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Erdogan nei guai?

'Esercitazioni antiterrorismo nel britannico Kent, con tanto di attori e finte amputazioni. A pochi giorni dalla ''vera'' strage di Bruxelles annunciata da Erdogan. '

Erdogan nei guai?
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30 Marzo 2016 - 11.55


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di Maurizio Blondet

 

“Centinaia di ‘cadaveri’ sparsi lungo i treni della metropolitana; 
sette vagoni sono stati sepolti sotto tonnellate di macerie quando un
edificio soprastante è crollato. Un orribile carnaio, è la scena che
appare alle  decine di soccorritori che hanno preso parte alla più
grande esercitazione di pronto soccorso  in Europa”.

E’ il resoconto di un articolo del britannico Daily Mail.
Datato 29 febbraio scorso,  circa un mese prima dell’attentato al metrò
di Bruxelles.  Perché l’esercitazione di cui parla  è  cominciata il 29
febbraio, è durata  quattro giorni, e non in Belgio ma nel Kent, in una
vecchia stazione elettrica sotterranea dove è stata ricostruita la
stazione di Waterloo  del Tube.

Solo dopo questa avvertenza potete guardare le foto che posto qui, 
del terribile incidente  falso. Sono raccapriccianti,  ma sono finte. 
Sono crisis actors truccati per sembrare amputati,  ustionati di terzo
grado, travolti dalle macerie.

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allegri amputati
allegri amputati

Il  lato interessante è che questa esercitazione era
pan-europea:  una settantina di enti di 4 paesi vi hanno preso parte,
fra cui l’Italia,  con 250 e più soccorritori. Le vittime  previste
 nello scenario erano oltre duemila,  altrettanti volontari (a Bruxelles
è andata meglio, dopotutto).  Significativo anche il titolo della
simulazione: EUR – che sta per Exercise Unified Response.

orribile
orribile

Il resto delle foto nell”articolo citato a piè di pagina.

Niente di strano. Non c’è nulla da  vedere, complottisti: è l’EUR che
veglia su di noi, per la nostra sicurezza. Non domandatevi  perché  gli
organizzatori europei hanno voluto immaginare uno scenario di
distruzione e morte così enorme, duemila morti e feriti: sarebbe
indelicato.  E un mese dopo,  accade qualcosa di simile a Bruxelles…
coincidenza. Non c’è niente da vedere. Circolare.

Tutto normale quello che raccontano i media sulla “caccia” ai
terroristi,  tutto vero.  Le certezze sulla cellula terrorista dell’IS 
che ha agito a Parigi prima che Bruxelles, si fanno ogni giorno più
solide. L’uomo col cappellino nero colto dalle telecamere è stato
prontamente identificato in Faysal Cheffou, piccolo giornalista
freelance, e altrettanto prontamente discolpato (ma non rilasciato): non
è lui.  Sicurissimo invece il colpevole algerino arrestato in provincia
di Salerno, su mandato di cattura internazionale: è quello che fornisce
i documenti falsi a tutte le cellule jihadiste.  Non sapeva nemmeno di
essere ricercato, tanto che si è presentato alla nostra polizia a
chiedere il permesso di soggiorno.  Sostiene di non essere un
terrorista,  non si oppone all’estradizione in Belgio: tutto ciò, come
capite, lo inchioda alle sue gravissime responsabilità.

Solo, dispiace un pochino sentire ripetutamente chiamare Salah
Abdeslam  “la mente degli attentati”. La mente? Che tenerezza.  Un
giovanottino che frequentava bar omosessuali. Si, era a Parigi a
novembre, con una cintura esplosiva.  Con  suo fratello maggiore,
Brahim, proprietario del bar Les Béguines a Molenbek, un bar che la
polizia gli aveva appena chiuso per spaccio. Uno a cui piaceva bere,
fumare e dormire, secondo l’ex moglie. Ma Brahim  a novembre, entra in
un bar a Parigi, il Comptoir Voltaire, e la sua  cintura esplode.
Qualche ferito. Lui morto.

