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Nuovo tentativo di golpe in Brasile?

Con l’arresto di Lula, un nuovo tentativo di golpe in Brasile, dopo la richiesta d’impeachment per la presidente Dilma. Ma questa volta il colpo di zappa è andato sui piedi dei golpisti.

Nuovo tentativo di golpe in Brasile?
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7 Marzo 2016 - 19.23


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di Paolo De Santis

Dal Brasile, una corrispondenza di Paolo De Santis sui recenti fatti che hanno portato all”arresto dell’ex Presidente della Repubblica Luís Inácio Lula da Silva, nell”ambito dell”operazione giudiziaria “Lava Jato”, sotto la responsabilità del giudice Sérgio Moro. A seguire, la traduzione di un articolo di Cesar Fonseca, uscito ieri su Brasil Popular. (pfdi)

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Venerdì 4 marzo è accaduto in Brasile un episodio che potremmo definire di gravità eccezionale, non fosse invece grottesco e ridicolo: all’alba, è scattato un blitz della Polizia Federale, che ha prelevato forzosamente dalla sua casa in São Paulo l’ex Presidente della Repubblica Luís Inácio Lula da Silva, per portarlo a deporre presso la Procura della Repubblica di Curitiba, nello stato del Paraná.

L’ordine di cattura, completamente ingiustificato, è stato disposto dal giudice Sérgio Moro, responsabile dell’operazione Lava Jato, letteralmente “Operazione Lavaggio a Getto”. L’operazione, iniziata nel marzo 2014, è la maggior investigazione di tutti i tempi fatta dalla Procura della Repubblica brasiliana, e ha preso questo nome perché l’organizzazione criminale inizialmente oggetto dell’investigazione, usava una rete di distributori di combustibile e autolavaggio per riciclare il denaro usato in un complesso schema di licitazioni truccate con il gigante petrolifero Petrobras [1]. Per l’immensa risonanza mediatica dello scandalo, la Procura della Repubblica brasiliana dedica al caso un portale con lo stato di avanzamento dei lavori.

Dopo essersi laureato in diritto Brasile, Moro ha fatto un corso di studi ad Harvard, e poi una specializzazione presso il Dipartimento di Stato americano sul riciclaggio di denaro. Egli stesso dichiara di aver ispirato Lava Jato all’operazione italiana Mani Pulite di vecchia memoria, e c’è sicuramente da credergli, visto che i committenti delle due operazioni sono gli stessi. Ma esiste tra le due operazioni una differenza sostanziale. Mani Pulite è deflagrata nel 1992, subito dopo la caduta dell’Unione Sovietica, perché gli USA e l’oligarchia europea non avevano più bisogno del costoso apparato politico corrotto che loro stessi avevano creato e che, con l’avvicendamento di diversi protagonisti, era stato funzionale ai loro interessi dalla fine dalla seconda guerra mondiale. Quella operazione di pulizia e moralizzazione aprì la strada a personaggi come Silvio Berlusconi, che avrebbe imperversato sulla scena politica fino al 2011, quando i suoi burattinai decisero di sostituirlo con personaggi più controllabili, visto che egli aveva fatto errori gravi, come quello di cercare alleanze strategiche con Putin e con Gheddafi.

Per contro, la finalità dell’operazione Lava Jato non è quella di togliere di mezzo personaggi un tempo utili e sostenuti e divenuti scomodi, ma quella di annientare una forza politica, il Partito dei Lavoratori (PT) che, arrivata nel 2003 alla presidenza della repubblica [2] ha governato con grande consenso popolare, ottenendo per il paese progressi altrimenti impensabili. Per citarne alcuni: 40 milioni di brasiliani usciti dall’indigenza; accesso allo studio per oltre il 90% dei ragazzi in età scolare; milioni di case consegnate a persone con bassa rendita; nel 2014 l’ONU cancella il Brasile dalla mappa della fame nel mondo. E tutto ciò dando impulso alla economia di un paese che, pur senza essere riuscito ad abbandonare il suo ruolo di produttore di commodities, conquista una posizione importante nel quadro economico mondiale. Si pensi che Lula aveva terminato il suo secondo mandato presidenziale con un’approvazione popolare di oltre l’80%, cosa questa che gli ha permesso di investire questo ingente patrimonio di popolarità, chiedendo all’elettorato PT di votare Dilma Rousseff, e garantendo che avrebbe governato all’insegna della continuità con il suo governo.

