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'Atene, Teheran e le paure dell''Occidente'

'Sullo sfondo di un mondo più multipolare, grandi manovre in paesi di antica civiltà che lottano in modi diversi per la propria indipendenza. L''energia è tema centrale.'

'Atene, Teheran e le paure dell''Occidente'
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30 Giugno 2015 - 22.08


ATF

di
T
alal Khrais e Paola Angelini.

Talal
Salman, veterano del giornalismo arabo, editore e Direttore di uno
dei principali quotidiani storici libanesi, As Safir, ci
spiega bene il Medio Oriente, ma ha un punto di vista ben informato
anche sulla possibile collaborazione tra Grecia e Russia, i cui
rispettivi leader Alexis Tsipras e Putin si sono incontrati per
trovare un modo di collaborare. Il governo greco ha pronto il piano
che include cooperazioni nei settori dell’energia, degli
investimenti, del commercio, del turismo e dell’agricoltura. Anche
se sappiamo bene, in questi giorni che precedono il referendum greco,
dove si sono impantanate per Atene le trattative con l’Unione
europea in vista dello sblocco della nuova tranche di aiuti da 7,2
miliardi. Leggendo il caso greco all”interno di un brulicare di nuove
collaborazioni multipolari, Salman ci fa sollevare lo sguardo in
chiave geopolitica.

Salman
ci illustra in particolare gli scenari internazionali che vedono
coinvolti i rapporti tra gli Stati Uniti, gli altri paesi occidentali
e la Repubblica Islamica dell”Iran. Quest’ultima, nonostante le
pesanti sanzioni economiche, sta diventando una superpotenza
regionale. Non solo, sembra possibile un avvicinamento politico ed
economico alla Russia. Ovunque, da Atene a Teheran, aleggiano i
timori occidentali rispetto alle possibili alleanze che fanno perno
sul nuovo ruolo di Mosca. Fra tutte le ipotesi, la più temuta è una
saldatura Russia-Iran-Cina, che potrebbe rafforzarsi se si
risolvessero le altre crisi.

Nel
frattempo Israele assiste. Come? Dopo la guerra del 2006 non sembra
più la potenza che decide guerra e pace nella regione mediorientale.
Il Ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius in conferenza
stampa a Gerusalemme, ospite del premier Benjamin Netanyahu si è
espresso con queste parole: «se ci saranno accordi con l’Iran,
dovranno essere verificati».

Adnan
al Haj, uno dei massimi esperti dei rapporti economici tra gli Stati
nell’area, ci spiega che l’Iran in un prossimo futuro spera di
diventare il secondo produttore di gas al mondo e lavora per
aumentare la produzione di gas del 71% entro il 2025. Hamid Reza
Araqi, AD della Società nazionale del gas iraniana ha rivelato che
si punta ad un miliardo di metri cubi (bcm) al giorno. Il gas
iraniano ha un grande peso per l’economia della Turchia, dell’Iraq
e l’Afghanistan. Con sistemi distributivi più vasti può crescere
il peso anche per l”economia europea e in aree più grandi dell”Asia.
Basta guardare la cartina, per vedere che dall”Iran alla Grecia si
attraversa appena un paese, la Turchia, e comprendere così che le
complicate manovre geopolitiche che oggi si sviluppano ad Atene e a
Teheran hanno nessi insospettabilmente ravvicinati, perfino senza
scomodare la Storia antica dei Greci e dei Persiani.

Lo
chiamano il “gasdotto della pace”, ne parlano dal 1989 ed è un
progetto temerario che dovrebbe rifornire il Pakistan di gas
iraniano, un collegamento di 2.100 chilometri tra Teheran e Karachi,
la più importante città industriale pakistana, bagnata dal Mar
Arabico. Cooperazione tra i due paesi destinata ad aumentare in
futuro, perché il Pakistan è in perenne carenza di energia ed è
territorio utile per i transiti.

È
in fase di studio un interessante progetto per la costruzione di un
oleodotto che colleghi la capitale iraniana con la moderna Islamabad.
E la Cina? È interessata al programma, visto che sta puntando a
tante nuove Vie della Seta.

Su
pressione della Guida Suprema iraniana Ayatollah Seyed Ali Khamenei,
lo scorso 21 giugno, il Parlamento iraniano ha approvato un disegno
di legge che impedisce l’ispezione dei siti militari da parte di
organismi internazionali, in particolare quello di Parchin, a pochi
chilometri dalla capitale. Khamenei ha ribadito che la maggioranza
delle sanzioni dovranno essere cancellate prima che Teheran smantelli
le infrastrutture. Davvero delicato, l’incarico per il Ministro
degli Esteri, Mohammad Javad Zarif, nel negoziare l’intesa sul
nucleare. Auspica di trovare un accordo per sviluppare un programma
nucleare a scopo civile, in cambio della revoca delle sanzioni che da
anni recano danno all’economia iraniana.

