di Gaetano Colonna.
La determinazione della Cina di diventare una potenza globale si arricchisce di una nuova linea di sviluppo, il Mare Artico, che rappresenta il complemento settentrionale della centrale “via della seta” terrestre e della meridionale “collana di perle” marittima dall’Oceano Pacifico, all’Oceano Indiano, verso Golfo Persico e Africa. Una difficile rotta artica, attraverso lo stretto di Bering, Mar di Siberia, Mar di Kara, Isole Svalbard.
Investimenti cinesi in Groenlandia
Lo dimostrano le recenti notizie sulla disponibilità a sostenere finanziariamente l’ampliamento dei 3 aeroporti (Ilulissat, Nuuk, Quaqortoq) che la Groenlandia vorrebbe attuare nei prossimi anni, allo scopo di accogliere più turisti, da parte appunto del colosso cinese CCCC (China Communications Construction Company) che ha già sottoscritto nel 2017 contratti per oltre 32 miliardi di dollari per la costruzione di infrastrutture oltremare, di cui numerose in Europa, Italia compresa. Non per nulla il movimento turistico dalla Cina alla Groenlandia è passato da 9.500 unità del 2007 a ben 86.000 del 2017: cifre importanti per un paese che, com’è noto, conta poco più di 56mila abitanti, ma che dispone di un territorio di oltre 2 milioni di chilometri quadrati, l’ottanta per cento dei quali coperti dal ghiaccio.
Un enorme spazio che cela al suo interno risorse minerarie importanti, cosa di cui la Cina è ben consapevole, dato che la compagnia cinese Shenghe Resources possiede già il 12,5% del progetto esplorativo sulle terre rare (Rare Earth Elements, REE) Kuannersuit/Kvanefijeld, localizzato a Narsaq, nella punta meridionale della Groenlandia.
La partita Cina, Russia e Stati Uniti
L’isola è ovviamente anche di straordinaria rilevanza strategica per il controllo delle rotte polari: pochi ricordano che le basi meteo nordamericane stabilite in Groenlandia durante la seconda guerra mondiale furono fondamentali per fornire informazioni vitali per i bombardamenti strategici anglo-americani sulla Germania.
Ancora oggi gli Stati Uniti, che da sempre hanno un rapporto privilegiato con la Danimarca, dalla quale la Groenlandia sta cercando di rendersi sempre più autonoma, hanno qui installazioni militari insostuibili: basti ricordare la Thule Air Base che è la più settentrionale fra le basi nordamericane, in una posizione strategica, collocata giusto a mezza via tra Washington e Mosca, e quindi dominante tutte le rotte polari mondiali.
La Cina spera intanto di poter dislocare stazioni scientifiche e satellitari nel paese, creando una prima ossatura appunto per quella “via della seta artica” che non può non preoccupare gli Stati Uniti d’America, che inevitabilmente guardano con sospetto alla possibile utilizzazione militare e di intelligence della Groenlandia da parte cinese.
Non vi è dubbio tuttavia che la rotta artica cinese presuppone la permanenza di accordi strategici con la Russia, senza i quali l’attraversamento dei mari settentrionali risulterebbe estremamente problematico: ed è anche per questa ragione che per gli Stati Uniti l’attuale cooperazione russo-cinese rappresenta una questione piena di incognite e di pericoli per la propria egemonia mondiale.
È il caso di aggiungere in conclusione che una stabile presenza cinese in quest’area assumerebbe un valore epocale, poiché segnerebbe l’ingresso, per la prima volta nella storia, di un Paese asiatico nell’Oceano Atlantico, vale a dire proprio su quell’asse strategico nord-atlantico che da almeno quattro secoli costituisce la spina dorsale geopolitica dell’egemonia mondiale anglo-sassone.
Fonte: https://clarissa.it/wp/2019/02/17/la-cina-dalla-groelandia-nellatlantico-del-nord/.