Palmira e Qalamoun. Due facce della guerra siriana | Megachip
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Palmira e Qalamoun. Due facce della guerra siriana

'Palmira è dell''ISIS. Cosa accadrà ora alla Siria?
Analizziamo due eventi importanti, una sconfitta e una vittoria, accaduti nel giro di pochi giorni [Pino Cabras]'

Palmira e Qalamoun. Due facce della guerra siriana
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21 Maggio 2015 - 19.11


ATF

di Pino Cabras.

La
città siriana di Palmira è dunque caduta in mano all”ISIS. Non osiamo pensare
alla sorte di uno dei siti archeologici più importanti del mondo. È una notizia
pessima, che illustra il livello di barbarie che hanno voluto
accettare le capitali occidentali quando in questi anni hanno puntato contro
Assad la loro irresponsabile scommessa. E ancora continuano a farlo, a dispetto
dello scenario ufficiale, la Coalizione che combatte l’ISIS (come no?).

Il 28
maggio, in quel di Olbia, al presidente del Consiglio Matteo Renzi come al
solito non mancherà una faccia tosta d’occasione, quando inaugurerà un mega
ospedale su cui ha investito la Qatar
Foundation, il fondo di un regime che finanzia gli jihadisti che gli ospedali invece
li bombardano: in Siria, in Libia e in altre terre martoriate. Siamo tutti in
buone mani, non c’è che dire.

Ma la
domanda più impellente è: cosa accadrà
ora alla Siria?

Per
provare a capirlo, proponiamo qui la lettura di due articoli che analizzano due eventi importanti, una sconfitta e
una vittoria, accaduti nel giro di pochi giorni alle forze armate di Damasco.

La sconfitta – importante – riguarda
appunto Palmira.

La vittoria – ugualmente importante –
riguarda l’area di Qalamoun, al
confine con il Libano. Quanto pesano, la vittoria e la sconfitta?

Se osserviamo
la cartina, questa ci racconta che sul terreno si sta alla fine disegnando davvero quel “
Rimodellamento del Medio Oriente”
lungo nuove frontiere, fortemente voluto da importanti settori delle classi
dirigenti anglosassoni e israeliane, oltre che dalle petromonarchie del Golfo e
– con una partita tutta sua – dalla Turchia. La coperta nera dello Stato
Islamico avvolge oramai gran parte dell’Est della Siria (meno popolato, ma
ricco di giacimenti di idrocarburi).

Ad
Ovest, con il contributo importantissimo degli Hezbollah libanesi – impegnati nel
compito strategico per loro vitale di mettere al sicuro il confine del Libano –
si crea di fatto uno Stato diverso da quello conosciuto prima di questa guerra.
Chi oltre confine aveva progettato il “Rimodellamento” si proponeva di ridurre
la sovranità di Damasco ad appena il 30% del vecchio territorio. Damasco e gli
alleati di Teheran ovviamente non ci stanno, e anche questo peserà negli
accordi del 30 giugno – sempre che giungano a conclusione – fra Iran e USA.
Nella migliore delle ipotesi, il prezzo della pace in Siria potrebbe essere –
come ipotizza Thierry Meyssan
– «l”impossibilità di sfruttarne il gas per finanziare la sua ricostruzione».

Le ipotesi peggiori virano invece sulla guerra. E sono scenari dagli esiti
imprevedibili.

Intanto,
buona lettura.

_____________________________________

I nostri amici dello Stato Islamico

di Gianandrea Gaiani.

analisidifesa.it

L’avanzata
delle milizie dello Stato Islamico in Iraq e Siria rappresenta la migliore
conferma della finta guerra che arabi e occidentali stanno conducendo contro il
Califfato. A dispetto dell’annunciato grave ferimento di Abu Bakr al-Baghdadi e
dell’uccisione del numero due al-Afri e del “ministro del petrolio” Abu Sayyaf
i soldati del Califfo hanno strappato alle truppe irachene il controllo di
Ramadi a poche decine di chilometri da Baghdad costringendo a ripiegare in
fretta e furia anche i consiglieri militari americani che affiancavano i
soldati di Baghdad.

In
Siria solo la determinazione delle truppe di Bashar Assad ha consentito fino a
ieri di respingere i miliziani jihadisti dall’oasi di Palmira che ospita
suggestive rovine romane nel deserto e un sito archeologico tra i più
importanti del Medio Oriente.

Da
un anno in Occidente ci si straccia le vesti per ogni vestigia dell’antichità
demolita da jihadisti dello Stato Islamico ma ciò nonostante nessuno aiuta le
forze regolari siriane ad abbattere un nemico spietato che decapita i nemici
come le statue romane nella furia di abbattere ciò che non risponde
all’ortodossia islamica sunnita. Dove sono i bombardieri alleati, i Tornado
disarmati italiani?

Continuiamo
a inorridire per le stragi di cristiani, curdi e yazidi eppure non muoviamo un
dito per difendere Damasco il cui regime sarà certo poco incline alla
democrazia ma ha sempre rispettato e tutelato le minoranze.

Quegli
stessi italiani ed europei incapaci di difendere i propri confini dagli
immigrati clandestini fanno oggi parte di una Coalizione che dice di combattere
il Califfato ma sostiene gli islamisti. Una Coalizione che invece di difendere
i cristiani, le altre minoranze e i siti archeologici continua ad aiutare,
direttamente o indirettamente, gli jihadisti sunniti.

Ieri
lo Stato islamico ha sfondato le linee dell’esercito siriano a Palmira dove si
combatte a pochi chilometri dalle spettacolari rovine romane patrimonio
dell’Unesco. Centinaia di civili sono in fuga, l’ospedale è stato evacuato, e
si è combattuto furiosamente nei pressi dell’aeroporto. Questa mattina la città
era completamente nelle mani dello Stato Islamico le cui milizie controllano
ormai la metà del territorio siriano.

