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Caso Volkswagen: la portata vera della guerra economica

'Qualche conto da fare e qualche ipotesi iniziale: i costi per il colosso dell''auto si dimostreranno catastrofici. Le mosse di una gigantesca lotta intercontinentale. [A. Giannuli]'

Caso Volkswagen: la portata vera della guerra economica
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8 Ottobre 2015 - 21.56


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di Aldo Giannuli.

A quanto pare, lo scandalo si va allargando ed i
controlli dell’Epa si stanno estendendo anche ad altri marchi, ad altre ditte
tedesche ed anche europee ed americane come la General Motors. Beh, la presenza
di sigle americane è ovvia, a meno non volerla fare proprio sporca…

Siamo di fronte ad uno scandalo
senza precedenti nel settore dell’auto, ma, soprattutto, siamo alla vigilia di
un terremoto industrial-finanziario che avrà ripercussioni geopolitiche di
vasta portata, per cui conviene iniziare a studiarlo da più punti di vista e ci
torneremo diverse volte. Oggi partiamo da qualche constatazione e qualche
deduzione facile facile a partire da una stima di cosa costerà la questione
alla VW.

Partiamo dalla spesa più ovvia: la
multa che verrà irrogata negli Usa e che potrebbe oscillare dai 12 ai 18
milioni di dollari. Ovviamente seguiranno quelle europee, che però potrebbero
essere più basse paese per paese, sia per le dimensioni più ridotte di ciascun
paese, sia perché la normativa europea in materia di emissioni NOx è molto più
permissiva ed ambigua. Però va considerato che il grosso degli 11 milioni di
auto taroccate è stato venduto qui in Europa dove, peraltro i tedeschi hanno
fatto di tutto per non essere amati (a proposito: io non odio affatto i
tedeschi come qualcuno pensa, anche se mi sono insopportabili alcuni loro
comportamenti) e, peraltro, quello che conta è la somma totale delle multe.
Direi che un’altra quindicina di miliardi sono da prevedere.

Poi, c’è da mettere in conto il
ritiro dal mercato delle auto dei modelli incriminati, probabilmente verranno
riconvertite e messe a norma, però, a parte il fatto che anche questo ha un
costo, occorre tener presente che metterle a norma significa anche diminuire
variare i dati di consumo, e questo potrebbe scoraggiarne l’acquisto, per cui
una parte della produzione resterebbe invenduta, dato anche il danno di
immagine. Insomma un miliardo di dollari se ne va anche qui.

Poi va tenuto conto anche della
secca caduta di valore del titolo VW sui mercati finanziari: già circa un terzo
nell’altalena iniziale fra cadute e rimbalzi, ma i conti si faranno alla fine.

E poi, più di tutti, si avanza lo
spettro delle class actions che attualmente è imprevedibile sia per il numero
che per l’entità. La difesa della VW è molto debole: siamo disposti a riparare
le auto rimettendole a norma. Ma, a parte il fatto che anche questo ha un
costo, non è affatto detto che i clienti ci stiano, anzi  è presumibile
che la maggioranza ragionerà in termini diversi: c’è stata una frode in
commercio per cui voglio i soldi indietro e di te non mi fido neanche per le
riparazioni.

E qui sta il problema: quanti
saranno i clienti per che cifra si troverà un accordo. Facciamo un calcolo
prudenziale: consideriamo un terzo degli acquirenti (11 milioni diviso tre fa
3,6666 milioni) e ipotizziamo un accordo medio sui 10.000 dollari, fa circa 36
miliardi e mezzo. Si tratta però di una cifra puramente indicativa e
presumibile e sempre che lo scandalo non si estenda (come sembra stia
accadendo) ad altri modelli.

In ogni caso, il danno di immagine
presumibilmente produrrà anche un calo delle vendite di tutti i modelli della
casa. Altra cifra difficilmente calcolabile, così come è poco prevedibile la
ripercussione finanziaria sui titoli emessi: sin qui, la VW ha goduto di una
immagine di assoluta sicurezza, per cui poteva permettersi tassi bassissimi (al
limite del rendimento negativo) per le sue obbligazioni, ma con un colpo del
genere non credo che il rating resterà quello attuale, considerato poi che il
rating lo fanno agenzie americane, per cui è facile prevedere un congruo
aumento degli interessi corrisposti se la casa di Wolfsburg non vuole vedere
non rifinanziati i suoi titoli.

Fermiamoci qui, direi che una stima
finale di una “botta” di circa 200 miliardi di dollari è abbastanza realistica.
Per capire cosa significa ricordiamo che nel 2008 Gm e Chrysler avevano perso
complessivamente 100 miliardi e stavano per fallire, il loro salvataggio costò
qualcosa come 150 miliardi dei 700 emessi con il piano Paulson. E fu il più
grande salvataggio industriale della storia. Qui parliamo di valori almeno
doppi.

Certamente non si tratta di uscite
immediate e che, anzi, in gran parte si spalmeranno in anni, considerati i
tempi di multe, ricorsi, class action,  accordi, tempi di liquidazione effettiva
ecc. Comunque, questo significa che la VW per almeno 7-8 anni (se tutto fa nel
modo migliore) non vede il becco di un quattrino di utili, il che potrebbe
portare ad una vendita massiccia di azioni che resterebbero improduttive per un
periodo altrettanto lungo. Peraltro, occorrerà nel frattempo, trovare soldi per
progettare nuovi modelli sostitutivi e allestire altre linee di produzione e ad
interessi cresciuti, senza calcolare le spese per un recupero di immagine.

La VW ad oggi aveva accantonato un
fondo di 6 miliardi per eventualità del genere: bazzecole. Va da sé che in
queste condizioni occorrerà rifinanziare il gruppo. E qui sta il problema: le
strade possono essere due, o vendere un consistente blocco di azioni a qualcuno
che (al costo attuale) facilmente diventerebbe il nuovo padrone, oppure cercare
di farcela fra aiuti statali mascherati, vendita di qualche marchio e magari
qualche funzione con altro o altri gruppi tedeschi.

Dietro la prima soluzione ovviamente
si vede qualche mano straniera, magari a stelle e strisce o qualche “europea”
come la Fiat (anzi “”europea””), la  seconda è un piatto che sa di wurstel
e crauti ovviamente cucinato a Berlino.

Certo, sappiamo che gli accordi
internazionali vietano severamente gli aiuti statali alle imprese, ma proprio
per questo i tedeschi bararono una ventina di anni fa quando misero fuori
bilancio la loro Cassa Depositi e Prestiti (la Kfw) che agisce di fatto da
polmone statale di intervento (ne riparleremo).

Quindi si profila una “nobile gara
al salvataggio” fra tedeschi e americani. Ed arriviamo all’ipotesi di cui
dicevamo nel titolo: per caso non stiamo iniziando a scrivere il capitolo
“auto” nel libro della guerra economica?

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