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'Cosa stabilisce la risoluzione ONU sull''ISIS?'

La risoluzione 2249 non autorizza a usare la forza in Iraq e Siria ma invita gli Stati ad adottare ogni misura necessaria: conferisce legittimità alle azioni già intraprese.

'Cosa stabilisce la risoluzione ONU sull''ISIS?'
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26 Novembre 2015 - 22.31


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La risoluzione 2249 non contiene autorizzazioni all’uso della forza in
Iraq e in Siria ma invita gli Stati ad adottare ogni misura necessaria:
un mezzo per conferire legittimità alle azioni militari sul territorio
siriano intraprese da Stati che sono anche membri permanenti del
Consiglio.

di Vito Todeschini.

A distanza di
una settimana dagli attentati di Parigi, il Consiglio di Sicurezza delle
Nazioni Unite (Csnu) ha adottato la risoluzione 2249 (2015) sulla lotta
all’Isis
, noto anche come Stato Islamico o Daesh. L’obiettivo di tale
risoluzione, che non prevede un’autorizzazione all’uso della forza, sembra
essere quello di fornire legittimità politica alle operazioni militari che vari
Stati stanno già conducendo in Siria.

                    

“Una minaccia globale e senza
precedenti”

In generale le
risoluzioni del Csnu si suddividono in due parti. Il preambolo introduce il
contesto politico e giuridico alla base della risoluzione; i paragrafi
operativi, invece, stabiliscono le misure che il Csnu raccomanda o ordina agli
Stati di adottare. Nella parte operativa sono inoltre incluse eventuali misure
coercitive adottate dal Consiglio in base al sistema di sicurezza collettivo
stabilito dal Capitolo VII della Carta Onu, come ad esempio embarghi, congelamenti
di fondi, segnalazioni alla Corte Penale Internazionale, nonché autorizzazioni
all’uso della forza contro Stati o gruppi armati.

Nel preambolo
della risoluzione sull’Isis il Csnu afferma, come da prassi consolidata, che
“il terrorismo in tutte le sue forme e manifestazioni costituisce una delle
minacce più gravi alla pace e alla sicurezza internazionali” (1). Il
Consiglio afferma
inoltre che l’Isis costituisce “una minaccia globale e
senza precedenti alla pace e alla sicurezza internazionali”, confermando la
propria determinazione a combattere tale organizzazione “con ogni mezzo”
.
Normalmente queste formule fungono da premessa all’adozione di misure
coercitive implicanti o meno l’uso della forza. L’esistenza di una “minaccia
alla pace e alla sicurezza internazionali” è infatti la condizione necessaria
ai sensi dell’articolo 39 della Carta Onu perché il Csnu possa adottare tali
misure.

Nella
risoluzione 2249 sulla lotta all’Isis, tuttavia, ciò non avviene. Nella sezione
operativa il Csnu si limita a condannare vari attentati terroristici avvenuti
nell’arco del 2015 ‒ a Sousse, ad Ankara, nel Sinai, a Beirut e a Parigi ‒ e ad
esprimere il proprio supporto agli Stati in cui gli attacchi hanno avuto luogo,
ai cittadini di questi ultimi nonché alle vittime. Il Consiglio condanna
inoltre le violazioni sistematiche e diffuse dei diritti umani e del diritto
internazionale umanitario commesse dall’Isis contro civili, minoranze e siti di
valore culturale, richiedendo che gli autori di questi crimini vengano perseguiti
e puniti.
Il Csnu infine sollecita gli Stati a rafforzare l’azione di
prevenzione e repressone dell’afflusso dei cosiddetti combattenti terroristi
stranieri verso la Siria e l’Iraq e del finanziamento del terrorismo.

L’uso della forza contro l’Isis

Come già
accennato la risoluzione sulla lotta all’Isis non contiene autorizzazioni
all’uso della forza in Iraq e in Siria
. Tuttavia nel paragrafo operativo
numero 5 il Consiglio invita gli Stati che ne abbiano la capacità ad adottare
ogni misura necessaria, nel rispetto del diritto internazionale, finalizzata a
prevenire e sopprimere gli atti terroristici commessi dall’Isis e da ogni altra
organizzazione terroristica, inclusi al-Nusra e i vari gruppi affiliati ad
al-Qaida, e ad eliminarne le roccaforti in Iraq e Siria.

