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Jobs Act : la start-up dello sfruttamento 2.0

'Il racket dello sfruttamento del lavoro si è dato una ripulita: non più in sottoscala ammuffiti, ha allargato il raggio d''azione. Con protezioni molto in alto.'

Jobs Act : la start-up dello sfruttamento 2.0
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28 Settembre 2014 - 22.27


ATF

di
Midnight Rider
.

Quando
avevo 20 anni mollai l”università. Per due settimane. Volevo
guadagnarmi da vivere, disporre di soldi da spendere senza chiedere
niente a nessuno. Mia madre piangeva ogni giorno, neanche mi fosse
stato diagnosticato un male incurabile.

Mentre
cercavo lavoro su un giornale di annunci, risposi a un”inserzione in
cui si offriva un lavoro di facile distribuzione e si promettevano
ottimi guadagni. Mi presentai al colloquio e mi trovai di fronte una
tipa loschissima di Roma, tale signora Lucia, e un cretino azzimato
di Milano, tale signor Gianni, che si spacciava per ex dirigente
Fininvest.

Benché
fossi giovane e relativamente inesperto, la faccenda puzzava di
bruciato in maniera nauseante. Ad ogni angolo della stanzetta in cui
si tenevano i colloqui, all”interno di un anonimo edificio di
periferia, si accendeva un neon con la scritta “inculata
imminente”, tanto più che i reclutatori cercavano di lusingarmi
con il fatto che la mia maturità classica (la “formazione
umanistica” come l”aveva mellifluamente definita quella
furbacchiona di Lucia) si sarebbe rivelata preziosa per
l”espletamento delle mie mansioni lavorative. In sostanza si trattava
di vendite porta a porta. Ogni settimana la tipologia di merce
cambiava: libri di cucina, favole, pubblicazioni di storia, gadget di
nessuna utilità e paccottiglia varia.

Il
compenso era garantito su base statistica. La garanzia era
rappresentata da un grafico tracciato su un foglio di carta. Puntava radiosamente verso l”alto.

Gianni
& Lucia ti fornivano il materiale da smerciare e sulla base delle
vendite realizzate il vucumprà “local” percepiva una
percentuale, forse in nero forse con ritenuta d”acconto, non ricordo.
Fissavano degli improbabili obiettivi di vendita denominati “Campana”
e “Campanaccio” il cui raggiungimento ti avrebbe regalato
un misero bonus.

Benzina,
macchina, pasti, umiliazioni e minacce fisiche da parte di potenziali
clienti non così potenziali erano a carico mio.

Feci
un giorno di “lavoro” assieme a due tipi il cui sogno –
indotto – era “diventare imprenditori” e aprire la loro
filiale di distribuzione. Erano due ragazzi della mia età il cui
obiettivo era sfruttare a loro volta il business del porta a porta. A
sentire Gianni & Lucia (chissà come si chiamavano davvero)
«diventare
imprenditori di sé stessi
»
era una cosa da niente, e loro ne erano la testimonianza diretta.

Intanto
i due poveri cristi che mi scarrozzavano in giro a spese loro (io ero
in prova) si smazzavano i soldi guadagnati con i lavori precedenti.

Correva
l”anno 1998 e la crisi era ancora inimmaginabile al nord. Un lavoro
in fabbrica o nel terziario non si negava a nessuno.

Magari
un giorno scriverò qualcosa su quelle poche e interminabili ore
passate a fare il porta a porta. Fatto sta che al termine della
giornata (alquanto istruttiva, a dire il vero) ho deciso di
reiscrivermi all”università, con grande gioia da parte di mia madre.
Sono stato il primo del mio corso a terminare gli studi.


Oggi
non è cambiato molto. La differenza è che adesso non ci sono più
il signor Gianni e la signora Lucia, papponi facilmente
identificabili.

O
meglio, ci sono. Ma nel mare magnum della sopraffazione e dell”abuso
sono pesci piccoli destinati ad essere inghiottiti dai veri squali,
padroni incontrastati di tutti i torbidi fondali della melmosa
società liquida. L”unica alternativa per questi pesciolini è
abboccare all”amo di una denuncia per truffa o rimanere incastrati
nelle maglie di una condanna per bancarotta fraudolenta, corredata da
foto e nome sul giornale. Che sollievo, altri pericolosi criminali
assicurati alla giustizia.

