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Polo Nord, il Polo caldo

Tra chi prevede un rapido scioglimento di tutti i ghiacci e chi ordina mega esercitazioni militari, tutto è pronto per l’Eldorado artico. Con rischi immensi.

Polo Nord, il Polo caldo
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19 Marzo 2015 - 22.43


ATF

di
Michele Manfrin
.

Si fa sempre più
grande l”interesse di molte nazioni nei riguardi della parte più a nord
dell”emisfero australe. Questo accade per il disfacimento e cambiamento dell’ecosistema polare, per lo sfruttamento di risorse estrattive e
per interessi geo-strategici.

Con il passare del
tempo, luoghi inaccessibili lo divengono sempre meno: i ghiacci si sciolgono e
le terre diventano più praticabili e i mari molto più facilmente navigabili.
L”estate passata ha segnato il record
negativo dell”estensione dei ghiacci
.

L’Omm (Organizzazione meteorologica
mondiale), agenzia specializzata delle Nazioni Unite, ha dichiarato che la loro
estensione è stata del 49% in meno rispetto alla media delle minime del periodo
1979-2000. Un dato inquietante, dichiara il Segretario
generale dell”Omm, Michel Jarraud, reso ancor più tale, dalle parole dello
scienziato Carlos Duarte che ha denunciato
come i ghiacci dell”Artico si stiano sciogliendo ad un ritmo più rapido di
quanto previsto dai modelli convenzionali sul clima, tanto da rischiare la sua quasi completa
dissoluzione già nell”estate 2015
. I rischi derivanti da tale situazione
sono molteplici, sia a livello locale che globale, e di dimensioni che possono
essere catastrofiche. Tanto che il presidente USA, Barack Obama, nei giorni passati, ha convocato un vertice alla Casa Bianca proprio per
discutere della situazione artica, riunendo lo scienziato capo della Nasa, Gale
Allen, il direttore della Fondazione nazionale della Scienza, Cora Marett, così
come rappresentanti del Dipartimento per la sicurezza nazionale e del
Pentagono, nonché scienziati da varie parti del mondo.

Tra le
cose che preoccupano di più c”è il rapido mutamento e spostamento di flora e
fauna nonché i danni subiti dalle popolazioni locali. Alcuni scienziati
americani hanno definito questa situazione come “la spirale mortale”. Ma
se una faccia della medaglia rappresenta la grande preoccupazione per il clima,
l”ecosistema e l”ambiente in generale, e non solo per gli States,
l”altra faccia è rappresentata dalle strategie di geopolitica e politica
energetica dei vari paesi.

Questo secolo sarà, molto
probabilmente, testimone di una vera e propria corsa per la conquista del Polo
Nord
, dato che adesso saranno più
accessibili le enormi ricchezze fin ora celate dallo strato ghiacciato. Secondo
studi dell”Istituto geologico statunitense, al Polo Nord si nasconde qualcosa
come il 13% dei giacimenti di petrolio, il 30% di gas naturale e il 20% del gas
naturale liquido per un totale del 22%
delle riserve mondiali di idrocarburi
. Per non parlare del fatto che queste
terre e questi fondali marini sono ricchissimi di minerali preziosi. Inutile
dire che gli Stati istitutivi del Consiglio
Artico
(Danimarca, Norvegia, Islanda, Finlandia, Svezia, Russia, Stati
Uniti, Canada), nato nel 1996 come Forum internazionale per la cooperazione
intergovernativa, al fine di garantire alla regione artica uno sviluppo
sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale ed economico, siano
estremamente interessati ai nuovi e possibili scenari. Oltre a loro ci sono i
così detti Stati non artici,
ovvero quei paesi che partecipano al Consiglio Artico in qualità di osservatori
e tra i quali troviamo Gran Bretagna, Germania, Francia, Olanda, Spagna e
Polonia ed ai quali si sono aggiunti in questi giorni (con il summit di Kiruna, in Svezia) Cina,
Giappone, Corea del Sud, Singapore, India, Italia ed Unione Europea.

Al
termine del summit di Kiruna, oltre all”ammissione dei nuovi, è stato siglato
un trattato – giuridicamente vincolante
per tutti gli Stati membri – su un sistema
comune di prevenzione e intervento contro le fuoriuscite di petrolio in mare
,
che in un habitat delicato come quello polare è cosa ancor più seria che
altrove.

Mosca,
dato l”allargamento del Consiglio, tramite il proprio Ministro degli Esteri,
Sergey Lavrov, ha proposto di adottare delle “norme di
comportamento” dei paesi ed organizzazioni osservatori presso il Consiglio
Artico.

Il
Canada che, subentrato alla Svezia, presiederà il Consiglio nei prossimi due
anni, è stato uno di quei paesi che ha sempre frenato sulla possibile
espansione del Consiglio, sostenendo che un aumento del numero dei membri
avrebbe potuto complicare i lavori del “foro” portando l’agenda delle riunioni
lontano dall’Artico reale.

Le popolazioni indigene, che
vengono continuamente messe a margine di qualunque tipo di discussione,
vorrebbero portare la discussione all”interno dell”Onu prospettando per
l”Artico una situazione istituzionalizzata come per l”Antartide, ma fin ora
nulla è accaduto.