Quindi, a differenza di Mani Pulite, che è stata appena un’operazione di manutenzione della politica di un paese come l’Italia che non ha mai cessato di essere controllato e asservito, Lava Jato è uno dei tanti attacchi, forse il più importante, che dal 2003 vengono mossi alla democrazia brasiliana, per poter scalzare dal potere il PT facendo terreno bruciato attorno a tutti i suoi esponenti di spicco. In altre parole, nel 2003, con l’elezione di Lula alla presidenza della Repubblica, i poteri forti locali e internazionali hanno perso il controllo del paese, il quale ha potuto, grazie a ciò, imboccare un cammino socioeconomico virtuoso, che lo avrebbe portato ad accrescere sempre più la sua sovranità e a liberarsi dalle catene coloniali che ancora lo imprigionavano. Questi attacchi, che potremmo definire veri e propri tentativi di colpo di stato, avevano già prodotto per i golpisti un risultato notevole: il 2 dicembre 2015, una delle tante richieste di impeachment fatte contro Dilma Rousseff dai suoi avversari politici viene accolta dal presidente del Senato. Essendo totalmente priva di basi giuridiche, tale richiesta non ha grandi probabilità di rendere disponibile all’ingordigia degli oppositori l’ambito posto al Planalto, ma ha fornito al Brasile un grande risalto mediatico internazionale di valenza molto negativa, con una immediata grave conseguenza: in gennaio 2016 Standard and Poor”s declassa ulteriormente il Brasile a BB.

Questi brillanti risultati incoraggiano Sérgio Moro a proseguire sulla strada intrapresa. Ora che Dilma è quasi sistemata, bisogna assolutamente liberarsi di una figura ingombrante come Lula, che potrebbe ricandidarsi alle elezioni del 2018, con grande rischio per le élite che possa essere rieletto. Bisogna tenere presente che Lula, oltre ad essere uscito dal suo secondo mandato con grande approvazione popolare, aveva ricevuto ovazioni a livello internazionale. In un articolo di Brasil Económico si dice di Lula:

“…uno dei pochi presidenti della storia (non soltanto del Brasile, ma di tutte le democrazie) che sono usciti dal governo con maggior approvazione popolare di quella che avevano al momento dell’elezione”

Il giornale tedesco Süddeutsche Zeitung, in occasione della visita di Lula a Berlino nel dicembre 2009, dice di lui:

“Il politico più popolare del pianeta […] davanti al quale i potenti del pianeta fanno la fila” e ancora “Trattato in modo informale e cordiale da Angela Merkel, […] è adorato dall’80% dei brasiliani”

Ebbene, Sérgio Moro, che aveva già da tempo intrapreso una serie di indagini su Lula, in un delirio di onnipotenza, decide di sferrare un colpo che avrà un’enorme ripercussione mediatica: l’arresto di Lula, come un malvivente da quattro soldi. La ripercussione mediatica internazionale c’è stata: basti pensare che solo in Italia, tra il 5 e 6 marzo sono stati pubblicati oltre una dozzina di articoli sull’arresto di Lula. Ma questa volta il giovane e ambizioso Sérgio sbaglia il suo calcolo: ancora una volta il processo sociale torna alla ribalta con grande potenza e offusca gli scenari fasulli che i media avevano preparato per la rappresentazione. Il PT, dopo momenti di difficoltà vissuti nei mesi passati, ritrova la forza e la volontà di ricompattarsi. Fernando Henrique Cardoso, ex presidente della Repubblica che ha preceduto Lula, e che fa parte del partito che è il principale avversario del PT, capisce al volo la situazione e propone un dialogo: una grande alleanza nazionale per il bene del Brasile.

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Fernando Henrique Cardoso [3] propone il dialogo e disarma la mobilitazione golpista che Aécio Neves [4] stava organizzando per domenica 13 marzo[/size=4]

Fernando Henrique Cardoso, con un nuovo sorprendente atteggiamento, disarma lo spirito golpista dei tucani [5], in alleanza con il giudice Sérgio Moro e con il potere mediatico conservatore, e propone un dialogo nazionale con il Partito dei Lavoratori (PT).

Scritto da Cesar Fonseca – [i]Brasil Popular, 6 marzo 2016[/i]

La nuova disposizione di Fernando Henrique Cardoso ad aprire il dialogo con il Partito dei Lavoratori, perché si possa vincere la crisi politica ed economica per il bene del Brasile e al di là delle dispute a livello di partito, smobilita il tentativo da parte dei tucani di rovesciare la presidente Dilma Rousseff con la mostruosa manifestazione prevista per Domenica 13 marzo, con la quale speravano di poter accelerare il processo d’impeachment contro di lei.

L”ex presidente cerca di contribuire ala creazione di un nuovo ambiente politico, dopo il fallimento della montatura mediatica promossa dal giudice Sérgio Moro, che aveva tentato il sequesto, con stile fascista, dell”ex presidente Lula, portandolo a Curitiba a deporre.

Moro avrebbe creato un conflitto politico incommensurabile, che non si è verificato solo a causa delle reazioni politiche di massa, organizzare dai militanti del Partito dei Lavoratori, che si sono immediatamente mobilitati.

FHC ha visto in questo episodio la goccia d’acqua ha fatto capitolare il terrorismo politico giuridico-parlamentare articolato da parte del PSDB per togliere Dilma dal Palazzo Presidenziale del Planalto.

L”ex presidente tucano si è reso conto dell”impossibilità di riuscire a sconfiggere in questo modo l”ex presidente Lula, portandolo fuori dalla gara politica. Anzi, si è reso evidente proprio il contrario: la fiamma politica “lulista” ha riacceso i cuori e le menti.

