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Gene Gnocchi e Claretta Petacci: perle (dell’ironia) ai porci

La satira va per eccessi e paradossi e rimastica tutte le figure retoriche che vuole e che chi si è incarognito dandogli del cretino, non sa manco che cosa siano.[Selvaggia Lucarelli]

Gene Gnocchi e Claretta Petacci: perle (dell’ironia) ai porci

Redazione Modifica articolo

18 Gennaio 2018 - 12.35


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di Selvaggia Lucarelli.

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Gene Gnocchi è un intellettuale. Uno scrittore. Un uomo di tv. Ed è soprattutto un comico. Il fatto che io abbia premesso il resto non è casuale. Vederlo trattato come un cretino, in questi giorni, per via della battuta su Claretta Petacci e il finto maiale della Meloni, mi fa incazzare come poche cose al mondo.

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Assistere al linciaggio selvaggio da parte di un’orda di barbari che non conosce, non ha letto, non pratica la satira e pretende di dare lezioni a uno che ha fatto cose meravigliose per decenni, riuscendo sempre a percorrere sentieri poco battuti, a inventare, creare, divertire, stupire, stravolgere con originalità e cultura, è una di quelle faccende per cui mi prende il male di vivere.

Assistere allo sdegno di editorialisti e gente che i mezzi per comprendere la satira li avrebbe pure, mi incupisce ancora di più. La battuta (e dover spiegare la costruzione di una battuta è un’operazione deprimente quanto spiegare una barzelletta o perché uno non ama più un altro o perché la pena di morte fa schifo e tante altre cose che dovrebbero essere chiare e definitive), non era “Claretta Petacci era un maiale”. La battuta era “il maiale era di Giorgia Meloni, le è scappato, è un maiale femmina tra l’altro e l’ha chiamato Claretta Petacci”. Ora. Mi sembra evidente che Gnocchi volesse dire, molto banalmente, che il nome del suo fantomatico e surreale animale domestico potrebbe essere il nome di un personaggio legato alle sue idee politiche di destra. La battuta beffeggiava la Meloni, non la Petacci. E qui apro parentesi.

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Sembra una storia comica o inventata per l’occasione, ma io ho avuto un cane che si chiamava Duce. Era tutto nero, mio fratello ha avuto un periodo demenziale-fascista nell’adolescenza e mentre noi altri pensavamo ai soliti Bobby, Nerino e Jack, lui prese a chiamare il nuovo arrivato Duce. Detestavamo tutti quel nome, i miei gli davano dell’ imbecille, ma alla fine vinse lui, perché il cagnolino, ormai, vittima della propaganda fascista del fratello maggiore che lo corrompeva a suon di biscotti e frattaglie, rispondeva solo al nome “Duce”. Mio fratello derideva il Duce? No, purtroppo. Lo omaggiava.

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Gene Gnocchi dava del maiale alla Petacci? No, intendeva dire che la Meloni, in un ipotetico mondo che non esiste ma è una sua costruzione ironica, un suo animale lo chiamerebbe Claretta o Benito o perfino Adolf o Goebbels (benché la Meloni non sia filo-nazista presumo), perché la satira fa questo. Va per eccessi, iperboli, paradossi e mastica, rimastica e sputa tutte le figure retoriche che vuole e che probabilmente voi che vi siete incarogniti dandogli del cretino, non sapete manco che siano.

Gene Gnocchi non se lo merita il vostro “imbecille”. I vostri editoriali saccenti. Le lezioncine “I morti si rispettano”. Siete sguaiati. Siete fuori fuoco. E infine, lasciatevelo dire, nei recinti non andrebbero messi i maiali, figuriamoci la satira.

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Fonte: http://www.rollingstone.it/rolling-affairs/news-affairs/gene-gnocchi-non-ve-lo-meritate/2018-01-18/#Part3 

 

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