Mentre
dal sito archeologico, ha annunciato il direttore del Dipartimento delle
antichità siriano, sono state rimosse centinaia di statue e di preziosi
reperti: il timore ovviamente è che gli jihadisti le riducano in polvere, come
hanno fatto a Ninive, Hatra e Nimrud, arrivando ad usare i bulldozer per radere
al suolo le rovine. Tutti preoccupati in Occidente ma nessuno che intervenga
anche solo per dire che le forze di Damasco vanno aiutate perché sono l’unica
alternativa alla furia islamica del Califfato.

Invece
350 consiglieri militari americani hanno iniziato da pochi giorni ad addestrare
in Turchia e Giordania 4 mila ribelli siriani accuratamente selezionati da
turchi, sauditi e qatarini, cioè gli sponsor dello Stato Islamico oggi
sostenitori della nuova alleanza islamista che a fine marzo prese il controllo
di Idlib, nel nord della Siria. Si tratta dell’Esercito della Conquista 
(Jaish al-Fatah) composta da un ampio ventaglio di milizie islamiche; salafiti,
Fratelli Musulmani e gli uomini di al-Qaeda del Fronte al-Nusra.

Non
c’è lo Stato Islamico ma solo per motivi di opportunità e che si limita a
combattere sul fronte occidentale senza interferire con gli altri gruppi
ideologicamente a lui simili.

La
nascita dell’Esercito della Conquista sembra indicare che sauditi e Qatar hanno
trovato un’intesa nel nome dell’obiettivo comune di abbattere lo sciita laico
Bashar Assad. Il programma prevede di addestrare 5 mila miliziani in 3 anni al
costo (paga il Pentagono) di complessivi 1,5 miliardi di dollari.

Da
più parti si parla di un accordo tra Turchia, Qatar e Arabia Saudita teso a far
cadere Bashar Assad non certo a combattere lo Stato Islamico e ad Ankara
l’opposizione denuncia da tempo le forniture di armi attuate dal governo ai
miliziani islamisti in Siria.

Quanto
a noi europei solo una politica acefala e suicida poteva portarci ad essere di
fatto alleati di qaedisti e salafiti determinati a imporre la sharia a Damasco.
A Washington ci vogliono pure convincere che i nuovi miliziani combatteranno lo
Stato Islamico ma nessuno riesce a spiegare come si può combattere il Califfo
indebolendo l’esercito siriano, l’unico avversario insieme ai curdi capace di
tenere testa agli uomini di al-Baghdadi.

Esclusivo: viaggio sulle montagne del Qalamoun al confine tra
Siria e Libano

di Talal Khrais.

assadakah.it.

Quattro
ore di diffi
cile viaggio, organizzato da Hezbollah per i reporter
locali e stranieri dopo aver bonificato e assicurato le strade. Quattro ore per
fare circa 100 km, percorrendo con piccoli mezzi blindati zone aride e
rocciose.

Lungo
la strada macchine distrutte e motociclette abbandonate dagli jihadisti. Ma le
diffi
coltà del viaggio vengono dimenticate quando si
arriva a destinazione, sulle cime più alte che
no a qualche giorno prima
erano sotto controllo dei miliziani dell’ISIS e di Jabhat al-Nusra e che oggi
sono state liberate.

Hezbollah ha
dichiarato
che in una
settimana di combattimenti ha liberato, insieme all’esercito siriano, circa 850
kilometri quadrati di territorio
.

Il
convoglio di giornalisti è parto dal villaggio di Brital sul con
ne
libanese del Qalamoun senza dover prendere particolari precauzioni per
l’incolumità
sica,
poich̩ Рcome detto Рle strade erano state prima bonificate. I combattenti di
Hezbollah non hanno compiuto alcuno scempio di cadaveri, ma hanno seppellito i
corpi dei nemici così come richiede la religione islamica, ovvero il rispetto
dei morti. In soli due giorni sono state seppellite decine e decine di
cadaveri.

Ai
giornalisti sono stati mostrati i depositi con rifornimenti di armi e munizioni
fornite dai paesi del Golfo, cannocchiali infrarossi forniti da Israele, oltre
a tanti medicinali, abbandonati dagli jihadisti in fuga.

Al
momento si può dire che Hezbollah e l’esercito siriano controllano la totalità
della catena di montagne chiamata El Barrouh, sul lato del con
ne
siriano, che si trova a circa 2.450 metri di altitudine e occupa una superficie
di 20 kilometri quadrati. Questa postazione strategica era il più importante
obbiettivo sia per Hezbollah che per l’esercito siriano.

Dopo
aver visitato El Barrouh, la delegazione ha dovuto viaggiare altre due ore per
raggiungere il passaggio che collega la zona strategica di Ras El Maara alle
zone rurali di Nahlé, lungo il territorio del con
ne
libanese e precisamente dove si trovano i villaggi sciiti che erano minacciati
da Jabhat al-Nusra. La maggior parte di Ras El Maara e la sua area rurale sono
state liberate dall’esercito siriano. Un comandante siriano racconta che la
maggiore parte delle bande armate sono state eliminate o si sono date alla
fuga.

Attualmente
ci sono sacche di bande armate dell’ISIS e di Jabhat al-Nusra concentrate nelle
zone rurali di Arsal. Prima della riconquista del territorio da parte dei combattenti
libanesi e siriani, gli jihadisti occupavano circa 1000 kilometri quadrati di
territorio, oggi ne restano sotto occupazione circa 280.

Grazie
a queste ultime azioni militari, due punti di collegamento fondamentali sono
completamente garantiti, ovvero la famosa strada che collega Beirut a Damasco e
il passaggio tra Homs e Damasco.

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