I
nuovi magnaccia 2.0 si sono efficacemente riorganizzati ed hanno
abbandonato il settore del porta a porta, che hanno di buon grado
ceduto
ad Amazon

Il
racket dello sfruttamento del lavoro si è dato una ripulita, non
opera più in sottoscala pieni di muffa, ha accuratamente allargato
il proprio giro d”azione. Certo è stata un”impresa che ha richiesto
l”impegno di tutti. Trent”anni di tivù commerciale hanno contribuito
alla costruzione di un illusorio immaginario collettivo recentemente
sfociato nella fiaba delle
app
in grado di migliorare la vita di milioni di persone e di renderci
tutti potenziali miliardari grazie alla creazione di quelle
start-up che tanto piacciono al più famoso boy scout italiano
e
a favore delle quali il governo sta
facendo non poco in questi ultimi tempi
.

Basta
avere l”idea giusta ed essere speciale. Unicità da condividere su
Instagram. Un milione di ilike. Il telecomando sostituito dal nuovo
smart-phone per cui si dorme all”addiaccio e si fanno file
chilometriche. È il nuovo rito pseduo-religioso al termine del quale
puoi finalmente “fotografare e condividere” la vita che ti
molla inesorabilmente mentre ti infili comodamente cappio e manette.
Una nazione spogliata della propria coscienza e della propria
identità. Siamo tutti “potenzialmente” uguali, fatta
eccezione per la Maserati targata San Marino.

I
truffatori di oggi non si chiamano Gianni e Lucia. Hanno comunque
mantenuto nomi e cognomi comuni vicini alla tradizione, almeno
quelli.

Mario
Monti, Elsa Fornero, Maurizio Sacconi, Matteo Renzi, Guido Angeletti,
Enrico Poletti, Raffele Bonanni, Piero Ichino, Alessandra Moretti,
Susanna Camusso. Tutte brave persone. Per carità, non hanno deciso
tutto loro, non sono mica così bravi…

Si
sono fatti consigliare da professionisti del settore, gente che può
vantare esperienza decennale in campo internazionale come Christine
Lagarde
e Mario
Draghi
.

Questi
grandi reclutatori hanno anche assunto dei collaboratori a tempo
pieno che si occupano delle pubbliche relazioni e del marketing.
Ferruccio De Bortoli, Ezio Mauro e Giavazzi, pardon, il Professor
Giavazzi. Hanno reclutato forze fresche come Mario Calabresi e
persino eroici veterani come Eugenio Scalfari, quest”ultimo
arruolatosi in realtà come volontario.

I
trafficanti di vite umane del 2014 non parlano più di “Campana”
e “Campanaccio”: oggi si ragiona in termini di “progresso”,
“innovazione”, “stare al passo con i tempi”. Si è
partiti dalla “rottamazione” per approdare al “cambiamento
violento
” – unica vera certezza dei prossimi mesi a venire –
per il quale Matteo è disposto a
«sfidare
i poteri forti
».
Che poi Рfatte le debite proporzioni, si intende Р̬ come se un
altro Matteo, Messina Denaro, dicesse che è pronto a sfidare la
mafia.

Come
al solito, le parole in inglese sono venute ad aiutarci per dare un
nome nuovo all”ormai desueta e inflazionata “schiavitù”.
La cancellazione dei diritti e delle tutele dei lavoratori profuma di
City se la chiamiamo
Jobs
Act
.

Lavorare
17 ore al giorno per intascare pochi spiccioli e condurre
un”esistenza senza alcuna prospettiva per il futuro suona come un
concetto troppo antico. Proviamo con
Share
Economy
,
allora.

Cavolo,
funziona!
Sembra una cosa bella che ci fa stare insieme e
risparmiare, anche un po” socialista, forse.

Non
tutti gli slogan sono andati in pensione, però. Oggi più che mai è
il momento giusto per diventare “imprenditori
di noi stessi
“.

Formula
che vince non si cambia. E se vi venisse in mente di sfuggire alle
grinfie degli sfruttatori andando all”università, loro hanno già
trovato un rimedio: distruggerla.



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