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Sul fronte con i combattenti di Hezbollah

'A Zabadani, i tagliagole jihadisti sono assediati dall''Esercito Siriano e da Hezbollah. ''La nostra storia lo testimonia: non perdiamo perché lottiamo per la giustizia''.'

Sul fronte con i combattenti di Hezbollah
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13 Settembre 2015 - 20.07


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di
Talal Khrais
.

ZABADANI (Siria) – «Andare sulla linea del
fuoco è molto pericoloso, i terroristi di Ahrar al-Sham e Al-Nusra non fanno
distinzioni tra giornalisti e militari, non posso prendere questa
responsabilità. Non createci problemi, con l’Italia siamo in buoni rapporti».
Sono le parole di Haj Ali, responsabile dell’operazione militare nel Qalamoun,
dove siamo arrivati stamattina, proprio nella Bekaa, nelle vicinanza di Nabi
Shit. Il villaggio sciita si trova a 12 Km dalla linea del fuoco, ma tutta
l’area è considerata zona ad alto rischio in quanto zona di operazioni
militari. Ritornare indietro è per noi una delusione. Arrivano i colleghi del
canale televisivo Al Manar, ci conoscono, abbiamo passato diverse avventure
insieme.

Ritorniamo insieme da Haj Ali.  Â«Non pensa che qualcuno debba raccontare i
fatti, cioè le ragioni del vostro intervento in Siria?», proviamo a dirgli.
Senza risponderci, si rivolge ai colleghi di Al Manar, sono tutti reporter
militari. «Prendetevi cura di loro». Poi si rivolge a noi: «lasciate la vostra macchina
qui: non è adatta per un viaggio di questo tipo». Sono in mezzo alla squadra
degli unici giornalisti europei che entrano in questo momento, per fortuna
abbiamo trovato i colleghi di Al Manar.

Cinque chilometri di percorso sembrano
lunghissimi perché non esistono strade, ma solo passaggi costruiti per uso
militare. Ovunque sventolano le bandiere gialle di Hezbollah, nelle zone
liberate prima occupate dalle bande armate. Quando le Tv occidentali ritrasmettono
i video prodotti dall’ISIS in molti rimangono colpiti dalla loro spavalderia,
sembrano forti. Qui l”impressione è diversa. «Quando i terroristi vedono le
bandiere gialle sanno che è la loro fine, prima che le battaglie comincino
molti rinunciano» sottolinea un nostro accompagnatore. Il collega Nabile, un
cameraman di guerra, lo dice sorridendo: «dove c’è Hezbollah c’è la vittoria. La
nostra storia lo testimonia: non perdiamo perché lottiamo per la giustizia.»
Prima di finire di parlare arriviamo sulla seconda linea. Qui dobbiamo stare
con i combattenti di seconda linea, mentre i colleghi di Al Manar proseguono:
loro sono corrispondenti militari e devono stare in prima linea.

I reporter europei vogliono capire
veramente le ragioni che hanno spinto Hezbollah a combattere a fianco
dell’Esercito Siriano.

Vediamo visi giovani, tutti ragazzi tra i 18
e i 24 anni felici di essere al fronte. Nessuno pronuncia il suo vero nome. Rivolgiamo
la domanda al comandante Yasser. Risponde scandendo bene le parole: «Guardate
che non solo noi siamo schierati a fianco dell’Esercito siriano. Come potete
notare c”è la Russia in campo, oltre all’Iran, alla Cina e a tanti altri
volontari che arrivano dai Paesi arabi. Siamo di fronte a un terrorismo mai
conosciuto. Stiamo combattendo qui perché il Libano era il loro secondo
obbiettivo e nessun altro Paese vuole scendere in campo per combattere questi
elementi.»

Cosa pensa dei raid della coalizione
guidata dagli Stati Uniti?

Yasser controbatte: «Lo chiedo io a voi: un
anno di raid a cosa sono serviti? Cosa hanno ottenuto? Ve lo dico io: dove
bombarda la coalizione nel nord della Siria, l”Isis e gli altri movimenti
terroristici si allargano sempre più.»

Ahmed, un giovane combattente, continua: «Non
abbiamo nessuna ambiguità e non nascondiamo il fatto di essere schierati al
fianco del Presidente Bashar al Assad. Questa è una nostra
scelta espressa da al-Sayyed Hassan Nasrallah
.» Ricordiamo cosa ha detto
all’inizio dell’anno il leader carismatico di Hezbollah: «Stiamo affrontando
una fase interamente nuova,iniziata recentemente. Una nuova fase per
salvaguardare la resistenza e proteggere le sue retroguardie e salvaguardare il
Libano proteggendo le spalle. Questa è la responsabilità di tutti noi».

Ci rivolgiamo a un gruppo di riservisti.
Glielo diciamo con spietata verità: «ragazzi, la vostra scommessa è rischiosa.
Un centinaio di vostri combattenti sono già caduti in Siria e, vista la
violenza di questo conflitto,il numero delle sue vittime potrebbe aumentare,
non ci pensate?»

Il giovane Jamil risponde per tutti: «non
possiamo permettere loro di venire nel nostro Paese, è più facile combattere
qui che fargli occupare il nostro Paese, loro non hanno pietà. Preferiamo
combattere e morire qui come eroi che vedere le nostre famiglie uccise a sangue
freddo.» I giovani nel pieno della loro vitalità che si trovano a dover
combattere la barbarie e a guardarla da vicino finiscono per cadenzare, in ogni
epoca, parole e canzoni che descrivono nello stesso modo la fragile barriera tra
la vita e la morte, con una prontezza al sacrificio che stride con la loro età.

A Zabadani non ci sono più combattimenti
pesanti. I terroristi stanno trattando la resa ma ogni tanto lanciano dei razzi.
E nelle loro sortite subiscono perdite che li indeboliscono di ora in ora. Un
comandante si rivolge a noi: «ora dovete ritornare. Sarete accompagnati da un
mezzo militare sicuro.»
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