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Tentativi (disperati) di triumvirato

Dopo poche settimane, la foto di Merkel, Renzi e Hollande a Ventotene è già sbiaditissima, e i loro troni non hanno futuro [Giulietto Chiesa]

Tentativi (disperati) di triumvirato
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8 Settembre 2016 - 20.37


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di Giulietto Chiesa.

La sceneggiata
di Ventotene dove, a bordo dell’unica portaerei — per segnalare l’idea della
forza di cui teoricamente dispongono — Merkel, Hollande, Renzi s’incontrarono,
qualche giorno fa, voleva essere, ed era, a suo modo,  simbolica. 

Voleva dire:
eccoci qua, rappresentanti attuali dei tre principali paesi fondatori
dell’Unione Europea. Rimaniamo, siamo compatti, siamo convinti, potete contare
su di noi.

Si capisce che
Ventotene era la risposta in pompa magna al Brexit. Con quali contenuti non fu
chiaro, ma lo spettacolo ha le sue regole. Lo spettacolo non ha bisogno di
spiegazioni, deve piacere e basta. In effetti nulla è stato deciso, né
cambiato. Solo qualche correzione d’accenti. Niente mutamenti strutturali,
niente modifiche istituzionali. Business
as usual
, con qualche tocco di romanticismo legato ai ricordi dell’Europa
che fu.

Ma possono
quei tre tenere insieme l’Europa dei 27? Il disegno iniziale era diverso. Non
meno ambizioso, ma diverso.

E allora
sembrava che l’esperienza della vecchia Europa, appunto quella dei fondatori,
sarebbe riuscita ad amalgamare tutte le insopprimibili diversità esistenti.
Solo che, come dice il proverbio, l’appetito vien mangiando. E l’Unione Europea
diventò esigente verso l’esterno. Costruì la sua politica espansiva verso l’Est,
pose le sue condizioni e usò la sua indubbia attrattiva per inglobare non solo
tutto intero lo spazio del defunto Patto di Varsavia, ma addirittura per
proiettarsi dentro quelli che furono i confini dell’Unione Sovietica.

Così entrarono
anche le tre repubbliche del Baltico, Estonia, Lettonia, Lituania. E ci entrarono
con i loro brutti ricordi, — come del resto la Polonia — di sudditi dell’«impero
sovietico», pieni di desideri di rivincita postuma e, in spirito, assai più
“americani” che “europei”. E, non appena i tempi delle vacche grasse finirono,
cioè l’altro ieri, ecco esplodere le diversità, gli egoismi. La solidarietà,
appena proclamata, veniva soverchiata dalla competizione nella divisione della
torta. E, a sua volta, la divisione della torta diventava sempre più difficile
tra commensali di diverse dimensioni, con diversi spiriti e diversi ricordi. Ma
dove vincevano sempre e solo i più forti e grossi.

E quando è
cominciata l’ondata immigratoria, per esempio, si sono visti tutti i limiti di
uno striminzito disegno comune. E tutte le smagliature. Ma anche prima dei
ripetuti allargamenti si erano sentiti gli scricchiolii. La saggezza avrebbe
consigliato un procedere più accorto, più lento. Invece ci furono gli
acceleratori (americani), che volevano tutto e subito, in nome di una
globalizzazione che non attendeva i tempi storici. Dunque, sostennero, “dentro
anche la Turchia”. Dentro anche quanti più stati era possibile della ex
Jugoslavia. La Turchia per fortuna (nostra e loro) — diremmo oggi  — è rimasta fuori, ma c’è da assorbire ancora
la Moldova, l’Ucraina, la Georgia.

Il tutto sotto
la pressione della Nato, senza alcun dubbio la più avventurosa, per impazienza,
delle coalizioni militari del mondo intero.  

Forza ragazzi,
tutti in marcia contro la Russia.

Poi è arrivata
la batosta della Merkel, la prima da un decennio. In un piccolo Land, microscopico.
Ma è stato come un lampo, seguito da un colpo di tuono potente. E adesso
guardare il trio, o terzetto, fa un certo effetto.

Di Angela si
parla già come di una prossima candidata bollita, o addirittura di una non
candidata.

Sulla sorte di
Hollande non c’è un allibratore disposto a metterci un centesimo. Le
probabilità di una rielezione sono vicine allo zero assoluto della scala
Kelvin.

E il “giovane”
rottamatore Matteo arranca di fronte al referendum che avrebbe dovuto essere il
suo canto del cigno e assicurargli — insieme alla nuova legge elettorale — un
governo tranquillo per la prossima tornata elettorale, quella che lo avrebbe
incoronato Principe maggioritario con meno del 25% per voti.

Ma il trono è
già tutto storto. Questo triumvirato non può tenere insieme l’Europa. Tra un anno
o due non saranno loro a dirigere il ballo.




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