Non sono uno che ogni due minuti punta il dito sull’integralismo e si dispera per la fragilità della cultura occidentale. Cerco, con spirito non pregiudiziale, di portare uno sguardo il più possibile equilibrato sugli avvenimenti. I demoni, però, sono demoni, e come tali, ad un certo punto, vanno giudicati. L’integralismo è essenzialmente demoniaco, ossia va considerato come una forma di possessione, e quindi di riduzione, d’impoverimento, della natura complessa e multiforme dell’uomo. L’integralista religioso è un uomo posseduto, ossia un uomo monodimensionale, ossessivo, deficiente.
Ogni religione coltiva un lato idiota dell’essere umano. La beatitudine evangelica dei “poveri di spirito†è certo da considerarsi come una sorta di leva, di perno finalizzato al rovesciamento dei valori e delle gerarchie sociali. La povertà di spirito funge, nel migliore dei casi, come acido corrosivo delle finte grandezze morali, che sono in realtà forme di predominio e privilegio materiale. Tutto ciò lo sappiamo. Ma la povertà di spirito è anche quella che ogni chiesa predilige nel popolo, perché rende quest’ultimo docile, spaurito, di fronte alla grandezza delle verità ultime, che solo le gerarchie religiose sono in grado di maneggiare.
Vi è un nucleo idiota, ottenuto tramite semplificazione feroce e imbecille della realtà , che il pensiero religioso addita ai credenti, come tesoro inestimabile. Questa idiozia è ciò che fornisce la terribile forza del fanatismo: quella impermeabilità assoluta nei confronti della sensatezza, ossia del pensiero in movimento, incarnato, paradossale. Si dirà che non c’è moltissimo da difendere nella cultura occidentale. Io comincerei col difendere la sensatezza contro l’imbecillità . E ricorderei che l’imbecillità , se non viene utilizzata in forma minoritaria dagli artisti, come arnese scassinatore di dogmi e certezze collettive, è l’anticamera del fascismo. L’imbecillità di uno può aiutare l’intelligenza di molti, ma l’imbecillità di molti non fa che spazzare via l’intelligenza di uno.
In Corsica, ad Ajaccio, affascinante cittadina di mare sulla costa occidentale, vi è un museo notevolissimo: in un grande palazzo ottocentesco, con opere importanti, allestito con cura e intelligenza. Quest’estate vi ho passato un pomeriggio intero. È il museo Fesch, nato dalla collezione di Joseph Fesch, cardinale e zio di Napoleone. Attualmente, per la sua collezione di pittura italiana, è considerato in Francia il secondo museo per importanza dopo il Louvre. Vi ho scoperto dei magnifici dipinti di Luca Giordano, Francesco Providoni, Francesco Guarino, Salvatore Rosa, Giovanni Angelo Cannini, Angelo Caroselli, per non parlare di Veronese, Bellini, Tiziano, o Poussin e Antoon Van Dyck. Insomma, un museo di cui non solo gli abitanti di Ajaccio dovrebbero andar fieri, ma anche la Corsica tutta.
Adoro i musei, in quanto sono luoghi paradossali: gli unici, ad esempio, in cui un ateista come me può trovarsi a dialogare con angeli e santi. Nel caso specifico, il museo di Fesch è risultato particolarmente accogliente, e ho potuto soggiornarvi per ore, sedendo su delle poltroncine rosse situate in mezzo alle sale e contemplando i magnifici giochi d’ombra, prodotti dalle persiane semichiuse e dagli orli di luce incandescente del golfo. Oltre a me, parecchi turisti avevano rinunciato alla camminata sul porto, per indugiare nella penombra dei corridoi, soffermandosi su certi granchioni scomposti e riversi, nella natura morta di Francesco Boselli. E in mezzo, dunque, a dipinti rinascimentali e seicenteschi, spiccavano delle grandi riproduzioni fotografiche, a colori caldi, potenti, di Andres Serrano, artista newyorchese.
