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Io, prima di tutto

'Rompere qualche volta uno specchio non è poi così funesto, se l''immagine che ci rimanda è soltanto questa. [Pier Francesco De Iulio]'

Io, prima di tutto
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3 Ottobre 2016 - 05.29


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di Pier Francesco De Iulio

Sabato scorso ho accompagnato mia figlia dodicenne a vedere il film “Io prima di te”, campione d”incassi in tutto il mondo. La sala del cinema, piccola ma ancora piena malgrado più di un mese di programmazione nella capitale, contava soprattutto gruppi di adolescenti in visibilio per i due protagonisti.

Film romantico/sentimentale, recita la scheda del film. E sentimentale il film lo è, nella misura in cui ripropone per l”ennesima volta in chiave contemporanea la storia di Cenerentola che incontra il Principe e se ne innamora. Fin qui dunque niente di strano o di non previsto. Tuttavia, la narrazione tocca anche argomenti molto meno sentimentali, drammatici e finanche tragici. Il destino, la condizione umana, l”emancipazione sociale, la malattia, il dolore e, naturalmente, la morte. Morte volontaria. Eutanasia. Insomma un bel pot-pourri, a metà strada tra l”epopea balzachiana e un best-seller di Fabio Volo, in poco più di un”ora e mezza di visione. In verità il film — l”ho scoperto poi — trattasi della trasposizione di un romanzo di grandissimo successo planetario di una scrittrice di altrettanto grandissimo successo planetario, tale Jojo Moyes.

Ovviamente il Principe del film non è proprio un principe (anche se possiede un castello e quindi secondo me…) ma ovviamente è ricco, molto ricco. E la sua ricchezza gli deriva soprattutto dal suo business nel campo dell”alta finanza. D”altronde siamo in Inghilterra, e perfino Briatore una volta disse che bisogna andare in Inghilterra per fare affari coi veri ricchi. Mica a Serracapriola nel Tavoliere delle Puglie.

Comunque sia, il Principe-Will e Cenerentola-Lou s”incontrano. Naturalmente il Principe-Will è bellissimo. E anche Cenerentola-Lou non c”è male. Lui è triste e vuole morire a seguito di un incidente stradale che lo ha costretto su una sedia a rotelle; lei è felice (e anche un po” stonata) malgrado le difficoltà economiche della sua famiglia e un fidanzato ossessionato dalle prestazioni atletiche di triathlon. Lui è ricco. Lei è povera. Il gioco è fatto.

Cosa spinge veramente il Principe-Will alla decisione di ricorrere a una lussuosa clinica svizzera — e dove altro dovrebbe andare a morire un banchiere? — per dare fine ai suoi giorni? Il dolore fisico a cui lo costringe quotidianamente la sua disabilità? I suoi continui ricoveri in ospedale? Il fatto di non essere più autosufficiente? Sì, sicuramente tutto questo c”entra. Ma il vero motivo che chiarissimo il film trasmette — e nel mio specifico caso ha trasmesso a me e a una platea di minorenni adoranti, per lo più non accompagnati da un adulto — è che una vita non ha ragione di essere vissuta se non si può andare a sciare fuori pista in Val d”Isère o a fare il bagno alle Bahamas in un resort di lusso a 5 stelle; se non si possiede un”automobile da 300cv o un loft nella City con vista sul Tamigi, e una bonazza bionda che ti ammicca al mattino fasciata soltanto da bianche lenzuola di seta.

Nessun moralismo. Non si fraintenda. La vita ognuno di noi vorrebbe viverla al meglio. Godere pienamente della sua bellezza e dell”emozione che può donarci. E per questo siamo disposti a lottare. Tutti. È un nostro diritto. Così come abbiamo il diritto di decidere il modo in cui continuare o meno a vivere. Tuttavia, la povertà e la ristrettezza di visione in cui il film fa ricadere la stessa condizione umana, sancendo di fatto una demarcazione tra il tutto e il niente in cui unico metro di giudizio, malgrado il sentimentalismo, rimane pur sempre il denaro e soltanto il denaro, l”ho trovato un poco osceno. Ancora di più pensando che i destinatari principali del film sono dei giovani e dei giovanissimi.

Si dirà che il film non fa che incarnare la realtà che ci circonda. E forse anche questo bisogna ammetterlo. È lo specchio ineluttabile dei tempi. Ma ne siamo così sicuri? Rompere qualche volta uno specchio non è poi così funesto, se l”immagine che ci rimanda è soltanto questa.

(3 ottobre 2016)

Infografica © Immagine tratta dal film “Io prima di te” (Me Before You) diretto da Thea Sharrock (2016).

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