In questo contesto, guadagna una straordinaria dimensione politica la predisposizione di Lula a circolare in tutto il paese a sostegno della tesi del PT di salvare l’economia dalla crisi, investendo nello sviluppo, nella riduzione dei tassi di interesse e nell”utilizzo di riserve di valuta estera. Ma al tempo stesso, sostenendo gli investimenti in infrastrutture e nel rafforzamento dei programmi sociali rivolti alla distribuzione del reddito, che possano compensare la distruzione di posti di lavoro creata dalla crisi neoliberista, garantendo alle imprese produttrici il livello di consumi, in modo che l”industria non collassi.

Il quadro è cambiato di fronte a questa ritrovata unità del PT con Lula, per continuare la lotta a fianco della presidente Dilma Rousseff, messa alle strette dalla destra, che ha attratto il PMDB [6] verso tesi neoliberiste, come un’apertura ancora più ampia dell”economia al capitale straniero e l”accelerazione del processo di privatizzazione delle ingenti riserve petrolifere del pre-sal [7].

Il fallimento del blitz del giudice Sérgio Moro contro Lula, che ha finito per ritorcersi contro l”ex presidente FHC, creando un clima di tensione politica che ha messo l”esercito in allerta, ha dato una scossa elettrica a FHC. Che si è reso conto che l”opposizione si era spinta troppo oltre con il tentativo del colpo di stato giuridico-parlamentare contro Dilma e la distruzione dell’immagine di Lula.

L”ex presidente tucano, con il suo articolo pubblicato domenica 6 marzo sul giornale Globo, mette la parola fine al golpismo coordinato da Aécio Neves. Poco furbo il giovane governatore di Minas Gerais, che scommetteva tutto su questo colpo di scena.

Pensava che le masse sarebbero scese in piazza contro Dilma Rousseff, fornendo l’opportunità di anticipare le elezioni, il che gli avrebbe permesso di presentarsi fin d’ora come candidato del PSDB. Se Dilma fosse caduta, sarebbe potuto entrare scortato dall’esercito di fronte alle masse infuriate. FHC ha gettato acqua sui bollori del nipote di Tancredo [8].

I militari di certo non sarebbero rimasti a guardare di fronte alla emotività politica scatenata dalla Operazione Lava Jato, che si è trasformata in generatrice di pseudo-fatti, per poi divenire guerra mediatica contro la democrazia delle urne. Nei grandi media, che agiscono come un oligopolio, gli pseudo-fatti fascisti di Moro riescono ad avere ripercussioni straordinarie, che in passato hanno incendiato le strade contro il PT, Dilma e Lula.

Quello che FHC pone sul tavolo della trattativa per essere discusso con la massima priorità, può avvicinarlo a Lula e a Dilma: si tratta della riforma politica. Per quello che si legge nel suo articolo sul Globo, l’ex presidente tucano conclude, senza mezzi termini, che c’è la necessità di un cambiamento nel sistema politico.

Fonte: [url”Link articolo”]http://www.brpopular.com.br/desc_artigos.php?id=515[/url] © [url”Brasil Popular”]http://www.brpopular.com.br/[/url]

Traduzione per Megachip a cura di Paolo De Santis.

Note:

[1] Si veda il video [url”Da Mani Pulite a Lava Jato”]http://www.pandoratv.it/?p=6215[/url].

[2] Il Brasile è una Repubblica Federativa di tipo presidenziale, quindi il Presidente è a capo dell’Esecutivo.

[3] Fernando Henrique Cardoso, detto FHC, del Partito della Social Democrazia Brasiliana (PSDB) è stato presidente del Brasile dal 1995 al 2002.

[4] Aécio Neves, del PSDB, è governatore dello Stato di Minas Gerais, ed è stato candidato contro Dilma nelle elezioni presidenziali del 2014.

[5] Sono chiamati tucani gli appartenenti al Partito della Social Democrazia Brasiliana (PSDB), principale oppositore del Partito dei Lavoratori, che è attualmente al governo con la Presidente Dilma Rousseff, minacciata da un processo d’impeachment.

[6] Partito del Movimento Democratico Brasiliano, il principale alleato nei governi Lula e Dilma, con connotazioni molto simili alla nostra Democrazia Cristiana.

[7] “Camada pré-sal” in portoghese o “pre-salt layer” in inglese, è una stratificazione geologica probabilmente formatasi all’epoca della separazione dei continenti africano e sudamericano, nella quale il petrolio si trova sotto uno spesso strato di sale, a sua volta sotto la crosta terrestre. La scoperta è stata ufficializzata dal governo brasiliano nel 2006, stimolando molti appetiti. Si vedano le connessioni tra questi appetiti e l’operazione Lava Jato, guidata dal giudice Sérgio Moro, nel [url”video”]http://www.pandoratv.it/?p=6215[/url].

[8] Il nonno di Aécio, Tancredo Neves, sarebbe stato il primo presidente brasiliano dopo la fine della dittature militare; ma morì, in circostanze tuttora non chiarite, proprio quando avrebbe dovuto essere insediato al Planalto.

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