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Questo non è un articolo sulla Grecia!

Non è che a forza di vivere la "rappresentazione ideologica della crisi" ci dimentichiamo di strutturare soluzioni reali? [Ilaria Lucaroni]

Questo non è un articolo sulla Grecia!
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7 Agosto 2015 - 05.07


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di Ilaria Lucaroni

Ci abbiamo creduto! più come sentimento passionale che raziocinante (libertà per la Grecia? salto
nel buio?), ma ci abbiamo creduto, ne avevamo bisogno, che fosse la scelta giusta o meno, quali
fossero le soluzioni possibili, se eravamo davanti ad un gesto di democrazia o ad un lavarsi le
mani delegando una scelta al popolo in odor di Pilato, per il momento era in secondo piano.
Ci bastava solo vedere quelle persone a Piazza Syntagma a festeggiare il loro OXI.
Cioè, meglio, diciamo che avevamo bisogno di crederci, una sorta di esercizio alla ribellione.
Il dopo è relativo, ma d’altronde lo era anche il “pre”.

[i]Ne è valsa la pena?[/i]

Nello sproposito di articoli che si sono susseguiti nei giorni pre e post referendum, e tutti i vari
accadimenti, si riconoscono due importanti correnti interne che ho definito i possibilisti europei,
coloro che la soluzione è rimanere nell’Euro cambiando le istituzioni europee, gli esistenzialisti
europei, ossia fuori dall’Euro prima di finire tutti vittime del TTIP Usa.
Il punto di partenza è lo stesso: l’assurdo paradosso secondo cui almeno il 77% di tutti gli aiuti
forniti alla Grecia tra maggio 2010 e giugno 2013 sono finiti al settore finanziario. Nelle conclusioni
del rapporto commissionato dal Parlamento greco, “la gestione della crisi è stata un fallimento
come conseguenza del fatto che è stata affrontata come una crisi del debito sovrano, mentre in
realtà era una crisi bancaria”(Baranes). Le politiche del quantitative easing della Bce hanno
favorito questo passaggio di crediti, liberando il mercato finanziario privato del rischio di default.
Perciò i mercati (nonché gli indici) finanziari si sono mostrati, non a caso, abbastanza insensibili al
rischio di default greco. (Fumagalli)

[i]Possibilisti europei[/i]

Il futuro, per i possibilisti, è un’Europa che cambia il suo volto a favore dei popoli più che delle
potenze finanziarie. Bisogna stare nell’Europa l’alternativa è il caos economico e rischio di nuovi e
catastrofici conflitti.

In questo caso Syriza è vista come la nuova sinistra europea che avanza. “Syriza è in realtà
pericolosa, pone effettivamente una minaccia all’attuale orientamento della Ue — il capitalismo
globale odierno non può permettersi un ritorno al vecchio stato sociale.” La vittoria del No consente
di mantenere vivo il tentativo di cambiare l’agenda economica europea.

Scenario ottimale possibilista: si riconosce la necessità della ristrutturazione del debito e si
concede alla Grecia una prospettiva di più lungo periodo per far uscire l’economia greca dalla
depressione con misure che non sono di osservanza liberista. I creditori rinunciano all’obiettivo
economico di breve periodo di essere ripagati, e concedono alla Grecia di accompagnare alle
politiche di offerta le politiche di sostegno alla domanda, quindi aiuti non vincolati alla svalutazione
interna (Pini su Sbilanciamoci).

Probabilmente secondo l’ottica interpretativa di uno dei grandi protagonisti di questi tempi:
Varoufakis e la sua proposta anti-memorandum per un processo di Europeizzazione
Decentralizzata. L’idea è di europeizzare tre dei quattro principali pilastri delle politiche
economiche: il settore bancario, una parte del debito pubblico, gli investimenti aggregati (tramite la
Banca Europea per gli investimenti), e programma di lotta alla povertà. “Se europeizzeremo questi
settori, i governi nazionali potranno gestire dei bilanci in modo equilibrato, senza troppe difficoltà,
anche in caso di bilancia dei pagamenti esteri negativa (per esempio la Grecia o il Portogallo)”.

