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Quanti bimbi schiavi hai nel cellulare?

Milioni di esseri umani, in condizione di vera schiavitù, estraggono dalle miniere africane rare materie prime. Sono i “minerali di conflitto”: per la tua elettronica.

Quanti bimbi schiavi hai nel cellulare?
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30 Maggio 2013 - 00.50


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di Glauco Benigni.

Ogni giorno milioni di esseri umani, ridotti in
condizione di vera schiavitù, estraggono dalle miniere dell’Africa nera rare
materie prime. Sono i “minerali di conflitto”: indispensabili a garantire il
funzionamento in mobilità di videogiochi, laptop computer, MP3 e smartphones.
Si chiamano così perché quelle miniere possono esistere solo se nella regione c’è
guerra.

Mentre a Roma si contano i voti per decidere chi sarà il
prossimo sindaco e a Londra, nel Mercato Secondario, si impastano e rimpastano
i valori dello spread, nel mondo continua ad andare in scena lo spettacolo dell’orrore.
La schiavitù. Il colonialismo mercantile predatore e
selvaggio. L’apartheid. La discriminazione nel voto di genere. Gli
stupri. Tutte pratiche contrastate. Ufficialmente “abolite” nella maggior parte
delle Nazioni. Tutte pratiche che restano però ostinatamente in vigore. Per
fortuna, ogni tanto qualcuno prova a
ricordarcelo
.

Il 6 giugno molti diplomatici, ex alti funzionari delle
Nazioni Unite e attivisti contro la guerra si incontreranno in una conferenza
sotto l’egida di una coalizione di ONG (organizzazioni non governative) e il
tema sarà “Salvare le future generazioni dal flagello della guerra”.

Le prime reazioni all’annuncio sono state sempre le stesse,
orientate dal cinismo iperrealista: “È
un argomento futile.” A questa affermazione ha risposto prontamente la signora Jody Williams, Premio Nobel per la Pace
nel 1997, leader della campagna mondiale contro le mine antiuomo e promotrice
dell’incontro: «Non
credo che lavorare per porre fine alle guerre sia un esercizio di futilità.
Penso che ci debba essere un costante sforzo per sfidare l’opinione pubblica e
convincerla che la guerra non è inevitabile… e penso che bisognerebbe iniziare
una seria educazione all’argomento sin dal momento in cui i bambini entrano a
scuola (… e sin da quando prendono in mano il primo videogioco, NdR)».

In realtà l’idea di eliminare le guerre dovrebbe
manifestarsi nelle menti dei politici e decision-maker,
forzare la visione dei leader nel settore globale delle armi ed estendersi all’educazione
dei bambini. Ma soprattutto bisogna smetterla di “promuovere la guerra come
eroica e patriottica”.

Un altro dei partecipanti alla Conferenza, Siddharth Chatterjee, capo diplomatico
presso la Federazione Internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa
(IFRC), ha commentato : «Se
il mondo non riesce a trovare una via d’uscita dalla guerra, allora possiamo
dichiararci sconfitti come civiltà. La società civile può e deve effettivamente
svolgere un ruolo forte nel prevenire le guerre.»

Sebbene dalla creazione delle Nazioni Unite, la comunità
internazionale non abbia più affrontato un conflitto a diffusione globale, come
la Seconda guerra mondiale, il flagello della guerra (locale) non è mai
scomparso. Quasi 70 anni dopo la firma della Carta delle Nazioni Unite, i
conflitti in corso continuano a infliggere sofferenze inimmaginabili in tutto
il mondo. L’attuale crisi in Siria, per esempio, ha già provocato oltre 70.000
morti e non si intravede la fine. Secondo le ultime ricerche, più di 1,75
trilioni di dollari vengono globalmente destinati agli armamenti, una somma che
costituisce circa il 2,5 per cento del prodotto interno lordo mondiale.

 Al
riguardo il Segretario Generale dell’ONU, Ban
Ki-Moon
, dice che «il
mondo è troppo armato e pace non ce n’è abbastanza».

C’è poi la questione dell’equilibrio del terrore. Secondo
alcuni : “la paura delle armi nucleari ha fatto di più per la pace globale di
qualsiasi trattato”. «No,
questa argomentazione non è valida – risponde però la signora Williams – non è
possibile fornire prove ‘in negativo’. La battuta appare facile, perché non può
esserci una verifica».
Chi è cresciuto sotto la minaccia di una guerra nucleare, ha segnato la sua
vita per sempre . «Da
piccola ho dovuto appallottolarmi, con la maschera serrata sul viso, sotto il
mio banco di scuola per imparare come proteggermi durante un attacco nucleare.
Ma ero completamente terrorizzata.»

Nel 1999, nel corso della Conferenza dell’Aia sulla Pace e
la Giustizia nel 21° Secolo, si lanciarono due parole d’ordine : «La pace è un diritto
umano». «E’ ora di abolire la
guerra». Queste
affermazioni vennero sottoscritte da 10.000 persone arrivate da più di 100
paesi. Da quel giorno, la natura stessa del concetto di guerra è cambiato.

Nonostante tutti questi condivisibili appelli la realtà dell’Educazione
alla Pace è molto, molto diversa . In questi giorni centinaia di gruppi di
Cittadinanza Attiva, nel mondo, si stanno battendo contro una delle
multinazionali che, maggiormente di altre, contribuisce, in vari modi, all’Educazione
alla Guerra .

