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2015, col Jobs Act sarà l'anno dei licenziamenti di massa

La coerenza reazionaria di Renzi. Il Jobs Act è un gigantesco scambio di manodopera tra chi ha più e chi ha meno diritti e salario. [Giorgio Cremaschi]

2015, col Jobs Act sarà l'anno dei licenziamenti di massa
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29 Dicembre 2014 - 06.09


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di Giorgio Cremaschi.

Era lecito domandarsi a che servisse togliere la tutela dell’articolo
18 a tutti i nuovi assunti, quando non si creano nuovi posti di lavoro e
la disoccupazione aumenta.

Il decreto natalizio del governo Renzi supera questa contraddizione.
Senza che se ne fosse minimamente accennato nella discussione
parlamentare sulla legge delega, il testo sfrutta al massimo
l’incostituzionale mandato in bianco imposto col voto di fiducia e
estende la franchigia anche al mancato rispetto delle regole sui
licenziamenti collettivi. La legge 223 infatti, recependo principi e
regole in vigore in tutti i paesi industriali più avanzati e sostenute
con forza da tutte le organizzazioni internazionali, Onu in testa, da
oltre venti anni disciplina i licenziamenti collettivi per crisi,
stabilendo criteri e regole nel loro esercizio. Ad esempio essa applica
un concetto principe del diritto del lavoro degli USA, la “seniority
list ” . Se proprio si deve licenziare si parte dagli ultimi arrivati ,
dai più giovani, da coloro che non hanno carichi familiari e si risale
verso le madri e gli anziani capi di famiglia. In vetta a quella lista,
nelle aziende Usa sindacalizzate, stanno addirittura i rappresentanti
dei lavoratori. In Italia non siamo così rigidi, ma il senso della
regola è lo stesso. La 223 stabilisce che solo con un accordo sindacale
controfirmato da una pubblica autorità si possa derogare ai criteri
dell’anzianità e dei carichi familiari. Così son state definite con le
aziende, da ultimo con Meridiana, le uscite dei più anziani, in grado di
raggiungere la pensione con la indennità di mobilità. Se un’azienda
prima del decreto Renzi avesse voluto fare licenziamenti indiscriminati
di massa , avrebbe subìto un doppio danno. Avrebbe dovuto pagare
consistenti penali e avrebbe rischiato la reintegra da parte di un
giudice di tutti i dipendenti licenziati senza il rispetto di regole e
procedure. Questo vincolo ha frenato i licenziamenti di massa, anche in
una crisi senza precedenti come quella attuale. Ora viene tolto e le
aziende potranno liberamente sbarazzarsi, per crisi e ragioni
economiche, di lavoratrici e lavoratori che hanno l’articolo 18 e
sostituirli con dipendenti precari a vita, pagati molto meno e per la
cui assunzione riceveranno anche un consistente finanziamento pubblico.

La portata reazionaria di questo decreto mostra tutta la malafede di
un governo che sa perfettamente che la liberalizzazione dei
licenziamenti non ha mai prodotto, né mai produrrà un solo posto di
lavoro aggiuntivo a quelli esistenti. Nessuno assume in più se non ha
lavoro in più da far fare. Ma se viene offerta la possibilità di
realizzare, a condizioni più che favorevoli, quello che le imprese
chiamano il ricambio organico del personale, perché rifiutarla? Questo è
lo scopo vero del Jobact : un gigantesco scambio di manodopera tra chi
ha più e chi ha meno diritti e salario. Come più di cento anni fa,
quando i braccianti venivano cacciati dalla terra che avevano coltivato,
perché agrari e baroni reclutavano gente più povera disposta a subire
condizioni peggiori. Non solo il Jobact non fa nulla contro la
disoccupazione, ma anzi proprio per funzionare ha bisogno di una massa
ricattabile di senza lavoro, senza i quali le sue norme resterebbero
lettera morta. Alla fine l’ occupazione complessiva sarà ancora minore,
come già sapientemente prevede la Confindustria, ma quella rimasta
somiglierà molto di più a quella che lavora oggi in Cina rispetto a
quella che aveva conquistato diritti e dignità in Italia. Le imprese
rimaste festeggeranno per i maggiori profitti, mentre il lavoro sarà
sottoposto alla schiavitù di un Medio Evo tecnologico.

A questo punto non serve aggiungere altre parole. Ogni atto del
governo Renzi rappresenta una coerente azione di restaurazione sociale.
Non si colpisce solo il lavoro, ma la scuola, la sanità. i servizi
pubblici, mentre si rafforzano le spese militari. Quando si interviene,
come all’Ilva, lo si fa per permettere alle multinazionali cui verrà
ceduta di risparmiare i costi del risanamento e degli investimenti.
Tutte le riforme politiche proposte stravolgono principi e libertà
costituzionali.

Ma a questo punto continuare a rimproverare a Renzi e a Giorgio
Napolitano, che ne è il primo sostegno, di fare quello che dichiarano di
voler fare non serve a niente. Il governo Renzi è la personalizzazione
della distruzione della Costituzione Repubblicana, è nato e opera per
questo. Rappresenta una classe dirigente italiana che ha deciso che il
sistema sociale e democratico del dopoguerra non possa più essere
mantenuto, di fronte ai vincoli della Troika e della finanza globale. O
si contestano quei vincoli, euro compreso, o si insegue il modello del
capitalismo selvaggio senza vincoli. Renzi e Napolitano hanno scelto di
essere fino in fondo fedeli esecutori di quei vincoli, per questo oggi
son avversari di tutto ciò che nella storia italiana ha significato
progresso sociale e democratico. Renzi e Napolitano hanno scelto e chi
si oppone a questa loro scelta deve essere altrettanto intransigente e
rigoroso. Altrimenti la coerenza reazionaria del governo sarà la sola
devastante forza in camp.

Fonte:  http://popoffquotidiano.it/2014/12/27/2015-col-jobs-act-sara-lanno-dei-licenziamenti-di-massa/.

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