Di lui non sapevo nulla, e ho potuto quindi contemplare le sue opere senza filtri concettuali e critici. Ho scattato anche foto delle sale, dove le fotografie di Serrano – dettagli di salme d’obitorio – dialogavano armoniosamente con la tenebrosità di alcuni dipinti caravaggeschi del XVII secolo. Raramente ho potuto constatare un connubio così pertinente ed efficace tra arte contemporanea e pittura antica, all’interno di uno spazio museale.
Un [url”articolo”]http://www.liberation.fr/photographie/2014/09/07/piss-christ-le-musee-d-ajaccio-ferme-sous-la-pression-d-integristes-corses_1095473[/url] del quotidiano “Libération†(7 settembre) riportava la notizia di una chiusura forzata del Museo Fesch di Ajaccio, nella giornata di sabato 6 [ndr : settembre], ottenuta da un gruppetto di integralisti cattolici che protestavano contro la mostra temporanea di Andres Serrano.
Ho scoperto così che una delle fotografie appese nel museo s’intitola [i]Piss Christ[/i] e presenta un crocefisso immerso in un boccale d’urina, prodotta – pare – dall’artista stesso. La giustificazione che Serrano dà del suo lavoro è tutt’altro che blasfema, e si rifà a quella fascinazione per l’urina, lo sperma, la saliva, il sangue, che è propria in realtà di una corrente del cattolicesimo, particolarmente attratta dal supplizio di Cristo e dalla mortificazione della carne. Piss Christ è un po’ la quadratura del cerchio: come scandalizzare i cattolici integralisti, pur radicandosi nella tradizione cattolica.
L’arte, come ho detto, vuole la sua dose d’idiozia. E non si può negare che la [url”trascrizione della seduta del senato statunitense”]http://www.csulb.edu/~jvancamp/361_r7.html[/url] dedicata alla discussione di Piss Christ vale, dal punto di vista della letteratura umoristica, forse di più della foto stessa di Serrano nell’ambito delle arti visive.
L’idiozia degli integralisti, invece, piuttosto che sollevare discussioni paradossali, opera per soppressione immediata della libertà , per censura, occultamento, limitazione delle opportunità date alle persone di fare un’esperienza, elaborarla, trarne una valutazione. L’idiozia artistica apre, crea cortocircuiti intellettuali, moltiplica l’ambiguità . Quella portata collettivamente, e ammantata di autorità religiosa, prepara il mondo alla semplificazione crudele: delle idee, degli oggetti artistici, degli stili di vita e, in definitiva, degli esseri umani, che vanno mondati dalle protuberanze aberranti.
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PsQualcuno potrebbe obiettare che i veri integralisti sono quelli che tagliano le teste, non quelli “bonari†che fanno semplicemente chiudere un museo. Ma l’integralismo non è da confondere con una saga dell’orrore, che in qualche modo i media occidentali attualmente assecondano. Non esiste nessun privilegio integralista dell’orrore. Quando, ad esempio, un sofisticatissimo drone statunitense bombarda dei civili, come è accaduto in questi anni in Afghanistan, Yemen, Iraq, Libia, Somalia, Pakistan e Gaza, chi va a filmare i pezzi di corpi? Chi ha potuto vedere le oltre 2000 foto classificate di torture, che sono state prese nelle varie postazioni americane in Iraq ed Afghanistan, dopo il caso di Abu Ghraib? L’orrore non è privilegio né di chi vuole il Califfato né di chi decide l’uso dei droni, con il sostegno di un Congresso eletto democraticamente. Se differenza esiste, è da cercare però nelle radici di questo orrore. Nell’integralismo islamico, come in quello cattolico, vi è una vicenda specifica di idiozia da mettere a fuoco. Nell’orrore dei massacri e delle torture realizzate dagli Stati Uniti, ben più che la demenza gioca un ruolo determinante il cinismo, un cinismo freddo e dissimulatore, che può comodamente e profondamente abitare i centri del potere statale di una nazione moderna e democratica.
(15 settembre 2014) [url”Link articolo”]http://www.nazioneindiana.com/2014/09/15/idiozia-darte-dintegralismo/[/url] [url”Torna alla Home page”]http://megachip.globalist.it/[/url]