La soluzione prevede una marcia indietro da parte delle istituzioni europee e una cooperazione per
far ripartire l’economia greca. Soluzione perseguibile? Soluzione che conviene ai Paesi europei
creditori? Zizek su Micromega afferma che ai vertici in realtà non si vuole che il debito venga del
tutto ripagato. I finanziatori accusano i paesi indebitati di non mostrare sufficiente senso di colpa, li
accusano di sentirsi innocenti.(…) Il vero obiettivo di prestare denaro ai debitori non è ottenere il
rimborso del debito lucrando, ma perpetuare il debito a tempo indefinito, tenendo il debitore in
perenne dipendenza e subordinazione. Esistono quindi debitori (le grandi banche) in grado di
ricattare i creditori perché non possono permettersi di farle fallire, debitori che possono controllare
le condizioni di pagamento del loro debito (il governo Usa) e, infine, debitori che possono essere
maltrattati e umiliati (Grecia). Cosa è accaduto? accettazione da parte di Syriza dei dettami della Troika.

[i]Esistenzialisti europei[/i]

Ossia coloro che non hanno mai visto in Syriza questo soggetto virtuoso volto del cambiamento.
Sul suo blog Sergio Cesaratto pubblica la lettera di Stavros Mavroudeas, economista greco, che
accusa Syriza di aver negoziato con l’UE, accettando così la logica e la struttura del programma
della Troika. “Syriza ha fallito non solo strategicamente, ma anche tatticamente. Essa non ha
intaccato la struttura profonda dello Stato che ha continuato ad essere gestita da funzionari
obbedienti all’oligarchia e, come se non bastasse, Syriza li ha collocati in molte funzioni cruciali.”
Non solo non sono perseguibili linee di accordo soft con le istituzioni europee e il FMI, ma l’unica
possibilità è uscire dall’Euro.

Un’interpretazione sul quale vale la pena riflettere si trova nel blog [url”Orizzonte48″]orizzonte48.blogspot.it[/url] secondo cui Euro=Austerità, cioè non può esistere un’Europa buona.
Quindi ragionare su una Europa senza austerity è mera demagogia.

Nel blog, riguardo la Grecia, c’è ben poco da fare: la Grecia è fallita, il no del referendum è
stato solo mera retorica che in realtà ha già detto sì a quella nuova ondata di calo del PIL, e
conseguenze. Unico scopo di Tsipras non è abbandonare, quella che Orizzonte48 definisce la
camicia di forza dell’Euro, ma rinegoziare il trattamento del debito pregresso.

E l’Italia? L’assunto fondamentale da cui si parte nell’interpretazione di Orizzonte48 riguarda il fatto
che per rientrare nei parametri dobbiamo alimentare il debito per i seguenti motivi:

a) sistema del co-finanziamento dei fondi europei, un paese che risulti in regola coi limiti del fiscalcompact
(pareggio di bilancio), non può permettersi di spendere tutti i fondi europei con tempestività perchè ciò lo esporrebbe, a causa della spesa aggiuntiva obbligata dal cofinanziamento, a procedure di infrazione

b) anche se ciò non fosse, il semplice fatto di essere contribuenti netti (quindi in passivo) rispetto al
bilancio UE, ci obbliga ogni anno, in media, a emettere 6 miliardi aggiuntivi di debito pubblico,
finanziandolo attraverso tasse e tagli aggiuntivi. Cosa che non può avvenire per la Grecia, dove
uscire dall’Euro si tradurrebbe in un disastro, in quanto già facilmente ricattabile per l’erogazione di
fondi europei essendo “percettore” netto per oltre 2 punti di PIL.

