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Una pagliacciata da abolire: ecco cosa sono oggi le Nazioni Unite

Il pasticcio del Monte del Tempio di Gerusalemme negato agli ebrei è solo l’ultimo dei disastri dell’Onu. Ormai un’organizzazione delegittimata. [Fulvio Scaglione]

Una pagliacciata da abolire: ecco cosa sono oggi le Nazioni Unite
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18 Ottobre 2016 - 14.13


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di Fulvio Scaglione.


La sai l’ultima sull’Onu Come nell’italica saga dei carabinieri, le Nazioni Unite offrono un campionario sempre più vasto di ragioni per sghignazzare, mentre dal rango di ente inutile stanno rapidamente passando a quello di ente ridicolo. L’ultima barzelletta l’ha prodotta l’Unesco (l’agenzia dell’Onu per la cultura, la storia e la scienza), approvando una risoluzione in cui il Monte del Tempio di Gerusalemme è indicato solo con il nome arabo (Al Haram al-Sharif; in ebraico Har aBayt) e in cui si nega di fatto qualunque connessione tra gli ebrei e il Monte stesso. 

È un’idiozia storica e religiosa. Il tempio di Salomone fu costruito sul Monte nel decimo secolo avanti Cristo e da allora è il punto di riferimento per gli ebrei di tutto il mondo che, dopo le distruzioni portate dai Romani, venerano l’unica vestigia rimasta della costruzione originale: il Muro Occidentale.


Che sia un luogo sacro all’Islam perché, secondo la tradizione, Maometto venne assunto in cielo proprio dalla roccia situata sul Monte e oggi contenuto nella Cupola della Roccia (appunto) e sacro ai cristiani, perché su di esso si svolsero molti capitoli della predicazione di Gesù, non cambia le cose. Anzi, per l’Unesco le peggiora: perché assegnare all’Islam un monopolio che non può esistere?


L’idiozia, però, è anche politica. Intanto, la risoluzione è stata promossa da Algeria, Egitto, Libano, Marocco, Oman, Qatar e Sudan, un mazzetto di quei Paesi che non fanno nulla per aiutare i palestinesi a promuovere i loro giusti diritti, ma non lesinano gli sforzi quando si tratta di prendere posizioni di principio insostenibili che servono solo a tenere i palestinesi in un perenne stato di inutile incazzatura e, alla fin fine, ad aiutare i governi di Israele. 

Netanyahu e i suoi, infatti, sono stati prontissimi ad approfittare della scemenza dell’Unesco per gridare come al solito (ma questa volta con ragione) al complotto, facendo così passare sotto silenzio ciò che la demenziale risoluzione comunque chiede a proposito della gestione e del controllo del Monte del Tempio.


Tanto più che una risoluzione analoga era stata approvata già in aprile (scemenza doppia, quindi) ma con numeri assai peggiori per la causa di Israele. Allora 33 Paesi avevano votato a favore, adesso “solo” 24, con 26 astenuti tra i quali l’Italia (ma perché non votare contro?) e cinque Paesi (Francia, Svezia, Slovenia, India, Argentina e Togo) passati dal voto a favore all’astensione.


Infine, per completare il quadro, va registrata la posizione di Irina Bokova, direttore generale dell’Unesco, che con una dichiarazione ufficiale ha subito sconfessato la risoluzione, dicendo senza giri di parole che «l’eredità di Gerusalemme è indivisibile e che ognuna delle sue comunità ha diritto a un esplicito riconoscimento della propria storia e del proprio legame con la città. Negare o cancellare qualunque tradizione ebraica, musulmana o cristiana mina l’integrità del sito e va contro i principi che hanno motivato la sua iscrizione nella lista dei patrimoni dell’umanità dell’Unesco».


Insomma, un grottesco pasticcio. Niente paura, però. L’inghippo diplomatico si scioglierà presto: Israele ha minacciato di sospendere i finanziamenti all’agenzia Onu e questo risolverà ogni questione. Il fatto è che, ancor più con la gestione del pallido segretario generale Ban ki-Moon, le Nazioni Unite ci hanno abituato a pagliacciate di questo genere.

