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YOU STINK: protesta popolare o destabilizzazione “colorata” a Beirut?

'Forti manifestazioni anti-governo nella capitale libanese. All''inizio era questione di rifiuti, poi un sommovimento che rischia di sconvolgere gli equilibri post-guerra civile'

YOU STINK: protesta popolare o destabilizzazione “colorata” a Beirut?
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1 Settembre 2015 - 05.17


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di
Vincenzo Brandi
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Da settimane la capitale
del Libano è segnata da forti manifestazioni antigovernative. Il motivo
iniziale per queste manifestazioni, che appaiono ben organizzate e coinvolgono
una media di 20mila o 25mila persone, è la mancata raccolta dei rifiuti, che ha
causato indubbiamente disagi alla cittadinanza. Ma è credibile che per un
motivo del genere vada avanti da settimane una protesta politica che ora chiede
le dimissioni del governo e nuove elezioni? È possibile che solo per questo i
manifestanti invochino una “rivoluzione” che sconvolga gli equilibri
faticosamente raggiunti con gli accordi tra
le
fazioni che posero fine alla guerra civile degli anni ’70?

Il Libano è da molti
mesi bloccato dal fatto che i due principali schieramenti contrapposti non
riescono ad accordarsi sulla nomina del nuovo presidente che per costituzione
deve essere un cristiano. Lo schieramento definibile come “progressista” che
aveva finora governato è quello che fa capo ai partiti sciiti Hezbollah e Amal
ed ai cristiani nazional-progressisti del generale Aoun. Questo schieramento è
su posizioni antisioniste e filo-siriane.

Le agguerrite milizie di
Hezbollah, sostenute dall’Iran, dopo aver clamorosamente costretto Israele a
ritirarsi dal Libano nel 2000 e dopo aver frustrato nel 2006 l’ultimo tentativo
di Israele di invadere il Libano, combatte ora a fianco dell’esercito siriano e
si oppone ai tentativi dei gruppi jihadisti provenienti dalla Siria (come
l’ISIS o Al-Nusra) pronti a fare irruzione anche in Libano. Lo schieramento
opposto è quello che fa capo al partito sunnita legato all’Arabia Saudita, egemonizzato
dalla potente famiglia Hariri.

Suoi alleati sono i
cristiani di estrema destra (già responsabili del massacro di Sabra e Chatila
del 1982), ora guidati dal famigerato fascistoide Geagea. Questo schieramento
appoggia i cosiddetti “ribelli” siriani e flirta con Israele e con gli USA.

A questo punto non è
difficile intravvedere nei disordini in corso un nuovo tentativo di “rivoluzione colorata” come quelli già
attuati nel colpo di stato contro il governo di Milosevic in Yugoslavia tramite
il gruppo pseudo-rivoluzionario e studentesco “Otpor”; in Ucraina con la
“rivoluzione arancione” che portò al potere Yuschenko e la Timoschenko e poi,
dopo il fallimento di questa “rivoluzione”, con il colpo di stato di piazza
Maidan; in Georgia con la “rivoluzione delle rose”, ecc.

Anche le cosiddette
“primavere arabe” rientrano in questo schema: sono state mandate in piazza persone
inizialmente attratte da parole d’ordine formalmente “progressiste”, che poi si
sono trasformate in incubi jihadisti appoggiati dall’esterno, come in Libia o
in Siria, o hanno portato al potere la “fratellanza musulmana” come in Egitto.

Anche a Beirut i manifestanti,
organizzati presumibilmente dalle solite ONG “umanitarie” internazionali che in
realtà sono iscritte nel libro paga della CIA, esibiscono slogan “progressisti”
come quello di richiedere che il sistema elettorale non si basi più sulle tre
confessioni principali (musulmani sciiti o sunniti, e cristiani) ma diventi
laico.

Dietro questi paraventi ideologici
atti a sedurre settori della gioventù borghese progressista si intravvedono
però le mire dei monarchi oscurantisti dell’Arabia Saudita e degli altri
emirati feudali del Golfo, e dei loro alleati come USA, Turchia, Francia e Gran
Bretagna. In questa fase i disordini servirebbero solo a destabilizzare il
governo libanese che finora, anche perché spaventato dalla prospettiva di
un’estensione della ribellione jihadista anche al Libano, ha di fatto sostenuto
il governo di Bashar Al-Assad che resiste ai jihadisti in Siria.

Anche lo slogan assunto dai
manifestanti testimonia dell’attenta programmazione della protesta che
certamente gode del supporto di abili agenzie pubblicitarie come già le
precedenti “rivoluzioni colorate”. A Belgrado lo slogan unificante era “Resistenza!”,
a Kiev “È ora!”, a Tblisi “Basta!”. A Beirut è “YOU STINK!”, ovvero “voi
puzzate” rivolto al governo libanese (giocando sulla presenza della spazzatura
in strada, fenomeno “normale” per  un
napoletano, come chi scrive).

La strategia del caos in tutto il
Vicino Oriente portata avanti dagli USA va avanti inesorabilmente. Ma il Libano
degli Hezbollah è un osso duro, così come la Siria di Bashar Al-Assad che
resiste ostinatamente da 4 anni e mezzo a una potente coalizione internazionale
(cosiddetti “Amici della Siria”, oggi “Gruppo di Londra) che vorrebbe fare a
pezzi il paese, come già riuscito in Libia e – parzialmente – in Iraq.

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