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Economia e intelligence alla base delle intese Mosca-Teheran

L’accordo militare Russia-Iran ha radici profonde, che originano dall’esportazione di energia e dall’opposizione all’Occidente. [Giovanni Caprara]

Economia e intelligence alla base delle intese Mosca-Teheran
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17 Febbraio 2015 - 06.52


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di Giovanni Caprara.

L’accordo militare fra la Russia e l’Iran, ha radici profonde, che
originano dall’esportazione di energia e dall’opposizione all’Occidente.

Gli interessi comuni sono stati fondamentali per lo sviluppo della
collaborazione sull’implementazione dei sistemi d’arma, e l’alleanza ha
una significativa espansione al Caucaso meridionale, all’Armenia, alla
Bielorussia, sino alla Siria ed al Venezuela, una rete geopolitica che
ha come obiettivo di limitare l’egemonia globale statunitense ed europea
nel controllo dei corridoi energetici di tutto il bacino del Mar
Caspio.

L’Eoocentrismo, inteso come il trilateralismo fra Cina, Russia
ed Iran
, ha assunto una importanza strategica per il controllo dell’Asia
ed il Vicino Oriente
, infatti si è trasformata in una barriera virtuale
per il contenimento occidentale
, un nucleo economico e militare a
difesa degli interessi dei tre paesi.

Più esattamente, la Cina svolge il
suo ruolo di contrapposizione nell’Asia orientale e nel Pacifico,
Russia ed Iran tentano di influenzare l’area del sud ovest dell’Asia e
dell’Europa Orientale, quella che un tempo faceva parte del Patto di
Varsavia.

L’Iran è assunto a perno geostrategico di una equazione
geopolitica che aveva negli Stati Uniti il maggior concorrente. Se
quest’ultimi fossero riusciti a recuperare l’alleanza con l’Iran, ciò
avrebbe destabilizzato il colosso economico cinese ed il nuovo corso
politico della Russia, ma le profonde differenze culturali, religiose ed
etniche hanno impedito il ritorno alla distensione fra gli statunitensi
e la Repubblica Islamica.

Uno condizione che ha favorito l’eoocentrismo, il
cui contrario sarebbe valsa all’occidente una espansione inarrestabile
sino ai confini russi.

Nell’ambito del trilateralismo, la Russia può
creare un corridoio energetico favorito dal potenziale degli oleodotti
iraniani. Paradossalmente, gli Stati Uniti sono gli unici responsabili
di questo scenario
, in quanto promotori del tentativo di svigorire la Repubblica Islamica. Un effetto collaterale che ha generato un iniziale
indebolimento del potere politico ed economico statunitense.

Già dal
2012, la Russia e l’Iran hanno giubilato il dollaro negli scambi
commerciali, a favore delle rispettive valute nazionali, un accordo al
quale hanno aderito successivamente l’India e la Cina.

Inoltre, la
Russia ha accettato lo yuan come valuta per la fornitura di petrolio
alla Cina, e la Banca Centrale russa e quella Popolare cinese hanno
convenuto sulla realizzazione di swap delle rispettive valute nazionali.

Tale accordo potrebbe agevolare un regime valutario meno
dollaro-centrico nei mercati energetici internazionali
, e
corrisponderebbe all’assunzione della Cina ad attore principale sullo
scenario energetico globale. Il commercio estero cinese è già regolato
in renminbi, e l’emissione di strumenti finanziari con questa valuta è
in ascesa con la risultanza di una maggiore flessibilità dei tassi di
cambio dello yuan. Il trilateralismo, tenta di espandersi nel Vicino
Oriente, ed ha come obiettivo principale la Siria, dove la Russia ha
interessi militari ed economici come il porto di Tartus e le risorse
energetiche che percorrono il Mar Caspio.

Dall’inizio del conflitto civile siriano, Mosca ha sostenuto Assad
con sistemi d’arma, finanziamenti in danaro e ricerca di partner per
aggirare le sanzioni internazionali. Ma la cooperazione in materia di
intelligence è quella più fattiva, la dimostrazione è nella base
militare di al-Harra, espugnata dall’Esercito siriano libero, ESL, la
fazione laica dello schieramento anti-Assad.

La struttura, nota ai russi
come “Center S”, si trova nella provincia di Dar’a, ed era retta dal
GRU. Le tracce esistenti all’interno della base, dimostrano senza dubbio
la funzionalità allo spionaggio elettronico ,Sigint, gestito dagli
spetnaz
del GRU attraverso le antenne paraboliche trovate praticamente
indenni.

