ma se qualcuno se ne è impossessato apertamente e legalmente o meno e le ha copiate, noi non lo sappiamo ed esse possono sopravvivere per sempre.

Al fine di raccogliere notizie su una persona, è come se, per osservare un qualsiasi organismo, fossimo passati dalla lente di ingrandimento al microscopio elettronico. E tutto questo, per di più a costi irrisori, almeno per quanto riguarda la riproduzione e l’immagazzinamento dei dati: sembra che il sistema Boundless (alla base di questo “scandalo”) abbia la capacità di acquisire 3 miliardi di pieces of intelligence al mese e nel solo mese di marzo, i sistemi americani collegati a Boundless hanno incamerato qualcosa come 97 miliardi di pieces of intelligence evidentemente attinti anche allo stock precedente. Il tutto a costi assolutamente stracciati.

Questa è la base di partenza oggettiva.

A tutelare la privacy dei cittadini dovrebbe provvedere la legge, imponendo certe regole di comportamento per i gestori e penalizzando chi cercasse di impossessarsene. Ma queste regole non hanno alcuna efficacia nei confronti dei servizi di informazione e sicurezza, il cui compito, appunto, è quello di raccogliere informazioni anche con procedure illegali: diversamente non ci sarebbe ragione di opporre il segreto di Stato alla magistratura. Dunque, abbiamo un soggetto che ha l’interesse, i mezzi ed il modo di ottenere tutte le informazioni che crede dai server. Anche perché, l’opportuna emergenza antiterroristica ha fornito i mezzi legali per poterlo fare.
E questo non è stato fatto solo negli Usa: il governo Monti ha autorizzato i servizi italiani a fare cose del genere in nome della lotta all’evasione fiscale. C’è sempre una emergenza in nome della quale poter fare quello che più fa comodo. Quella massa di informazioni, debitamente trattate con dei programmi informatici di potenza adeguata consente di: spiare gli altri paesi per realizzare un fortissimo vantaggio politico e militare, osservare e condizionare il gioco in borsa, prevedere le tendenze del mercato, essere preavvertiti dei sommovimenti sociali in arrivo, identificare ed isolare le aree di opposizione sgradite, cedere grandi quantità di informazioni di interesse commerciale ad imprese economiche in cambio di adeguati compensi monetari, turbare gare d’appalto, condizionare gli equilibri fra le valute eccetera eccetera.
Insomma si possono fare un mucchio di cose rispetto alle quali la lotta all’evasione fiscale o al terrorismo sono l’ultimo pensiero.

Dunque, la pentola sul fuoco c’era già da tempo; ora il problema è capire chi l’ha scoperchiata, per quale motivo e perché in questo momento.

Come è noto, Edward Snowden –l’ex analista della Cia che ha dato il via allo “scandalo”- afferma di averlo fatto in difesa delle libertà garantire dalla Costituzione. Da parte sua, l’Amministrazione Obama lo accusa di essere una spia e punta il dito verso i cinesi, anche perché Snowden si trova adesso ad Hong Kong, da dove gli Usa vorrebbero estradarlo. I cinesi, ovviamente smentiscono e, stando alle informazioni di Agi-China24, avrebbero fatto sapere alle autorità di Hong Kong (che, per quanto riguarda politica estera e difesa dipende da Pechino) di non avere alcun interesse a far nascere un caso politico. Una linea soft che confermerebbe, indirettamente, lo scarso interesse che Pechino attribuisce al caso. Ma, ovviamente, tutto questo potrebbe essere solo la copertura dell’operazione fatta.
Difficile pensare che la Cina sia del tutto estranea al caso, anche perché solo pochi giorni prima c’era stato l’incontro fra Obama e Xi Jinping che si era acceso proprio sul tema della guerra cyber, tanto in termini di attacchi hacker quanto in termini di spionaggio. Il fatto che, dopo solo un paio di giorni, arrivi a Washington questo cadeau da Hong Kong difficilmente può essere ritenuto una semplice coincidenza. Sembra anzi che i cinesi abbiano voluto far sapere agli americani che non sono loro quelli che hanno più da perdere se si apre il discorso sulle intrusioni ed aggressioni cyber.

C’è stata poi la pronta disponibilità russa ad offrire asilo politico a Snowden, il che fa pensare che i suoi tifosi siano più numerosi di quel che Obama potesse immaginare.

Ovviamente, l’idea che si possa essere trattato di un’operazione coperta di cinesi o russi o di entrambi, non esclude affatto che Snowden possa essere realmente una persona onesta che lo fa per ragioni ideali e non per vile pecunia, anche se può aver cercato sponda in qualche servizio straniero che ne proteggesse la ritirata e che assicurasse un adeguato “lancio” alle sue rivelazioni. Durante la II guerra mondiale o la successiva guerra fredda molte spie erano tali per ragioni ideali: Snowden non sarebbe il primo. Ma questo, alla fin fine, conta solo ai fini della valutazione personale dell’ex analista Cia (e che sta anche simpatico a chi scrive queste righe), che è l’aspetto meno importante della faccenda. Le questioni più rilevanti sono altre:

a. Questo è un segnale del graduale deterioramento dei rapporti russo americani che l’incontro ai massimi livelli non ha affatto migliorato

b. Obama è solo un Bush di colorito più scuro, un’ operazione di marketing dei poteri forti americani che hanno impacchettato la stessa linea politico-militare in una confezione un po’ più seducente

c. Dopo il caso Assange, questo è un altro segnale della porosità e vulnerabilità del sistema informativo Usa, che si sembra il classico gigante dai piedi d’argilla

d. Il confronto-scontro fra le grandi potenze si sta spostando sempre più dalle questioni finanziarie a quello dell’intelligence, segnano una escalation che lascia intendere ulteriori sviluppi.

e. Per troppo tempo il freno alle tensioni politico-militari è stato affidato ai negoziati sulla limitazione degli armamenti, in particolare nucleari, mentre non c’è mai stato alcun negoziato sulla limitazione reciproca delle attività di intelligence che, in prospettiva, potrebbero rivelarsi ben più pericolose per la pace di quanto non lo siano gli armamenti nucleari.

Quanto al come difendere i cittadini dalle intrusioni del potere è una questione molto più complicata –e quasi disperata- di cui occorrerà discutere in altra occasione.

Fonte: [url”http://www.aldogiannuli.it/2013/06/il-caso-snowden-ed-i-suoi-insegnamenti/#more-2923″]http://www.aldogiannuli.it/2013/06/il-caso-snowden-ed-i-suoi-insegnamenti/#more-2923[/url]

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