Il
Presidente Hassan Rouhani – che ha conservato anche nella sua alta
carica attuale le caratteristiche di diplomatico sperimentato che
conosce bene la politica estera e le doti necessarie a un negoziatore
– potrà agevolare, forse, i rapporti con i membri permanenti del
Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Uno dei punti forti della
sua politica sembra essere la moderazione. Promette trasparenza e
riallaccia i rapporti con gli Stati Uniti di America, particolarmente
difficili durante gli anni di Mahmoud Ahmadinejad.

Curiosa,
la storia del nucleare iraniano. Il percorso si inaugura nel 1957 con
il Presidente USA Dwight Eisenhower che dona un piccolo reattore
nucleare allo Scià Reza Pahlavi per sviluppare energia nucleare
civile. L’Iran era una potenza mondiale in ascesa, una forza della
Regione cui non poteva mancare – come simbolo di potere e progresso –
un programma nucleare. Lo Scià prova ad entrare nel gruppo degli
Stati moderni con idee di predominio regionale, firmando il Trattato
di non proliferazione, e – nel 1974 – gli Accordi di salvaguardia con
l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea).

Tutto
cambia con la rivoluzione islamica del 1979.

Le
preoccupazioni sul programma del nucleare iraniano ruotano intorno
alla lavorazione di uno dei minerali con cui si può costruire la
bomba: l’uranio. L’arricchimento è un processo che prevede varie
fasi e per capire i dettagli dello sviluppo è utile chiarire che
“arricchimento” è un termine fuorviante, perché all’uranio
non si aggiunge nulla, ma si separano le particelle inutili da quelle
preziose. Dalle miniere esce uranio che viene trasformato in un gas,
l’esafluoruro di uranio (UF6), il quale contiene due tipi di
isotopi U-238 (quello “inutile”, e l’U235 (quello “utile”).

Per
ottenere energia o bombe si deve lavorare sull”U235 che rappresenta
solo lo 0,7% del gas, 7 ogni 1000 atomi di uranio. Per fare una bomba
serve produrre uranio “arricchito”, costruire una testata,
disporla su un vettore testato e affidabile, replicare questo
processo per tanti missili nucleari, perché è un arsenale, non una
sola bomba, a cambiare le equazioni strategiche, senza mai
dimenticare, però, gli effetti devastanti di quel 6 agosto 1945 a
Hiroshima.

Perché
dunque l’Iran vuole il nucleare?

Probabilmente
perché ha bisogno di energia: pur essendo produttore ed esportatore
di petrolio, non ha capacità di raffinazione sufficienti per
soddisfare il suo fabbisogno energetico. Per diversificare la
bilancia energetica e per contare sul panorama mediorientale,
rivendicando iniziative strategiche regionali e commerciali dalle
quali il paese è escluso.

I
siti principali del programma nucleare iraniano si trovano a Natanz,
principale centro di arricchimento dell’uranio. La tecnologia che
usa può arricchire l’uranio ben al di sopra del 20%. Fordow,
centro di arricchimento costruito all’interno di una montagna per
proteggerlo da eventuali attacchi aerei, è vicino alla città santa
sciita di Qom. Poi cӏ Bushehr, un sito che risale al 1974: in
questa località la Russia ha completato l’impianto nel 2010, il
reattore è in funzione. Altri luoghi chiave: Gachin, una miniera di
uranio; Isfanhan, che ospita quattro piccoli reattori di fornitura
cinese e dove sembra sia stato costruito un impianto di conversione
dell’uranio in combustibile. L’AIEA sospetta un duplice utilizzo
di questo impianto in quanto sembrerebbe in grado di produrre anche
uranio in forma metallica, impiegato nel nocciolo delle bombe
nucleari. Infine, Parchin è uno dei principali depositi di armi,
mentre Arak, è un reattore ad acqua pesante, usato per controllare
le fasi della produzione di plutonio.

L’uranio
dovrebbe servire per produrre energia e per soli scopi medici.

Le
implicazioni militari dirette sono escluse. Ma il nucleare gioca
comunque un ruolo, in modi insieme diversi e simili a quelli dei
tempi di Eisenhower, per disegnare lo status della potenza, in
raccordo a tutte le strategie energetiche.

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