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Grecia: FMI allo specchio, si scopre un avvoltoio

'Il FMI ammette la sua disastrosa infatuazione per l''euro e chiede scusa per il sacrificio della Grecia. [Ambrose Evans-Pritchard]'

Grecia: FMI allo specchio, si scopre un avvoltoio
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30 Luglio 2016 - 21.59


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Un ottimo articolo di Evans-Pritchard commenta il recente
report di indagine interna dell’FMI sulla crisi greca. Finalmente il FMI
ammette quello che è successo: la Troika ha chiamato “salvataggio greco”
un’operazione finalizzata a mantenere in piedi l’eurozona e le banche del Nord
Europa, scaricandone tutto il peso sui cittadini greci e contravvenendo a tutte
le proprie regole interne di gestione delle emergenze. Un mea culpa
apprezzabile da parte del FMI ma che suona ipocrita: queste cose si sapevano e denunciavano
su piattaforme prestigiose già un anno fa e la scandalosa stima del moltiplicatore
fiscale greco su cui si basavano i “salvataggi” sarebbe una storia ridicola, se non fosse tragica.

di Ambrose Evans-Pritchard.

Il personale di alto livello del Fondo
Monetario Internazionale ha fuorviato il suo consiglio di amministrazione, ha
fatto una serie di disastrosi errori di valutazione in Grecia, è diventato un
euforico sostenitore del progetto dell’euro, ha ignorato i segnali di pericolo
di una crisi imminente e non è riuscito a cogliere un concetto elementare della
teoria valutaria.

Ecco il lacerante verdetto degli auditor di
alto livello del FMI riguardo al controverso ruolo politico assunto dal Fondo
durante la crisi debitoria dell’eurozona, il più grave episodio nella storia
dell’istituzione di Bretton Woods.

Viene descritta una “cultura di
compiacimento”, soggetta ad analisi “superficiali e meccaniche”, e si
identifica una scioccante lacuna nella governance
del FMI, che non permette di chiarire chi sia davvero responsabile di questa
organizzazione tremendamente potente.

Il report dell’Ufficio di Valutazione Indipendente (IEO)
del FMI passa sopra la testa del direttore operativo, Christine Lagarde. Esso
dipende solamente dal consiglio di amministrazione esecutivo, e i membri di
Asia e America Latina sono chiaramente furibondi per la maniera in cui i membri
dell’Unione Europea hanno utilizzato il Fondo per salvare la loro ricca unione
monetaria e il suo sistema bancario.

I tre principali salvataggi di Grecia,
Portogallo e Irlanda sono stati di un tipo e di una grandezza senza precedenti.
Ai tre paesi sono stati elargiti prestiti per più del 2.000% della loro quota
di partecipazione – ossia più di tre volte il limite normale – e questi
prestiti hanno costituito l’80% di quelli totali elargiti dal Fondo nel periodo
tra il 2011 e il 2014.

Grecia, Irlanda, e Portogallo hanno ottenuto
l’80% dei prestiti FMI per 3 anni FONTE: FMI

Con un’ammissione scioccante, il report dice
che i suoi stessi investigatori non sono riusciti ad ottenere documenti chiave
o chiarire le attività segrete di “task
force fatte ad hoc”
. La signora Lagarde non è però accusata di
ostruzionismo.

“Molti documenti sono stati preparati fuori
dai consueti canali ufficiali; e non è stato possibile trovare la
documentazione scritta riguardo alcuni argomenti sensibili. L’IEO in alcuni
casi non è stato in grado di determinare chi ha preso certe decisioni o quali
informazioni fossero disponibili, né è riuscito a chiarire i ruoli di gestione
e di staff”, riporta il documento.

Il report dice che l’intero approccio nei
confronti dell’eurozona è stato caratterizzato da “pensieri di gruppo” e da
plagio intellettuale. Non esisteva alcun piano di riserva per affrontare una
crisi sistemica dell’eurozona – o per affrontare la politica di un’unione
monetaria multinazionale – perché si escludeva qualsiasi possibilità che una
cosa del genere potesse accadere.

“Prima dell’introduzione dell’euro, i
comunicati pubblici del FMI tendevano ad enfatizzare i vantaggi della moneta
comune”, dice il report. Alcuni membri dello staff avevano sottolineato che le
basi su cui l’euro era progettato erano profondamente sbagliate, ma vennero
ignorati.

“Dopo un acceso dibattito interno, la fazione
sostenitrice di quello che veniva percepito come il progetto politico europeo
infine aveva prevalso”, viene riportato.

Questo orientamento pro-euro ha continuato a
influenzare le analisi per anni. “Il FMI è rimasto ottimista rispetto alla
solidità del sistema bancario europeo e alla qualità della sua supervisione nei
diversi paesi fino all’inizio della crisi finanziaria globale a metà del 2007.
Questo errore era dovuto in larga parte alla prontezza con cui venivano
accettate senza discutere le rassicurazioni delle autorità nazionali e
dell’eurozona”, secondo il rapporto.

Il FMI continuava a minimizzare i rischi posti
dall’ingigantirsi dei deficit di partite correnti e dagli enormi flussi di
capitali che si riversavano nella periferia dell’eurozona, e negava che
esistesse il rischio di un “arresto improvviso” di questi flussi.

Il FMI dormiva quando gli squilibri si stavano
creando. Non prevedeva nemmeno un rischio in Grecia. FONTE: FMI

“La possibilità di una crisi da
bilancia dei pagamenti in un’unione monetaria veniva ritenuta inesistente”
secondo il rapporto. Fino a metà del 2007, il FMI pensava ancora che “considerando
l’appartenenza della Grecia all’eurozona, la disponibilità di finanziamenti
esterni non desta preoccupazioni”.