L’Onu è ormai una specie di self service in cui le nazioni più potenti prendono ciò che loro serve, alla faccia di qualunque altra considerazione. Non c’è impresa disumana e disastrosa a cui l’Onu non abbia prima o poi apposto il proprio timbro. Bush e Blair si inventano la guerra per occupare l’Iraq? L’Onu traccheggia e poi acconsente, anche se le sue stesse agenzie (nel 2003 quella per l’Energia atomica, che negava l’esistenza di armi di distruzione di massa in Iraq) le spiegano dove sta la ragione.
Nel 2011 in Libia stessa storia: il Consiglio di sicurezza Onu decreta la “no fly zone”, poi Francia, Gran Bretagna e Usa iniziano i bombardamenti e nessuno apre bocca, men che meno Ban-kiMoon.

Nel Rapporto annuale del Rappresentante speciale dell’Onu sui bambini e i conflitti armati si menziona anche l’Arabia Saudita tra i Paesi che violano i diritti dei bambini a causa dei ripetuti bombardamenti sulle scuole e sui centri abitati che i sauditi compiono nello Yemen. Apriti cielo. I sauditi alzano la voce e minacciano di non mettere più un dollaro nelle casse delle Nazioni Unite. Prontamente, il buon Ban ki-Moon prende la gomma e cancella l’Arabia Saudita dal Rapporto. I diritti umani, di fatto, vanno all’asta.


Ma per illustrare a perfezione il recente andazzo dell’Onu basta il caso dell’Arabia Saudita,Paese noto per il suo regime oppressivo e per il sostegno da decenni offerto al radicalismo e al terrorismo islamico. Nel settembre 2015 Faisal bin Hassan Thad, ambasciatore saudita presso l’Onu, viene nominato presidente del Comitato consultivo del Consiglio Onu sui diritti umani. In pratica, diventa colui che sceglie gli “esperti” che devono pontificare sui diritti umani nel mondo. È una specie di mordacchia che l’Onu si mette da solo, visto che proprio l’Arabia Saudita ha respinto otto richieste di ispezione degli esperti dello stesso Consiglio Onu, avendo acconsentito l’ultima volta nel 2008.

La cosa non manca di produrre in fretta frutti importanti. Amnesty International e Human Rights Watch denunciano che il regime saudita approfitta della nomina di Faisal bin Hassan Thad, e della relativa influenza sulle Nazioni Unite, per commettere “gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani” sia all’interno dei propri confini sia all’estero.


Ma lo scandalo vero esplode nel giugno di quest’anno. Nel Rapporto annuale del Rappresentante speciale dell’Onu sui bambini e i conflitti armati si menziona anche l’Arabia Saudita tra i Paesi che violano i diritti dei bambini a causa dei ripetuti bombardamenti sulle scuole e sui centri abitati che i sauditi compiono nello Yemen. Apriti cielo. I sauditi alzano la voce e minacciano di non mettere più un dollaro nelle casse delle Nazioni Unite. Prontamente, il buon Ban ki-Moon prende la gomma e cancella l’Arabia Saudita dal Rapporto. I diritti umani, di fatto, vanno all’asta.


Che ce ne facciamo di una Onu ridotta in questo stato? A che serve? Non è evidente che le Nazioni Unite si sono trasformate, anche, in una fabbrica di timbri di legittimità per le peggiori porcherie?


Viene alla mente, in proposito, la vicenda della Società delle Nazioni, antesignana dell’Onu. Frutto della Conferenza di pace di Parigi del 1919-1920, nata cioè sulle rovine della prima guerra mondiale, la Società si proponeva di promuovere il disarmo, scongiurare le guerre e risolvere con la diplomazia eventuali problemi nei rapporti internazionali. 

Il presidente americano Woodrow Wilson ebbe il Nobel per la Pace per questi propositi, un po’ come Barack Obama per il discorso del Cairo del 2009. Il tutto si risolse con la seconda guerra mondiale e la bomba atomica e nel 1946 si ebbe almeno il buon senso di sciogliere la Società delle Nazioni e fare altro: l’Onu, appunto.

Ecco: non sarebbe tornato il momento di fare altro? Di inventarsi qualcosa di più dignitoso, se non anche più efficace? Perché dobbiamo continuare a raccontarci che l’Onu ha una qualche influenza sulla condotta dei diversi Paesi quando è ormai evidente che qualunque Paese, purché abbia abbastanza armi o abbastanza soldi, riesce a influire sull’Onu?



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