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Migranti e guerre. Alcune puntualizzazioni

La cosa abominevole è che, alla fine, tutto lo starnazzare contro le deliranti dichiarazioni di Grillo&C. servirà solo a sponsorizzare una nuova “guerra umanitaria”.

Migranti e guerre. Alcune puntualizzazioni
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14 Ottobre 2013 - 17.18


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di Francesco Santoianni.

La
cosa abominevole è che, alla fine della giostra, tutto questo
starnazzare contro le deliranti dichiarazioni di Grillo&Casaleggio, –
urlato anche da chi non se ne è mai fregato nulla della democrazia nei
partiti o dei diritti dei migranti – sarà servito soltanto a
sponsorizzare una nuova “guerra umanitaria”. Una guerra commissionataci,
già ad aprile, da Obama (per disarmare le bande degli ormai incontrollabili “ribelli” e supportare l’abietto Governo Zeidan) oggi riciclata, in nome dell’emergenza migranti, da Letta

E così, dopo quelle combattute per “fermare gli stupri etnici in
Bosnia”, le “Armi di Distruzioni di Massa in Iraq”, “la repressione
delle primavere arabe in Libia e Siria”, “le inflitrazioni di Al Qa”ida
in Mali”… ora la “missione umanitaria” la si fa, ufficialmente, per
“fermare i mercanti di morte che dalla Libia ci sommergono di
clandestini”. E la cosa che mi fa più incazzare è che di questa
imminente guerra nessuno ne parla essendo tutti (anche coloro che, come
me, saranno alla manifestazione del 18 ottobre) impegnati a sbandierare
la loro rabbia contro Grillo, il loro “antirazzismo” e la loro querula
“solidarietà” ai migranti clandestini.

Ma vediamola da vicino questa questione. Parto da una esperienza personale.


Stavo in un autobus, momentaneamente fermo per via di un corteo antirazzista; un cartello inneggiava allo Ius Soli. Un tizio vicino a me esclama “Eh
già. Approviamo lo Ius Soli! E sai quante donne africane verranno a
scodellare i loro figli qui in Italia? E magari con il neonato dovremmo
dare la nazionalità e l’Assistenza sanitaria pure alla madre, al padre e
ai fratellini del neonato
!” Indignato, incautamente, gli rispondo
che mi sembrava comprensibile – addirittura, giusto – che una madre
cercasse di garantire un futuro al proprio figlio condannato, forse, a
morire di fame nel proprio paese. Mi si sono rivoltati contro tutti i
passeggeri: “Ma che cazzo dici?! E chi paga, poi, le spese per
ospitarli? Noi, che siamo già alla disperazione? Ma se ci tieni tanto
agli immigrati, perchè non li ospiti a casa tua? Ma perchè non dai
l’elemosina a chiunque te la chiede per strada o agli incroci?”..
E via dicendo.



Non
era razzismo, ma xenofobia – riflettevo affrettandomi a scendere
dall’autobus – Ormai la crisi fa vedere ogni disperato come una
minaccia, un concorrente, dal quale difendersi. 

E per tenermi su, mi
ripetevo, a mo’ di giaculatoria, le accuse (qualcuna pure da me pubblicata sul web) contro i nostri governanti che – come per la Siria (ma anche per l’Eritrea e la Somalia)
– con l’embargo e la guerra alimentano i barconi di profughi che
sbarcano sulle nostre coste. E, visto che tutti i salmi finiscono in
gloria, concludevo che solo una Rivoluzione socialista su scala
planetaria avrebbe potuto risolvere la questione. Poi mi sono fermato
ponendomi una domanda: e in attesa della gloriosa Rivoluzione, che si
fa? 

Che si propone?