Quanto reperito nei manufatti, ha ragionevolmente convinto
l’ESL che uno degli obiettivi monitorati era Israele, in quanto le
fotografie e la cartografia rinvenuta ritraevano basi ed unità delle
Forze di difesa israeliane dislocate nella zona centrosettentrionale del
Paese, strutture Sigint in prossimità del Golan ed ancora il quartier
generale del distretto nord israeliano. Già dal 2012, questa struttura
subì un upgrading delle apparecchiature elettroniche dai russi, su
invito dell’Iran, i quali temevano che la sommossa popolare in Siria
potesse inficiare il ruolo della base di al-Harra, senza la quale non
solo avrebbero perso il monitoraggio degli israeliani, ma anche i
movimenti aeronavali della NATO.

Le apparecchiature rimaste dopo il
rapido abbandono dei manufatti, sembra fossero funzionali a coprire una
vastissima area: da Israele alla Giordania sino all’Arabia Saudita, un
sistema di early warning per prevenire un attacco agli asset nucleari
iraniani ed anche per implementare le capacità offensive di Siria, di
Hezbollah e dello stesso Iran per un possibile conflitto armato con
Israele.

Di fatto, una invisibile linea elettronica creata dai russi a
difesa del territorio iraniano
, ma soprattutto per ottenere un ruolo di
primo piano nel controllo dell’area del Vicino Oriente.

Inoltre, il
monitoraggio di questa zona, si traduce nel tenere aperto un corridoio
alla flotta russa verso il Mediterraneo a controllo delle rotte
commerciali, dove transitano gli approvvigionamenti energetici
occidentali.

Questo per mantenere la credibilità di potenza regionale ed
assurgere ad attore globale, anche con il supporto di Teheran tramite
un memorandum of understanding, MoU, che concerne una mutua cooperazione
Sigint
.

La collaborazione in materia di intelligence tra l’Iran e la
Siria, ha un passato che risale al 2005, con la finalità iraniana di
creare un sistema di difesa in prossimità dei confini israeliani, un
vettore di proiezione a prevenzione di possibili strike di Tel Aviv sui
programmi di espansione nucleare, ed anche come supporto d’intelligence e
guerra elettronica a favore di Hezbollah.

La comunione di intenti fra
Russia ed Iran, ebbe un inizio poco incoraggiante: nel 2010, Mosca
avallò le sanzioni Occidentali sottoscrivendo la risoluzione del
Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che intendeva rallentare il
processo di nuclearizzazione di Teheran. In questa occasione, le
esportazioni di materiale bellico russe subirono una perdita stimata
dagli 11 ai 13 miliardi di dollari.

Il Centro per l’analisi sul
commercio mondiale delle armi, il CAWAT, desunse tale cifra dalle
commesse annullate a causa dell’adesione alla risoluzione ONU, e che
spaziavano dai velivoli, ai missili sino ai carri armati, passando per
l’hardware, il software ed i pezzi di ricambio. L’Iran citò in giudizio
la Russia presso il Tribunale di conciliazione ed arbitrato dell’OSCE, e
la disputa si risolse, ma solo in parte, con la fornitura di sistemi
missilistici antiaerei non di ultima generazione, ma comunque utili a
Teheran.

L’atto legale, formalmente impedirebbe la prosecuzione
dell’accordo fra Russia ed Iran e, quest’ultimi, per renderlo attuabile,
dovrebbero rinunciare sia alla disputa giudiziaria, quanto ad accettare
di limitare il processo di nuclearizzazione. Tali accorgimenti
costringerebbero l’ONU a togliere le sanzioni. Il documento di intesa,
concerne una cooperazione militare ma anche economica, e le prime
consegne dei sistemi d’arma prevedrebbe i missili S-300 ed anche i più
performanti S-400. L’accordo è definibile come una partnership
strategica in quanto si estende alla condivisioni di informazioni su
aree geopolitiche cruciali quali: l’Asia Centrale, il Caucaso ed il
Medio Oriente, ossia il ritorno del MoU fermo dal 2001. Un chiaro
tentativo dell’Iran di assurgere a potenza regionale.

I sistemi missilistici S-300 e 400 promessi dalla Russia all’Iran,
associati all’intelligence, sembrano avere una finalità principale: il
controllo e la prevenzione su Israele. È ipotizzabile che Benjamin
Netanyahu abbia carpito il pericolo che potrebbe derivare dalla
comunione militare fra Teheran e Mosca, tant’è che ha tentato di fermare
la proliferazione nucleare dell’Iran. Una implementazione che potrebbe
mettere in pericolo la sopravvivenza dello Stato di Israele.

Oramai le
opzioni di Netanyahu si stanno riducendo notevolmente
: un attacco
preventivo, sullo stile di quello operato su Osirak Uno nel 1981, forse
poteva cancellare le ambizioni nucleari iraniane, ma avrebbe ingenerato
un effetto a catena tale da poter provocare un conflitto a livello
regionale, con ingenti perdite ad Israele. La possibilità di condurre
uno strike sugli asset nucleari della Repubblica Islamica si riducono a
velocità ciclica e si interromperanno quando le centrali saranno
protette dai sistemi antiaerei.