Salah Abdeslam, invece, no. Per qualche motivo, capisce quel che è
successo a suo fratello, si toglie  in fretta  la cintura da kamikaze e
corre via con due complici terroristi  (i media dicono che è
lui che ha sparato  alla pizzeria Cosa Nostra),  scappa in auto: dove?
In Siria, dicono i media. Macché: è scappato a casa, terrorizzato, si è
nascosto, fino a quando si è fatto prendere  a Molenbek.  Una “mente”
che non sapeva dove andare,  dove rifugiarsi  se non a casa dei suoi.

Ma tuttavia è importante, Salah. Non per sé, ma perché la sua
cattura, forse involontaria, ha esibito certe smagliature nella
“narrativa” ufficiale ed obbligato certi servizi a correre ai ripari. 
Per esempio, non unitevi troppo  al coro dei media che deridono
“l’incapacità di Bruxelles”, dei suoi servizi e della sua polizia; magari questa incapacità è aggravata dai depistaggi che le polizie e  le
spie dei paesi fratelli  stanno fornendo ai poveri belgi. I greci, i
francesi, persino i turchi avevano già segnalato i terribili terroristi a
Bruxelles, e Bruxelles se n’è fregata. Loro sapevano tutto prima.
 Adesso ci si mette persino l’FBI:  avevamo segnalato agli olandesi la
presenza dei fratelli Bakraoui (uno  kamikaze all”aeroporto, l’altro
in metrò),  ma Bruxelles non ha preso atto. Un particolare che la
polizia di Bruxelles nega assolutamente:  possibile che l’FBI menta?
Ankara ha addirittura rimproverato i belgi: avete ignorato le
informazioni che vi abbiamo trasmesso sul terrorista Ibrahim El Bakraoui
quando l’abbiamo arrestato a giugno  prima della frontiera siriana, per
poi espellerlo in Olanda.

Il Belgio è depistato?

Ma un momento: da quando in qua  Ankara arresta i terroristi e li espelle? Non li manda invece a combattere in Siria contro Assad e contro i curdi?

Forse la campagna sull’incapacità di Bruxelles (“stato fallito”,
addirittura)  serve a giustificare un prossimo   e decisivo 
esautoramento  dello stato belga;  l’ordine pubblico  gli verrà tolto e
 passerà alla NATO, alla UE direttamente? Visto che hanno  lì le sedi?
Del resto il Belgio è stato creato fin dall’inizio  come un artificio,
contro la volontà dei suoi popoli – valloni e  fiamminghi – per “Non”
funzionare;  perché doveva essere la sede della Comunità. Gli “stati
falliti”, si sa, richiedono un intervento umanitario e un regime change. Può essere il primo stato non-stato, l’avanguardia della a-sovranità che estenderanno a tutti noi.

I depistaggi potrebbero anche servire a dissimulare  certi
malaugurati incidenti che accadono a servizi che usano dei guerriglieri,
mercenari e terroristi  â€“ Al Qaeda, Al Nusra, il Califfato, che so – e
poi li  abbandonano. Quelli si sentono traditi e si vendicano, magari
con attentati.

Nel gergo delle spie,   si parla di “blowback”,    qualcosa
come il ritorno di fiamma in un motore, o di un’arma.  I servizi segreti
pakistani, che insieme agli americani hanno letteralmente creato e
indottrinato  i talebani per lanciarli alla conquista dell’Afghanistan
allora sovietico, ne sanno qualcosa. Vedi strage di Lahore.

Facciamo un esempio a caso: il primo ministro francese Laurent
Fabius, nell’agosto 2012, dichiara: “Assad non merita di restare sulla
terra”; e aggiunge: “Al Nusra, sul terreno, fa  un bon boulot”,
 un ottimo lavoro.  Erano i tempi in cui Parigi forniva ad Al Qaeda (Al
Nusra) armi e giovanotti, dalle periferie  francesi e belghe, per
mandarli a combattere Assad. Se la intendeva benissimo con Erdogan: nel
2011, Juppé aveva incontrato Davutoglu e insieme  avevano messo appunto 
il piano per distruggere la Siria, ma con l’accortezza di impedire la
nascita di uno stato curdo a cavallo di Turchia, Irak, Siria.