Vale
la pena di porsi questa domanda mentre impazza la polemica
sull’emendamento dei due parlamentari Cinque Stelle per l’abolizione del
reato di clandestinità e, sopratutto, sull’allucinante risposta di Grillo&Casaleggio: “…Se
durante le elezioni politiche avessimo proposto l’abolizione del reato
di clandestinità (…) il Movimento Cinque Stelle avrebbe ottenuto
percentuali da prefisso telefonico
…” E già, perchè, alla faccia della web-democracy, la strategia del Movimento Cinque Stelle (su questo Casaleggio è stato chiarissimo)
è solo quella di arraffare alle prossime elezioni il cinquanta per
cento dei votanti (da blandire, oggi, con proposte che non turbino il
loro essere) e con quei voti arrivare alla fantomatica “stanza dei
bottoni”.


Ma,
al di là dell’illusione di Grillo&Casaleggio di potersi barcamenare
tra la Lega e i NoTAV, vale la pena di soffermarsi su una questione da
essi brutalmente posta : “Quanti clandestini siamo in grado di accogliere se un italiano su otto non ha i soldi per mangiare?”

Certo, detta così è una considerazione infame, a livello di Borghezio;
si direbbe, quasi, che la gente non riesce a mangiare perchè sono troppi
i clandestini. Roba da pogrom.



Però……
Però, una domanda si pone. Quanti immigrati possiamo oggi
realisticamente accogliere? E quali misure attuare per contenere il
flusso dei migranti entro certi limiti? Lo so, è una questione
sgradevole, sopratutto davanti a tragedie come quella di Lampedusa, ma
credo che vada posta. Intanto sgombriamo il campo da demagogiche
risposte. 

Come quelle teorizzate, tra gli altri, da Umberto Eco  che
per anni ha incantato la “sinistra” vaneggiando di “migrazioni” come un
inevitabile fenomeno, quasi connaturato alla storia umana e che
porterebbe ad una auspicabile “società multietnica e multiculturale”.
Non è così. L’immigrazione “incontrollata” è da secoli promossa dal capitalismo per consolidare il suo dominio e chi si illude
che questa possa rappresentare un fenomeno oggettivamente
rivoluzionario ha fatto male i conti. 

Tra l’altro, in Italia, negli
ultimi decenni, l’immigrazione clandestina ha fatto da contraltare alla
deregulation dei contratti di lavoro e allo smantellamento degli
Ispettorati del Lavoro; la convivenza delle istituzioni ha finito,
quindi, per istituzionalizzare una sorta di “tolleranza” (si pensi, ad
esempio, agli stagionali agricoli, agli addetti all’edilizia, ma anche
agli operai delle imprese che operano in sub-appalto) che “permette” agli immigrati clandestini di lavorare per paghe da fame. 

Altro che “immigrati che accettano lavori che non vogliono più fare gli Italiani” strombazzato dai media mainstream.



Ora
questo castello della “tolleranza” verso l’immigrazione clandestina,
perpetuatasi tra periodiche sanatorie, leggi sbagliate (come la
Turco-Napolitano o la Bossi-Fini), omertà delle istituzioni e una
miriade di, spesso fameliche, associazioni (che sulla “solidarietà” ai
migranti hanno costruito le loro fortune)
sta crollando sotto il maglio della crisi economica e il conseguente
crescere della xenofobia. 

Sarebbe stato logico aspettarsi, a questo
punto, dai nostri governanti chiari provvedimenti miranti sia a fare
emergere i lavoratori clandestini (regolarizzando coloro che avrebbero
potuto avere un contratto di lavoro regolare) sia allo stemperamento
della crescente rabbia nell’”opinione pubblica”. Nulla di tutto questo è
stato fatto, ma solo annunci – come lo Ius Soli – o leggi – come la partecipazione di immigrati a concorsi nella pubblica amministrazione
– che, al di là della loro reale fattibilità, sembrano fatti apposta
per esacerbare gli animi e dirottare la rabbia prodotta dalla crisi
contro l’immancabile “capro espiatorio”.



Del resto, è questa, oggi, la strategia messa in atto dai Poteri forti
per salvarsi. Una strategia purtroppo vincente in Europa, come dimostra
il trionfo, in Francia, del Front National, alimentato da una forsennata
campagna “antirazzista” (oltre che sui “matrimoni gay”) messa in atto
dal governo o – e so di dire per molti una eresia – in Grecia, dove una
davvero sospetta retata dei parlamentari di Alba Dorata
sta dando a questo ignobile movimento razzista l’aureola di martire di
un odiato governo (e, quindi, un aumento del suo già preoccupante
consenso).