Alla base di questo errore madornale
c’era l’incapacità di comprendere un punto fondamentale: le unione monetarie
prive di un’unione politica e bancaria che le sostengano sono intrinsecamente
soggette a crisi debitorie. Gli stati che si trovano ad affrontare gli shock
non possono più disporre degli strumenti sovrani per difendersi. Il rischio di
svalutazione diviene un rischio di bancarotta.

“In un’unione monetaria, le basi delle
dinamiche debitorie cambiano, perché i paesi rinunciano ai propri strumenti di
politica monetaria e di aggiustamento del tasso di cambio”, secondo il
rapporto. Ciò verrebbe amplificato da “un circolo vizioso tra le banche e gli
stati sovrani”, che si trascinano in basso a vicenda. L’incapacità del FMI di
prevedere tutto questo è un serio fallimento scientifico e professionale.

In Grecia, l’FMI ha violato la sua
regola sacra, sottoscrivendo un salvataggio nel 2010 nonostante non ci fosse
alcuna garanzia che il pacchetto concordato avrebbe riportato il debito del
paese sotto controllo o avrebbe spianato la strada alla ripresa, e molti
sospettavano fin da principio che il tentativo di salvataggio fosse destinato
al fallimento.

Il Fondo agirò l’ostacolo grazie a un
cambiamento radicale della sua politica di salvataggio, permettendo
un’eccezione (poi abolita) nel caso in cui ci fosse un rischio di contagio
sistemico. “Il consiglio di amministrazione non venne consultato o informato”,
dice il rapporto. I direttori scoprirono questo escamotage esplosivo “nascosto
nel testo” del pacchetto della Grecia, ma a quel punto i giochi erano fatti.

Il FMI si trovava in una posizione
scomoda quando venne coinvolto per l prima volta nella crisi greca. La crisi
Lehman era recente. “Si temeva che la crisi potesse trasmettersi agli altri
membri dell’eurozona, e più in generale a un’economia mondiale fragile”, dice
il report.

L’eurozona non aveva alcuno strumento
di protezione contro il contagio, e le sue banche erano traballanti. La BCE non
si era ancora fatta avanti come prestatore di ultima istanza. SI riteneva
troppo pericoloso spingere per una ristrutturazione del debito greco.

La previsione del PIL Greco rispetto a quanto
è avvenuto in realtà DATI: FMI

Anche se si possono capire le azioni del FMI
nel calor bianco della crisi, la dura realtà è che il salvataggio sacrificò la
Grecia per prendere tempo e salvare l’euro e le banche europee del Nord Europa.
La Grecia dovette sopportare il consueto pacchetto FMI di austerità, ma senza
poterne mitigare gli effetti con una ristrutturazione del debito e una
svalutazione valutaria per recuperare la redditività del paese.

Un sotto-rapporto del caso greco dice che il
paese fu costretto a subire un’inaudita stretta fiscale, pari all’11% del PIL
nel giro di 3 anni. Questo innescò una spirale debitoria fallimentare. Più la
situazione peggiorava, più la Grecia veniva costretta a nuovi tagli – quella
che l’ex ministro delle finanze Varoufakis ha definito “tortura fiscale”.

“Gli stabilizzatori automatici vennero
disinnescati, aggravando la tendenza pro-ciclica della politica fiscale, cosa
che esacerbò la recessione”, dice il rapporto.

Il tentativo di imporre una “svalutazione
interna” del 20-30% attraverso tagli ai salari deflazionistici era destinata a
fallire dato che necessariamente essa stessa avrebbe causato il crollo della
base economica e avrebbe fatto esplodere la traiettoria del rapporto debito/PIL
fuori controllo. “Un problema fondamentale è stata l’inconsistenza tra il
tentativo di recuperare competitività di prezzo e simultaneamente quello di
ridurre il rapporto tra debito e PIL”, secondo il rapporto.

IL FMI aveva stimato un valore del
moltiplicatore fiscale di 0,5 mentre in realtà esso sarebbe stato 5 volte
superiore, data la fragilità del sistema greco. Il risultato è che il PIL fu
del 25% inferiore rispetto a quanto stimato dal FMI, e la disoccupazione balzò
al 25% anziché assestarsi al 15% come da previsioni. “L’ordine di grandezza degli
errori di valutazione riguardo alla crescita greca sono straordinari” dice il
rapporto.

La strategia si basava sull’insensata
speranza che la “fatina della credibilità” avrebbe salvato la Grecia da questa
politica fallimentare. Previsioni “enormemente ottimistiche” di recuperare 50
miliardi di euro da privatizzazioni fallirono miseramente. Alcuni degli asset
non avevano nemmeno una titolarità certa. La cronica “mancanza di realismo”
durò fin verso la fine del 2011. A quel punto il danno era fatto.

L’ingiustizia è che il costo dei salvataggi
fu scaricato sui semplici cittadini greci – quelli meno in grado di sopportarne
il peso – e non venne mai ammesso che la vera ragione delle politiche della
Troika UE-FMI era di proteggere l’unione monetaria. Infatti, i Greci vennero a
più riprese incolpati per i fallimenti conseguenti alle politiche stesse.
Questa scorrettezza – origine di tanto astio nei confronti della Grecia – viene
finalmente riconosciuta nel rapporto.

“Se una delle preoccupazioni principali era di
evitare il contagio internazionale, il costo di queste misure protettive
avrebbe dovuto essere sostenuto – almeno in parte – dalla comunità
internazionale, in quanto principale beneficiaria”, viene detto.

Meglio tardi che mai.

Tratto
dalla versione italiana:

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