Il caos controllato degli Usa, dallo Stato Islamico all'Ucraina | Megachip
Top

Il caos controllato degli Usa, dallo Stato Islamico all'Ucraina

Mentre il mercato del petrolio sembra immune alle tensioni geopolitiche, gli USA muovono le loro pedine (UE compresa) in chiave anti-russa e anti-cinese. [D. Floros]

Il caos controllato degli Usa, dallo Stato Islamico all'Ucraina
Preroll

Redazione Modifica articolo

2 Novembre 2014 - 15.25


ATF

di Demostenes Floros.

[Carta di Laura Canali, per ingrandire clicca qui]



Il trend al ribasso dei prezzi del petrolio prosegue oramai da 3 mesi; l”oro nero è ai minimi da più di due anni. In particolare, a settembre, la qualità Brent è calata da 103.1 dollari al barile ($/b) a 94.6$/b, mentre il costo del Wti è diminuito da 94.6$/b a 91.4$/b. 


Tale andamento rispecchia la solidità dell’offerta e una crescita della domanda per il 2014 meno robusta di quanto precedentemente stimato. 


In maniera del tutto inusuale il segretario dell’Opec, il libico Abdallah El Badri, ha “previsto” il 16 settembre un taglio della produzione di 500 mila barili al giorno (b/d). Il ministro iraniano del Petrolio, Bijan Zanganeh, ha affermato che “i membri dell’Opec dovrebbero cercare di moderare la produzione per evitare ulteriore instabilità”. Di diverso avviso i rappresentanti di Arabia Saudita e altri Stati del Golfo. 


Sembra che l’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio sia attraversata da visioni divergenti rispetto a come influenzare il mercato internazionale del greggio, il quale – apparentemente – continua a non incorporare le attuali tensioni geopolitiche. Di fatto, tali divergenze esprimono ed influenzeranno lo scontro in atto tra Stati Uniti d”America e Federazione Russa.


Secondo il Financial Times, gli Stati Uniti diventeranno a breve il maggior produttore di petrolio al mondo. L”eventuale primato americano, se confermato, non solo non renderebbe Washington un esportatore netto, ma sarebbe ottenibile solamente sommando il non convenzionale al convenzionale. Inoltre, la produzione di shale gas e di shale oil – cioè, il non convenzionale – potrebbe raggiungere il picco ben prima del 2020.


L’euro si è fortemente deprezzato sul dollaro a settembre, passando da 1,31 al minimo di 1,25 €/$. L’indebolimento della moneta unica riflette anzitutto le scelte di politica monetaria della Banca Centrale Europea (riduzione dei tassi d’interesse e allusioni al Quantitative Easing). L’apprezzamento del dollaro invece fa seguito alla riduzione degli stimoli fiscali da parte della Federal Reserve: nonostante il pil statunitense tendenziale del II trimestre 2014 sia aumentato del 4.2%, difficilmente la Banca centrale degli Usa alzerà i tassi d’interesse nel breve periodo, visto che il tasso di occupazione permane al 62.8%, il minimo da 35 anni.


Senza curarsi del fatto che il prezzo di mercato dell’oro sia sceso sino ai 1206$/oncia, il 17 settembre l’area di libero scambio di Shangai ha dato i natali alla prima borsa dell’oro in Cina. La rilevanza della nascita della Borsa cinese è data da due fattori: vuol dire che il valore dell”oro nel Sistema Monetario Internazionale – il suo valore “intrinseco“, che è diverso dal valore di mercato – sta continuando ad aumentare. Inoltre, si tratta di un ulteriore passo verso l”internazionalizzazione del renminbi. 


L’8 settembre, l’Unione Europea ha approvato nuove sanzioni economiche contro la Federazione Russa (entrate in vigore a partire dal 12 settembre). Come mai tali misure vengono inasprite proprio nel momento in cui c’è una tregua che, tra molti limiti, sta tenendo e anzi fa timidi passi avanti come dimostra lo Statuto Speciale approvato il 15 settembre dalla Rada Suprema (il parlamento di Kiev) per le regioni di Donetsk e Lugansk? 


