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di Giulio Sapelli.
I dati che giungono dalla Commissione europea con
le sue previsioni economiche di autunno sono disarmanti: più debito e
più deficit, meno crescita. È un circolo vizioso che si alimenta da sé.
Se non vi è domanda aggregata, la crescita è possibile solo se vi è una
via per le esportazioni. Ma la via dell’export è stretta e solo pochi
alpinisti possono scalare quei sentieri.
Il dato spagnolo è impressionantemente efficace. La cosiddetta ripresa
di quel Paese deriva da una crescita della produzione automobilistica –
non solo naturalmente, ma soprattutto -, in particolare degli
stabilimenti Ford. Ma se si vanno a vedere i numeri degli occupati –
anche il Financial Times ha dovuto ammetterlo – la situazione è
sconcertante: solo duemila i lavoratori in quegli impianti, grazie a
condizioni salariali basse e precarie. I sindacati spagnoli (i
socialisti dell’Ugt in testa, gli ex comunisti del Ccco un po’ più
cauti) le hanno accettate perché considerano essenziale dare lavoro
costi quel che costi! Quindi, la ripresa nell’Europa del Sud è una
temperata sospensione della caduta, e non un recupero, del Pil, ossia
dello stock di capitale fisso che è andato perduto negli ultimi venti
anni. La causa di ciò è la deflazione imposta dalla Germania a tutta
l’Europa.
L’Italia è colpita in pieno. I dati statistici su cui si litiga
anticipano la vera battaglia che inizierà con l’unione bancaria. Si
coglierà – da parte di molteplici troike – l’occasione della verifica
sui bilanci per reclamare, come sempre ha fatto Mario Draghi dal 1992 a
oggi, la privatizzazione delle banche. Ed essa sarà fatta, come si
ripete dopo Cipro, grazie al risparmio (per chi ancora lo ha) delle
famiglie e delle piccole imprese. Lo si drenerà spietatamente con ogni
mezzo.
Saccomanni è stato chiaro alcune settimane or sono, poco
intelligentemente disvelando il piano. Le banche sono esauste, che
giungano quindi le shadow banks e le dark pools, cioè un sistema
parabancario speculativo che i nostri governanti amano! E pure ancor si
predica la ripresa! Bruxelles ha il pudore di spostarla al 2014-2015, ma
il pericolo è che tra un anno non rimanga più nulla.
Naturalmente un’alternativa a questa sorta di distruzione del credito
per l’economia reale esiste. È il ritorno alla separazione tra banca
commerciale e banca d’investimento evitando l’eccesso di
capitalizzazione che sarà richiesto alle banche non separate. La
super-capitalizzazione non elimina il rischio e drena capitale
produttivo trasformandolo in capitale come costo. Il risultato sarà il
contrario di quello che si vuol produrre.
Paradossalmente, pur tra mille ostacoli, il mondo anglosassone va dritto
verso la separazione; solo l’Europa della Bce va dritta verso la
rovina.
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