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Quando Trump vinse il Grande Fratello

In USA da decenni Trump è un divo della TV popolare in cui ha interpretato nessun altro che se stesso. E conosce bene le dinamiche dei reality. Ecco come... [S. Santini]

Quando Trump vinse il Grande Fratello
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13 Novembre 2016 - 20.07


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di Simone Santini.

Dialogo tra persone comuni
nell’anno 2070 d. C. circa, in America.

“Ti ricordi di quel tipo
veramente figo, Donald Trump? Che vinse quel famoso reality quando eravamo
ragazzi”.

“Mmmmh sì. The Donald.
Stava sempre in televisione, era forte. Ma non vinse un reality, erano le
presidenziali”.

“Yò man, hai ragione. Non
era un reality ma le presidenziali. Beh ma più o meno sono la stessa cosa,
no?”.

Stavo riflettendo su come sia stato possibile
che Donald Trump abbia potuto vincere le presidenziali avendo tutto il sistema
mediatico contro di lui. Oltre a tutti gli apparati politici (democratici,
ovviamente, ma anche repubblicani) aveva contro tutte le televisioni, i
giornali, le star dello show business, il mondo accademico. Insomma, tutta
l’intellighenzia americana al gran completo e a ranghi compatti. Eppure, seppur
per un soffio, ce l’ha fatta.

Poi, ho avuto una illuminazione. Il Grande
Fratello. Ma non Orwell, bensì il gioco televisivo creato da John De Mol per la
sua società Endemol. E mi è tornato in mente, udite udite, una edizione del GF
italiano di qualche anno fa, in cui vinse un concorrente totalmente “unfit”, surreale, guascone, strambo,
simpaticissimo e verace ma matto come un cavallo. Un tale che si chiamava Mauro
Marin e che poi scomparve dalla circolazione (nel senso del circo
mediatico-salottiero).

Ma non è questo che conta. Quello che conta
fu la particolarissima dinamica che si sviluppò in quel gioco, in quella
edizione. Il Marin se ne usciva spesso con modi del tutto irrituali per la
convivenza dentro “la casa” e per le stesse logiche televisive. Gli altri
partecipanti al gioco lo individuarono ben presto come l’elemento estraneo di cui
sbarazzarsi. Cominciarono l’ostracismo, il mobbing, l’isolamento, gli attacchi
sempre più feroci. Tutti uniti contro di lui. Ad ogni puntata nominato per il
televoto. E immancabilmente il Marin metteva in fila uno via l’altro, di
settimana in settimana, gli altri concorrenti, e gli spettatori da casa li decapitavano.
Finché, alla fine, il gioco lo vinse lui.

Scattò una fibrillazione che montò
irrefrenabile. Un sentimento di immedesimazione. In fondo chi non si è mai
sentito vittima di un gruppo, di una situazione, in cui ti sembra che il mondo
intero ce l’abbia con te. Chi non si è mai sentito irrimediabilmente “unfit”, eppure, dentro di sé,
consapevole che magari sono gli altri, questo mondo ad essere sbagliati, mica
tu. E quando ti capita di inciampare in una storytelling
del genere all’interno di un grande show popolare, succede che ti identifichi,
che ti ci butti dentro e fai vincere Marin. Perché se vince lui, vinci anche
tu, almeno per una volta, cazzo!

La metafora l’avrete capita. Non c’è bisogno
che ve la spieghi, credo. Ci sono da aggiungere però un paio di considerazioni,
perché il raccontino non sembri del tutto banale.

Primo: non è che il meccanismo
dell’ostracizzato funzioni sempre. Funziona se coglie “lo spirito del tempo”.
In quel momento vince lui, ed è un meccanismo dirompente. Ma magari l’edizione
dell’anno prima, o dell’anno dopo (come dire, quattro anni prima, o fra quattro
anni) sarà tutt’altro meccanismo ad essere vincente: il personaggio mite e
rassicurante; quello anticonformista che non accetta le regole; il brillante
che risolve i problemi.

Secondo: per gli spin doctor della politica i reality
show
sono un immenso serbatoio di esperienza sul campo. Si possono valutare
scientificamente dinamiche umane che scaturiscono naturalmente, o che a volte
possono essere un po’ agevolate, ma che forniscono immediatamente un responso.
Il televoto è un sondaggio istantaneo che ti dice qual è il candidato che ha
vinto o perso. Ti rivela quanto paga un atteggiamento, un modo di essere,
oppure un colpo di scena, e quali gruppi sociali sono sollecitati e rispondono.
Se stai dietro le quinte, vedi in diretta l’afflusso dei dati mentre i
personaggi-candidati agiscono e le cose accadono.

Terzo: oggi il reality show è in onda ininterrottamente H24 sette giorni su sette
e riguarda miliardi di personaggi. Siamo noi, e il Grande Fratello sono i
social-media. Chi sta dietro le quinte e ha la possibilità di osservare i
flussi dei dati, incrociarli, verificarli, interpretarli, ha una visione
illimitata sullo “spirito del tempo”. Chi detiene i metadati (i big data se vogliamo rimanere agganciati
al format) detiene il potere di
sapere chi vincerà le elezioni presidenziali americane in maniera molto molto
più accurata e precisa di qualunque sondaggio di opinione, controllato da
troppe variabili senza alcun controllo.

Donald Trump è un animale televisivo. Da Willy il principe di Bel Air a I Simpson, dal concorso di Miss Universo
al mondo del wrestling, giusto per fare qualche esempio, in America da decenni
Trump è un divo della televisione popolare in cui ha interpretato nessun altro
che se stesso. Ed è un conoscitore sapiente delle dinamiche dei reality o
talent show, tanto da averne concepito e condotto uno di enorme successo, per
un decennio, The Apprentice.

Sono un convinto assertore del fatto che gli
Stati Uniti siano guidati da un’élite.
Credo che tutti i presidenti che gli Stati Uniti hanno avuto nella loro storia
siano stati espressi da questa élite.
Credo altresì che tale élite non sia
un blocco monolitico ma sia divisa per bande, ognuna con proprie strategie
politiche ed obiettivi o interessi particolari da conquistare o difendere ferocemente.
Credo infine che l’élite vincente che
ha espresso Donald Trump non abbia mai avuto il minimo dubbio che il proprio
candidato stesse prevalendo, anche quando aveva contro tutti gli apparati della
banda avversa, anzi, trasformando tale dinamica in un asso vincente.

Alla fine, anche se noi popolo di spettatori
abbiamo fatto il tifo per lui, per Trump, perché ci è scattato dentro un
qualche meccanismo di identificazione o di rivalsa, non è affatto detto che stia
dalla nostra parte. È successo solo che, a ‘sto giro, The Donald abbia vinto il
Grande Fratello dell’Impero che si disputa ogni quattro anni in America.

Grazie per aver televotato e postato i vostri
commenti. Per info sui costi rivolgersi al proprio gestore di telefonia mobile.

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