Di fatto, l’attacco dovrebbe essere più
articolato e principalmente teso alla soppressione della difesa
iraniana, dunque con più incognite e non dal successo scontato. È
plausibile supporre che il Premier israeliano sia più cauto ed
attendista di quanto abbia dimostrato con i suoi proclami, e forse ha
anche l’esatta percezione che le sue forze non sarebbero in grado di
annullare la minaccia nucleare iraniana.

Per tali motivi, si aggrappa
agli Stati Uniti ed all’ONU per favorire un significativo aumento delle
sanzioni, l’unica arma che possa convincere l’Iran a rinunciare al
nucleare, benchè le relazioni tra israeliani e statunitensi sembrano
segnare il passo
.

La politica estera di Netanyahu, è infatti piuttosto
confusionaria, e potrebbe mettere in discussione i rapporti tra i due
alleati.

Relazionare il Congresso degli Stati Uniti, ”bypassandone” il
Presidente, è un atto che può ingenerare la perdita del sostegno degli
ebrei democratici eletti a Capitol Hill e di quelli residenti negli USA.
L’unica speranza per il premier israeliano è nell’interesse degli Stati
Uniti nel bloccare il processo di arricchimento dell’uranio in Iran,
dunque una comunione di intenti che potrebbe prescindere dai rapporti
politici dei due Stati, ma la decisione di Barak Obama di non ricevere
Netanyahu, dopo il suo intervento al Congresso, si trasforma in una
crisi diplomatica fra le due Nazioni. Le relazioni fra i due popoli, si
sono inasprite da poco tempo, infatti, la collaborazione soprattutto a
livello della Difesa, è rimasto attivo sino a questa iniziativa di John
Boehner di invitare il premier israeliano al Congresso USA.

L’ultima
cooperazione fra Stati Uniti ed Israele, è nella messa a punto del
sistema d’arma Iron Dome, che ha garantito la copertura
anti-missilistica delle città israeliane, ed inoltre, la Nazione Ebraica
aveva già ottenuto di essere l’unico Paese del Vicino Oriente a
ricevere il caccia F-35, il quale sembra aver raggiunto un soddisfacente
livello di operatività.

L’eoocentrismo si sta allargando a nuovi partner: la Russia è
riuscita a coinvolgere l’Egitto nel progetto di formalizzare gli scambi
economici in rubli
, al posto del dollaro. Le transazioni saranno
effettuate attraverso le rispettive Banche Centrali. Una dinamica non
limitata al militare ed agli scambi valutari in genere, ma che
coinvolgerà altri settori come il commercio, il turismo e le
infrastrutture
. L’obiettivo, è quello di tramutare in rubli le attuali
transazioni, pari a 4 miliardi di dollari che intercorrono tra Russia ed
Egitto, con la previsione di elevarli a 10 all’anno. L’indebolimento
della valuta russa, potrebbe registrare una inversione di tendenza
grazie al turismo verso l’Egitto, infatti, quest’ultimo ha cominciato ad
accettare pagamenti in rubli per i pacchetti di viaggio, ed in prossimo
futuro, il rublo potrebbe essere usato dal Cairo per acquistare merci
da Mosca. In ogni caso, il settore di scambio più florido rimane quello
della Difesa: nel 2014, la Russia ha venduto sistemi d’arma per un
valore stimato a 3,5 miliardi di dollari.

Dunque, gli Stati Uniti, hanno
perso la partnership dell’Egitto a seguito delle relazioni dei Servizi,
i quali determinano che i Fratelli Musulmani sono ancora attivi nella
politica interna egiziana, e questo potrebbe ingenerare disordini dalle
risultanze non favorevoli all’Occidente. Al contrario, le relazioni fra
Egitto e Russia non hanno subito tali interferenze, ed anzi si sono
accresciute a pari titolo negli accordi bilaterali.

Le alleanze fra paesi asiatici e del Vicino Oriente si stanno
allargando alle nazioni africane che si affacciano sul Mediterraneo, e
potrebbero creare un’area geografica di opposizione ben delineata agli
interessi dell’Occidente
.

Una sorta di blocco geostrategico che
renderebbe necessario un nuovo disegno politico ed economico degli Stati
Uniti ed Unione Europea per fronteggiare la sicura perdita di influenza
globale che andrebbero ad accusare.

Bibliografia:


Redazione, “Accordo Russia Egitto per effettuare transazioni in rubli”. Sito Aurora, 2015.


Derek Chollet, “US Israel relationship”. Defence One, 2015.


Pavel Lisitsyn e Sergej Guneev, “Russia – Iran military cooperation”. Sputnik News, 2015.


Redazione, “Russi e iraniani in Siria, tra radar e spionaggio”. The Fielder, 2015.

Fonte: http://www.conflittiestrategie.it/economia-e-sigint-come-basi-per-le-nuove-cooperazioni-di-g-caprara.

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