“L”Italia, per il solo fatto di uscire dalla UE, e non solo dalla moneta unica, avrebbe un
miglioramento non indifferente del proprio conto corrente con l”estero, strutturale e permanente; e
per ottenere ciò, non occorrerebbe richiamarsi all”abusato (e incompreso) recesso ex art.50 TUE,
cioè al recesso “politico”, sine causa, ma, più utilmente, al recesso per la manifesta ricorrenza
della clausola “inadimplenti non est adimplendum” o anche di quella “rebus sic stantibus” (artt.60 e
61 della Convenzione di Vienna; cfr; p.4)”

L’Italia, nella lettura di Orizzonte48, una volta uscita da monete e UE, all’interno di un’area
doganale europea (interessi bilaterali di tutti), sarebbe fuori dal fiscal compact e dalla contribuzione
ai fondi ESM, avrebbe titolo a riavere indietro i propri contributi già versati per l”ESM e l”ESFS
(circa 142 miliardi, da sommare alla cessazione delle contribuzioni ancora dovute), oltre che la
contribuzione al capitale della BCE. E soprattutto l”Italia eviterebbe di essere coinvolta nella conclusione del TTIP. Questo perché gli USA potrebbero venire incontro a Germania e Francia promuovendo una rottura “ordinata”
dell’eurozona, ma solo se l”UE accettasse di legarsi al neo-vincolo del TTIP.

In ultimo, all’interno degli esistenzialisti europei c’è chi crede che comunque la Grecia, con
politiche di controllo dei capitali, delle importazioni e una moneta libera dall’impossibilità di
un cambio flessibile possa, dopo un periodo di sacrifici, uscire dall’Europa a testa alta.

Mi chiedo:

– è giusta o sbagliata l’interpretazione secondo cui nel nostro caso l’uscita dall’Euro
significherebbe riconquistare la libertà di politiche economiche umane senza troppi scossoni,
mentre la Grecia deve ormai governare il fallimento?

– c’è una forma di uscita dall’Euro per la Grecia senza provocare disastri irreversibili, soprattutto
senza contare esclusivamente sulla magnanimità delle istituzioni europee e del FMI? una
moneta parallela?

– moriremo tutti sotto il TTIP?

– esiste un’Europa buona?

РSyriza (e pensiamo anche a Podemos) ̬ un fallimento su tutti i fronti o la luce della rinascita?

– le chiacchiere stanno a zero ed è arrivato il momento di gestire l’uscita dall’Euro?

– In queste continue liti a colpi di articoli e visioni sul ruolo della sinistra europea la Troika ottiene
vantaggi da questo caos interno?

– e soprattutto: chi dovrebbe gestire l’uscita dall’Euro? ho già i brividi al solo pensiero!

Poi, nel frattempo, nel mezzo delle varie posizioni, ci sono le testimonianze in diretta. Vale la pena
riportare alcuni passaggi di un articolo da Atene di Andrea Tringali su Effimera “I giorni a seguire (al
referendum) siamo stati tutti in apnea, chi per paura della catastrofe, chi per paura chi per paura il
governo avesse già gettato la spugna. Una miriade di articoli e di ipotesi venivano pubblicati e la
confusione regnava sovrana. Giovedì notte è stata resa pubblica la proposta del governo ai
creditori: avevano gettato la spugna. Domenica avveniva il massacro di Tsipras, di Tsakalotos, di
Syriza, della sinistra e di ogni forma di speranza e di giustizia sociale. Domenica, Golia non ha solo
schiacciato il pastorello con la sua fionda ma ha cancellato, una volta per tutte, il concetto di
democrazia rappresentativa, ne ha dichiarato la morte clinica. (…) Un esempio, che prova il fatto
che le bandiere i greci non le sventolano più, è stata la notte delle elezioni, quando ha vinto Syriza.

Quella notte non c’era una particolare gioia e attaccamento a Syriza da parte dei greci tanto da
sventolare le bandiere del partito, i festeggiamenti erano piuttosto degli stranieri mentre i
greci erano contenuti e preferivano aspettare. Le uniche bandiere che sventolavano in
piazza erano quelle degli italiani di Rifondazione Comunista e dell’Altra Europa con Tsipras
che cantavano a squarciagola “Bella Ciao”, come se la storia si fosse fermata settant’anni
fa.”

Non è che a forza di vivere la “rappresentazione ideologica della crisi” ci dimentichiamo di
strutturare soluzioni reali?

(7 agosto 2015)

Infografica: © Paul Nougé, “Cils coupés” (1929-30). [url”Torna alla Home page”]http://megachip.globalist.it[/url]

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