La formula
“ogni misura necessaria” è normalmente utilizzata dal Csnu per autorizzare
l’uso della forza contro Stati o gruppi armati; tuttavia la risoluzione non
fornisce una tale autorizzazione. Secondo alcuni studiosi di diritto
internazionale tale paragrafo non è che un mezzo per conferire legittimità alle
azioni militari sul territorio siriano intraprese da vari Stati contro l’Isis.
Tra questi vi sono Russia, Usa, Regno Unito e Francia, ossia quattro dei cinque
membri permanenti del Csnu (il quinto è la Cina). Il Consiglio evita quindi di
fornire un’autorizzazione formale all’uso della forza sul territorio siriano, e
lascia che ogni Stato agisca in base alle giustificazioni dell’uso della forza
avanzate sinora. Ma quali sono tali giustificazioni?

La Russia
agisce su invito del governo siriano, il cui consenso vale come base giuridica
per i bombardamenti sia contro l’Isis che contro i ribelli che combattono Assad
, i quali secondo varie fonti costituiscono il vero
bersaglio dell’azione militare russa. La coalizione di Stati occidentali e
arabi guidata dagli Usa agisce in supporto del governo iracheno, il quale già
nel settembre 2014 ha invocato il diritto di legittima difesa collettiva
riconosciuto dall’Articolo 51 della Carta Onu.

L’estensione
delle operazioni militari in territorio siriano viene giustificata in base
all’incapacità o reticenza del governo siriano di prevenire gli attacchi
condotti dall’Isis, una teoria giuridica ancora non del tutto consolidata in
diritto internazionale ma che non sembra essere apertamente condannata come
illegale dalla maggioranza degli Stati.

Va infine
aggiunto che gli attentati contro l’aereo russo nel Sinai e a Parigi
permettono ora alla Russia e alla Francia di invocare a propria volta la
legittima difesa contro l’Isis.
Il fatto che il Csnu abbia definito tali
attentati come “minacce alla pace e alla sicurezza internazionali” conferma che
possono considerarsi “attacchi armati” ai sensi dell’Articolo 51 della Carta
Onu. L’esistenza di un attacco armato costituisce infatti la condizione
necessaria affinché uno Stato possa utilizzare la forza in legittima difesa
contro un altro Stato o un gruppo armato.

Conclusione

La risoluzione
del Csnu sulla lotta all’Isis sembra avere un peso e un significato di
carattere principalmente politico
. Da un punto di vista istituzionale si tratta di una dichiarazione di
condanna di vari attentati attribuiti all’Isis, sebbene al contempo possa
notarsi come tale condanna sia giunta solamente dopo che gli attacchi hanno
colpito il cuore dell’Europa.

La risoluzione
sembra inoltre fornire un sigillo di legittimità politica alle azioni militari
contro l’Isis condotte da vari Stati in territorio siriano. In essa tuttavia
non è presente alcuna autorizzazione all’uso della forza, con la conseguenza
che ai sensi del diritto internazionale ogni azione militare in Siria contro
l’Isis continuerà ad essere intrapresa sulla base di una varietà di
giustificazioni, dal consenso del governo siriano alla legittima difesa
individuale e collettiva, a seconda dello Stato coinvolto.

In tutto ciò,
il perno principale di questa crisi internazionale ‒ il conflitto armato in
Siria e le sue conseguenze negli Stati adiacenti ‒ trova spazio in un solo
paragrafo del preambolo, in cui il Csnu esprime il proprio supporto alle varie
tappe dei negoziati avviati nel 2012.
Se quattro dei cinque membri
permanenti del Consiglio non fossero militarmente impegnati nel conflitto
siriano, ci si potrebbe domandare quanto ancora il principale organo dell’Onu
deputato al mantenimento della pace e della sicurezza internazionali intenda
aspettare prima di trovare una soluzione politica al conflitto siriano che vada
al di là dell’autorizzazione o della legittimazione ad usare la forza armata.

Nena News

*Vito Todeschini
è dottorando in diritto internazionale presso l’Università di Aarhus
(Danimarca) e membro della redazione di Rights!, blog sui diritti umani. Nelle
sue ricerche si occupa di diritto dei conflitti armati, diritti umani, diritto
internazionale penale e uso della forza internazionale. Può essere contattato
all’indirizzo: vitot@law.au.dk

(1) Tutte le
traduzioni sono dell’autore.

Riferimenti

D. Akande,
M. Milanovic, ‘The Constructive Ambiguity of the Security Council’s ISIS
Resolution’;

N. Ronzitti, ‘Il diritto
internazionale e l’intervento contro l’Isis’.

 

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