Ma
torniamo a noi, Che fare per ridurre l’immigrazione clandestina?
Intanto abolire il reato di clandestinità: uno strumento assolutamente inutile
e costoso e che, tra l’altro, rende più difficile le espulsioni. Poi –
ed è bene essere chiari su questo punto – bisogna ridurre drasticamente
il flusso di migranti che sbarca sulle nostre coste.



Sulle
guerre e gli embarghi, imposti dai nostri governanti, che alimentano
questi flussi abbiamo già detto; e così pure sul come le nostre
istituzioni hanno favorito l’immigrazione di clandestini. Ci aggiungiamo
pure il “land grabbing”
(e cioè l’acquisto, sopratutto in Africa, di sterminate aree di
terreno, con la conseguente espulsione dei contadini che le coltivavano)
nuovo business dei nostrani
capitalisti; e ci aggiungiamo pure la partecipazione delle nostre
banche allo strozzinaggio in Africa operato dal Fondo Monetario
Internazionale…. Tutto vero. Ma, sperando di rimuovere (con una
Rivoluzione?) le cause che alimentano le orde di disperati che si
rivolgono sulle nostre coste, intanto, cosa proponiamo?



Lo
so. È un dilemma che non dovrebbe essere nostro. Ma almeno proviamo a
proporre qualcosa prima che la dilagante xenofobia ci riduca come la
Francia. Che cosa? Ad esempio accordi bilaterali con gli stati costieri
del Mediterraneo per impedire la partenza degli scafi. Lo abbiamo già
fatto con l’Albania e gli sbarchi nell’Adriatico sono cessati. Lo avevamo fatto con la Libia
e subito si è gridato allo scandalo, arrivando ad accusare Gheddafi
delle peggiori nefandezze contro i migranti (quando, poi, la Libia
ospitava, allora, ben due milioni di immigrati). 

Anzi il trattato
Gheddafi-Berlusconi divenne, per tante “anime belle della sinistra”, la
prova della “giustezza” della nostra guerra alla Libia. 

I risultati si
sono visti. 

E oggi la Libia, dominata da bande di tagliagole messe da
noi al potere, è diventata il principale porto di imbarco per le coste
italiane. E allora? Che si fa? 

Ci imbarchiamo, come vuole Letta, in un
altra “missione umanitaria” contro i “mercanti di morte”? 

Assolutamente
no. 

Anche perchè, una missione militare, al di là di quale rituale
speronamento (tipo Kater I Rades, per intenderci), in assenza di uno stato funzionante non potrebbe certo controllare una costa lunga 1850 chilometri.



Per
fermare sul nascere i natanti carichi di clandestini c’è bisogno di uno
stato in Libia, così come in Eritrea o in Somalia. 

Uno stato. 

Non certo
quella congrega di gangster capitanata da Ali Zeidan e per difendere la
quale – come in Afghanistan – mandiamo i nostri soldati. 

E per creare
uno stato, un governo, in Libia ci vogliono non già missioni militari ma
libere elezioni; elezioni nelle quali la popolazione possa, senza alcun
condizionamento o minaccia, votare chi crede. 

Ad esempio, Saif Gheddafi,
il figlio di Mu’ammar Gheddafi – sequestrato dal 2011 e in attesa di
una condanna a morte – e che, secondo il Washington Post, se potesse
presentarsi alle elezioni avrebbe un consenso pressoché plebiscitario. E
forse, aggiungiamo noi, la possibilità di ricostruire la Libia: un
motivo in più per battersi per la sua immediata liberazione e per la sua
agibilità politica in Libia.


Una
follia questa proposta? Se la ritenete tale ignoratela e continuate a
esternare la vostra “solidarietà” ai migranti clandestini.

Fonte: http://www.francescosantoianni.it/wordpress/?p=1092.

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