Si tratta della Nintendo, una specie di babysitter
planetaria alla quale milioni e milioni di padri e madri affidano i loro figli
bambini e adolescenti. Oltre alle consoles da tavolo, Nintendo ha prodotto
varie consoles portatili (Game Boy, Nintendo DS, 3DS e mini classic, Virtual
Boy, Game&Watch, Pokemon mini). S
u questi apparecchi girano oltre
500 giochi. In trent’anni ha venduto oltre 570 milioni di console e 3,5
miliardi di copie dei videogiochi. Gran parte di questi “giochi” si fondano
sulla violenza, sull’aggressività , sull’educazione alla guerra. Gran parte di
questi “giochi” sono sempre più realistici e sempre più in grado di affinare le
capacità di attacco e distruzione che potenzialmente costituiscono facoltà
degli umani.

Sulla scia
della tragica sparatoria in una scuola elementare a Newtown nel Connecticut, i
politici di tutta l’America hanno recentemente puntato il dito contro i
videogiochi. Lo stesso presidente Barack Obama ha chiesto al Congresso di finanziare uno studio
sui games violenti. In un articolo del San
Francisco Chronicle
, il Senatore della California Leland Yee (democratico) ha esordito dicendo che la colpa delle
violenze scatenate da ragazzi è quasi totalmente imputabile alle Software
House, che per vendere di più sfruttano la voglia di violenza e di lussuria dei
giocatori.

Ma non
solo … le responsabilità della Nintendo non finiscono qui. In questi giorni la
Società ha già ricevuto circa 400mila email da ogni parte del mondo con le
quali si chiede di non utilizzare nelle consoles i “minerali di conflitto”. Il 27 giugno, giunta a ridosso del 124°
anniversario, la società giapponese terrà a Kyoto il suo General Meeting e in
quell’occasione dovrà rispondere alla domanda : «Nelle vostre
consoles ci sono minerali estratti da uomini posti in condizione di schiavitù ?
»

In realtà la risposta è nota; ed è sì!
La Nintendo, come molte altre multinazionali dell
’elettronica di consumo e della telefonia
mobile, utilizza a mani piene i
Minerali
di conflitto, ovvero materie prime rare
estratte in condizioni di conflitto armato e di violazioni dei diritti umani
.

Le miniere si trovano in particolare nelle province orientali della Repubblica
Democratica del Congo
e sono controllate dall’esercito nazionale congolese
e da vari gruppi armati ribelli.

I minerali più comunemente estratti sono cassiterite, wolframite, coltan e oro. Vengono estratti dal Congo
orientale, e passano attraverso una serie di intermediari prima di essere
acquistati da aziende digitali multinazionali. Questi minerali sono essenziali
per la produzione di una varietà di dispositivi, tra cui telefoni cellulari,
computer portatili e lettori MP3.

Le miniere in Congo orientale sono spesso situate lontano
dalle zone abitate, in regioni remote e pericolose. Un recente studio indica
che gruppi armati sono presenti in più del 50% dei siti di estrazione e che
tali gruppi armati costringono i civili a lavorare sotto minaccia di morte.
Minatori, bambini compresi, lavorano con turni anche di 48 ore, in mezzo a
frane e crolli di tunnel che ne uccidono molti. I gruppi armati, collegati con
mi gruppi mercenari o con l’esercito nazionale congolese, utilizzano lo stupro
e la violenza per controllare la popolazione.

I minerali estratti, oltre all’oro, sono 3.

La Columbite-tantalite
detta coltan (termine
colloquiale africano) è il minerale da cui viene estratto il tantalio. Il tantalio è utilizzato
principalmente per la produzione di condensatori, in particolare per
applicazioni che richiedono prestazioni elevate, un piccolo formato compatto ed
alta affidabilità, quali apparecchi acustici, pacemaker, airbag, GPS, computer
portatili, telefoni cellulari, console per videogiochi, videocamere e
fotocamere digitali.

La Cassiterite :
è il principale minerale necessario per produrre stagno, essenziale per la saldatura sui circuiti di apparecchiature
digitali e per la produzione di lattine.

La Wolframite
è una fonte importante di tungsteno.
Il tungsteno è un metallo molto denso e viene spesso utilizzato in quantità
minime nei dispositivi elettronici, tra cui il meccanismo di vibrazione di
telefoni cellulari.

In Italia la questione non ha mai raggiunto i media ma in
Usa invece è molto sentita. Nell’aprile 2009, il senatore Sam Brownback, alla
luce di una legge specifica detta Mineral Conflict Law , ha
proposto di chiedere alle società di elettronica di verificare e divulgare le
loro fonti di cassiterite, wolframite e tantalio. Anche la Securities and
Exchange Commission (SEC) ha chiesto ad alcune società di rendere pubblico l’uso
dei minerali dei conflitti africani nei loro prodotti. Alcune
stime indicano che il numero totale di aziende statunitensi influenzato può
essere superiore a 12mila.

L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico
(OCSE) ha pubblicato la sua guida sulla tracciabilità dei minerali di
conflitto. Alla fine di marzo 2011, il governo britannico ha pubblicato sul
sito web del Foreign & Commonwealth Office una sezione dedicata ai minerali
di conflitto.

La questione sta diventando una delle ennesime
contraddizioni del mondo occidentale: un pezzo del nostro benessere è fondato
sullo sfruttamento e sul dolore altrui. Non si può più far finta di non
saperlo.

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