Nel corso della sua visita ufficiale a Washington, il presidente ucraino Petro Poroshenko ha esplicitamente fatto richiesta di armi agli Stati Uniti d’America [18 settembre]. Tale pretesa non ci pare vada nella direzione del rafforzamento del “cessate il fuoco”; al contrario, rischia di spingere una parte dell’Est del paese a indire un referendum sull”indipendenza. A quel punto, a chi verrà attribuita la responsabilità della rottura della tregua? Ancora: Bruxelles considererà tale referendum come fu per quello di Crimea oppure esso verrà descritto come prova di democrazia sul modello della Scozia?


Un contesto politico così instabile ha determinato perlomeno tre risultati. Il rinvio – congelamento? – dell’entrata in vigore dell’Accordo di libero scambio tra l’Ucraina e l’Ue (al 31 dicembre 2015), in virtù delle preoccupazioni di natura commerciale espresse dal Cremlino. L’ulteriore rafforzamento in campo energetico dell’asse Mosca-Pechino, dopo l’entrata della China National Petroleum Corporation (Cnpc) nel giacimento petrolifero e gasiero russo di Vankor. Il calo dell’exportdell’Italia verso la Federazione Russa: dall’inizio del 2014, “le nostre esportazioni sono calate dell’8%, oltre mezzo miliardo di vendite in meno per le nostre aziende” (Il Sole 24 Ore). 


Se qualcuno in Europa crede realmente che gli Stati Uniticonsidereranno l’Ue come un partner alla pari nella sfida all’asse emergente tra Cina e Federazione Russa, probabilmente non ha ancora chiare le cause dell’origine della crisi economica in atto: l”eccesso di investimento. 


Pur senza sposare la linea tedesca di critica a Mario Draghi per la nuova riduzione dei saggi da parte della Bce [4 settembre] e per il piano di acquisto di titoli Asset backed securities, ci accontenteremmo se a Francoforte si prestasse maggiore attenzione alle parole di Jim Reid della Deutsche Bank. Questi ha dichiarato: “La bolla deve andare avanti onde sostenere l’attuale sistema finanziario globale” (zerohedge.comKaiser Report, 25’’ di questo video). 


Senza il voto dell’Onu e il consenso del governo di Damasco, gli Usa e diversi Stati Arabi (Giordania, Bahrain, Emirati Arabi, Qatar e Arabia Saudita) hanno iniziato il 22 settembre a bombardare il territorio siriano, presso Aleppo e Ar Raqqah. Bombardamenti aerei sono stati effettuati anche in Iraq, a nord-ovest di Kirkuk. In entrambi i casi, si tratta delle zone sotto controllo delle forze dello Stato Islamico (Is), che potrebbero essere presto teatro di un intervento di terra. 


Dal momento che l’obiettivo dichiarato dagli americani sarebbe l”Is,essi dovrebbero sforzarsi nel cercare un accordo con Bashar al Assad e gli sciiti iraniani. Difficile immaginarlo visto che la cacciata di Nouri al-Maliki è avvenuta poco dopo la firma di accordi militari tra Baghdad e Teheran (violando l’embargo Usa) e di contratti energetici tra l”Iraq e la Cina. Tali accordi indicano che il precedente primo ministro era sempre meno sotto l”influenza americana e sempre più espressione di una linea di equilibrio tra gli Usa da una parte e Iran/Cina/Russia dall”altra. Per Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa, “L’invasione del territorio del califfato sarebbe l’unica strategia efficace per chiudere in tempi brevi il conflitto in Iraq e Siria”; la medesima opinione è stata espressa dall”ex segretario alla Difesa degli Usa, Robert Gates.


Ovviamente tale scelta avrebbe ben altri costi umani ed economici per l’Europa e l’Italia, il cui pil per il 2014 è stato rivisto dall’Ocse al -0.4%, contro il +0.5% calcolato nell’Outlook semestrale dello scorso maggio. 


In vista dello scontro finale con la Cina, pare proprio che la strategia del “caos controllato” degli Usa di cui parla l’accademico e consigliere presidenziale Sergey Glaziev passi attraverso il “pieno controllo [statunitense] sull’Ue e sulla Russia”.




Demostenes Floros è un analista geopolitico ed economico. Insegna presso il Master di 1° Livello in “Relazioni Internazionali di impresa: Italia-Russia” (Modulo: Energia) dell’Università di Bologna”.




SOSTIENI LA CRESCITA DI PANDORA TV:

Native

Articoli correlati