Secondo Thierry Meyssan, che qui è la nostra fonte, Hollande ha
tradito Erdogan  l’8 febbraio 2015:  quel giorno ha ricevuto all’Eliseo 
il capo dei curdi che Erdogan   detesta, Asya Abdullah, l’uomo di
Ocalan, capo militare del PKK.  I motivi   del voltafaccia sono vari, 
la guerra si trascina,  i curdi stanno vincendo a Kobane contro l’IS,
gli americani  – che non sono favorevoli al progetto Hollande-Erdogan
 â€“  hanno ucciso un francese,  David Drugeon, che comandava la fazione
Khorasan di Al Nusra,  molti   soldati francesi sono stati catturati
dalle truppe di Assad (“ex” legionari, naturalmente) mentre aiutavano i
jihadisti…

Fatto sta che Erdogan comincia a fare la guerra ai suoi curdi
interni e a quelli che si battono in Siria contro Daesh. Secondo
Meyssan, è lui che commissiona a  Daesh l’attentato alla pacifica
manifestazione curda di Suruc, il 20 luglio. Seguono attentati di Daeh o
non di Daesh a Istanbul, e di nuovo contro i curdi. 

Molti paesi europei  cominciano ad averne piene le scatole della
politica francese sulla Siria – che è quella che Parigi ha obbligato
l’Europa a seguire;  l’intervento russo precipita il malumore. Il
governo belga  dimostra il suo malcontento dando asilo politico ad
esponenti curdi di Turchia sgraditi ad Ankara;  al vertice con la
Turchia, dove devono sborsare i tre miliardi da dare ad Erdogan perché
si tenga i profughi (quelli di cui ci ha inondato per dispetto), la
resistenza dei paesi europei diventa evidente. Il vertice ha luogo il
17-18 marzo. Qui, Erdogan dice profetico: “Non  c’è alcuna ragione che
la bomba che è esplosa ad Ankara, non esploda a Bruxelles  o in un’altra
città europea. Lancio un appello agli stati che aprono le braccia e
che, direttamente o indirettamente, sostengono le organizzazioni
terroriste: voi nutrite un  serpente nel vostro letto”.

Quanto è vero, Hollande! Al Qaeda che faceva “un bon boulot” in Siria
per voi,  si sente  abbandonata e tradita, e diventa il serpente che
provoca  attentati a Parigi.   O il serpente che si sente tradito è
Erdogan stesso.  Chissà.

Cambio di regime ad Ankara?

Erdogan aveva di recente dichiarato:  “Gli Stati Uniti devono
scegliere tra la Turchia e le forze curde siriane”.  E Washington ha
perso la pazienza. Quando Erdogan ha abbattuto il Sukhoi russo, ha
interpretato questo atto come un tentativo di forzare la mano alla NATO
perché facesse la guerra di Erdogan in Siria.  Washington non si lascia
forzare la mano. Uno dei risultati è che nella visita di Erdogan in Usa,
cinque giorni e programmata da tempo,   Obama non vedrà il
neo-ottomano. Cambio di programma, che viene con la conclusione che Erdo
è “out of control”, pericoloso, ed urge un regime change  ad Ankara.

E proprio nei giorni scorsi l’implacabile procuratore di Manhattan
Preet Bharara, ha fatto arrestate un miliardario turco,  losco uomo
d’affari ed amico della famiglia Erdogan Reza Zarrab (o Riza Sarraf in
turco: il personaggio è anche iraniano-azero), sospettato di aver
riciclato 2,8 miliardi di dollari per conto della famiglia del
presidente turco.  Violando per giunta l’embargo contro l’Iran.

C’è chi dice che, per questo ed altro, il potere di Erdogan sia agli
sgoccioli. Un indizio può venire da questo fatto: il re Abdallah di
Giordania, in una recente riunione a Washington presso tre commissioni
senatoriali (evidentemente, è di casa),  ha accusato Erdogan di
preparare il jihad in Europa, affollandola di terroristi finti profughi;
di sostenere i gruppi islamisti non solo in Siria e Irak ma anche in
Libia e in Somalia; e avrebbe confermato il coinvolgimento di Erdogan
nel traffico di profughi e in quello del petrolio di Daesh…insomma dando
ragione a Mosca.

Siccome re Abdullah non dice sillaba che non sia suggerita da
Washington o che dispiaccia a Londra, per Erdogan si deve metter davvero
male. La “narrativa” sta cambiando. Presto i media riveleranno la
“verità”: Abdeslam, la mente,  è turco.

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