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"The Interview": censura o marketing?

'«Pertanto, al di là delle implicazioni commerciali della questione riguardante “The Interview”, bisognerà tener d''occhio quelle inerenti la politica interna/estera degli Usa...» [Stefano Paterna]'

"The Interview": censura o marketing?
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3 Gennaio 2015 - 12.14


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di Stefano Paterna

La Sony ha ritirato dalle sale la mediocre pellicola su un attentato ordito dalla CIA ai danni del leader nordcoreano, dopo aver subito un pesante attacco e minacce di attentati da parte di misteriosi hacker. Obama e l”FBI hanno messo Pyongyang sul banco degli imputati, ma molti esperti informatici hanno dubbi su questa pista. La non esaltante popolarità del presidente americano può ben spiegare invece il motivo di questo approccio aggressivo.

Un nuovo modo di farsi pubblicità? Non è da escludere che tutte la vicenda che riguarda il ritiro del film “The Interview” da parte della Sony sia solo un tentivo (riuscito finora) di attirare l”attenzione su un”opera piuttosto mediocre e che altrimenti avrebbe assai faticato ad attirare l”attenzione dell”opinione pubblica.

Certo, per ora la pellicola non sarà distribuità nelle sale, anche se la piattaforma di condivisione “Bit Torrent” e il gruppo Anonymous si sono in vario modo “offerti” di distribuirla sul web in un impeto encomiabile a favore della difesa della libertà di parola.

È vero anche che l”attacco hackeristico che la compagnia di origine giapponese ha subìto con la diffusione di moltissime e-mail e materiale di uso interno (circa 38 milioni di file) ha prodotto un danno di immagine ed economico non facilmente calcolabile (dipenderà anche dall”esito delle cause che gli stessi dipendenti della Sony intendono portare avanti per la insufficiente protezione dei loro dati personali). Tuttavia, solo il tempo potrà affermare con sicurezza se tutta la vicenda dovrà essere incolonnata dal lato delle perdite secche o da quello delle entrate.

Ancora più dubbia è l”origine nordcoreana dell”attacco informatico e delle minacce di attentati in versione 11 settembre che la Sony ha subìto tra la fine di novembre e la metà di dicembre. L”FBI e Obama hanno puntato il dito sul regime di Pyongyang, seguiti dalle “truppe di complemento” costituite ad esempio dai media nostrani. Ma diversi esperti informatici non sono di questo parere. A detta di nomi quali Marc Rogers e Rob Graham, il rapporto FBI non sarebbe supportato da prove definitive. Si tratterebbe in realtà di malware già utilizzato e potenzialmente utilizzabile da diversi soggetti. Non sarebbe stata trovata quindi la “pistola fumante” in mano alla Corea del Nord.

L”elemento più evidente che possono sbandierare i fautori del perfido attacco totalitario alla libertà di pensiero è un comunicato della KCNA, l”agenzia di stampa ufficiale nordcoreana, datato 7 dicembre che non esclude che l”azione possa essere stata portata a compimento da imprecisati simpatizzanti del peraltro grottesco, brutale e paramonarchico regime guidato da Kim Jong-un.

Pare un po” pochino. Non bisogna sforzarsi molto per ricordare che nel 2000 il film sulla Rivoluzione Americana “The Patriot” di Roland Emmerich, con Mel Gibson come protagonista, provocò feroci polemiche da parte britannica. L”esercito inglese vi veniva raffigurato come una barbara truppa d”occupazione, in sostanza assimilabile ai nazisti.

È comprensibile che al di là della natura del regime in questione, un paese possa non gradire un film prodotto all”estero (in una nazione storicamente ostile come gli Usa) in cui viene descritto un complotto ordito dalla Cia per assassinare il proprio leader. Pertanto, al di là delle implicazioni commerciali della questione riguardante “The Interview”, bisognerà tener d”occhio quelle inerenti la politica interna/estera degli Usa.

Con Obama in grave crisi di popolarità, c”è nulla di meglio di una piccola guerra fredda informatica, stile XXI° secolo?

(26 dicembre 2014)

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