Tra i
“nuovi arrivati” la Cina è il paese che preoccupa di più, ed è proprio per
questo che il Canada, assieme agli Stati Uniti, aveva osteggiato il suo
ingresso. La Cina per entrare in questo
“club esclusivo” del Polo Nord, è stato un corteggiatore aggressivo
. Ha
concluso accordi commerciali con
l’Islanda e la Danimarca
così vantaggiosi per i due Stati nordici da averli
resi due convinti filo-cinesi e facendo flettere sulle stesse posizioni gli
altri Paesi nordici, ovvero, Svezia, Norvegia e Finlandia. La Cina, infatti, è
ormai la prima potenza economica mondiale e quindi ha un bisogno sempre più
crescente di energia e materie prime. Il “dragone rosso”, dopo aver dato
l”assalto all”Africa, con quello che potrebbe esser definito il neocolonialismo
di tipo economico, sembra dunque deciso a puntare in maniera forte anche al
Polo Nord e le sue ricchezze.

L”importanza
della regione polare colpisce trasversalmente su più fronti e settori.
Nell”estate 2010, il passaggio a Nord
Est
ha permesso il passaggio di sole 4 navi; la scorsa estate, invece, sono riuscite a passare 35 navi molte delle quali
non erano rompighiaccio
. Inoltre, si prevede che nel giro di qualche anno
il traffico delle navi potrebbe
essere 40 volte superiore. Il
passaggio a Nord Est permette di accorciare notevolmente il tragitto
dall”Europa all”Asia, infatti, da Rotterdam a Shanghai, le navi impiegherebbero
il 22% (una ventina di giorni) in meno di tempo che le occorrerebbe
attraversando il canale di Suez. Risulta quindi cruciale il controllo di questa “via” e, per questo, la Russia ne rivendica la sovranità come il Canada rivendica la propria
per quanto riguarda il passaggio a Nord Ovest
.

E
sempre per tale importanza molti paesi, Stati Uniti in testa, contestano tale
pretesa considerando i passaggi come stretti
internazionali
, e dunque, appellandosi alla norma
consuetudinaria di diritto internazionale che prevede, secondo quanto stabilito
dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, il principio del “passaggio in transito”, ovvero, il
passaggio inoffensivo delle navi, sia private che da guerra (non sospendibile),
il passaggio inoffensivo di aeromobili, sia civili che militari e la
possibilità per i sottomarini di navigare in immersione durante
l”attraversamento dello stretto.

E
questo è solo uno dei tanti esempi di come questa importante regione possa far
sorgere nuove controversie di tutti i tipi. Non a caso, da qualche anno, la presenza militare al Polo Nord è
cresciuta in maniera vertiginosa.

Nel
marzo 2012 soldati dell’Alleanza Atlantica sono rimasti diversi giorni nei
territori polari di Norvegia e Svezia, prendendo parte all’esercitazione Exercise
Cold Response 2012. Pù di 16.000 uomini, aerei e navi da
guerra appartenenti agli eserciti di Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Francia,
Svezia e Norvegia, per citare alcune delle nazioni coinvolte, per un totale di
14 membri dell”Alleanza Atlantica. La Nato ha fatto sapere che l’obiettivo di
questa prova era l’addestramento per operazioni militari in caso di conflitto e
possibili “azioni terroristiche”. Addirittura, durante lo svolgimento di questa
immane esercitazione, cinque militari norvegesi sono morti a causa dello
schianto del loro C-130, avvenuto nelle vicinanze del monte svedese Kebnekaise.
Igor Korotchenko, esperto in materia di sicurezza, ha affermato che la Nato
cerca di “mostrare i muscoli” con la volontà di consolidare i suoi disegni
geopolitici e diplomatici attraverso la potenza di fuoco.

La risposta di Mosca non si è fatta
attendere, nell”ultimo anno ha aumentato la presenza dei suoi sommergibili nell”Oceano Artico ed ha
istituito due nuove brigate pronte ad intervenire con rapidità ove richiesto.
Invece, recentemente, gli Stati Uniti hanno posizionato in Alaska sistemi
antimissile, ufficialmente per proteggersi da eventuali attacchi da parte della
Corea del Nord. Con il passare del tempo, il Polo Nord sembra diventare sempre più incandescente sotto tutti i punti di vista. Solo nel
mese di marzo 2015, la Norvegia ha avviato la più grande esercitazione dal
1967, con 5mila soldati schierati, cui è seguita una gigantesca e improvvisa esercitazione ordinata dai vertici russi, con 45mila soldati e
la flotta nord tutta schierata.

Per il
futuro della regione polare sembrano prospettarsi
due strade
che si vorrebbero rendere sovrapponibili ma che difficilmente lo
potranno essere, anzi, paiono portare ad un bivio di cruciale importanza. Pare,
infatti, totalmente inconciliabile
l”interesse a voler cercare di preservare quei luoghi così delicati, per gli
esseri che le abitano e per l”equilibrio climatico ti tutta la Terra, con
quello legato allo sfruttamento delle risorse e alle mire geo-strategiche. 
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