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'La via per uscire dall''Euro. Intervista del Telegraph a Claudio Borghi'

Sul Telegraph Ambrose Evans Pritchard intervista Claudio Borghi, in cui vede il possibile ministro delle Finanze di un governo che porti l’Italia fuori dall’euro.

'La via per uscire dall''Euro. Intervista del Telegraph a Claudio Borghi'
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8 Dicembre 2016 - 18.53


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Sul Telegraph Ambrose Evans Pritchard intervista Claudio Borghi,
in cui vede il possibile ministro delle Finanze di un governo prossimo
futuro, nato per portare l’Italia fuori dall’euro. Un governo incentrato
su un’alleanza di scopo tra Lega Nord, Movimento Cinque Stelle e altri
gruppi pi
ù piccoli. Tutti uniti dalla consapevolezza
che senza una moneta propria valutata correttamente ogni sforzo di
uscire dalla crisi in Italia
è inutile. Anche se è
molto dubbia la reale volontà del M5S di voler uscire dall’eurozona, la
sola prospettiva di Claudio Borghi ministro dell’economia è sufficiente
ad atterrire gli eurocrati di Bruxelles, e permette di iniziare a
ragionare compiutamente sulle eventuali conseguenze. 


di Ambrose Evans Pritchard.


La prospettiva – un tempo improbabile e remota – di un governo
anti-euro in Italia sta improvvisamente trasformandosi in una
possibilità reale, che nel giro di settimane minaccia di scuotere
l’Unione Europea fino alle sue fondamenta.

Gli eventi in Italia si stanno evolvendo alla velocità della
luce. Diversi personaggi chiave nel Partito Democratico del premier
Matteo Renzi si sono uniti al coro di chi richiede elezioni anticipate
già a febbraio, per impedire che il Movimento Cinque Stelle prenda in
mano l’iniziativa politica dopo la vittoria nel referendum dello scorso fine settimana.

Matteo Renzi  non ha ancora scoperto le sue carte, ma
i suoi più stretti collaboratori dicono che è tentato di giocarsi il
tutto e per tutto su un voto veloce, puntando sul fatto che gode ancora
di un sostegno sufficiente a cavarsela per il rotto della cuffia, in un
contesto spaccato da molti punti di vista, e sul fatto che i suoi
avversari non sono pronti ad affrontare le elezioni.

Questa mossa potrebbe facilmente scappargli di mano, aprendo la
strada a un’alleanza tattica tra Movimento Cinque Stelle e Lega Nord,
più una manciata di piccoli gruppi, tutti in diverso modo critici nei
confronti dell’euro.

L’uomo indicato come possibile ministro delle Finanze di qualsivoglia
costellazione di ribelli è Claudio Borghi, ex broker per Merrill Lynch e
Deutsche Bank, e ora professore presso l’Università Cattolica di Milano
(Claudio Borghi ha rinunciato all’insegnamento con l’inizio del suo
impegno in politica, ndr).

“Stiamo arrivando al punto in cui l’Italia deve prendere la vera decisione: siamo per o contro l’Europa?” ha detto al Telegraph .

“Quello che sta emergendo è una lista di quattro partiti o gruppi che
hanno una cosa in comune: siamo tutti d’accordo che nulla è possibile
fino a quando non usciamo dall’euro.”

“L’Europa ci ha condotto a una depressione peggiore di quella del
1929 e ha portato interi popoli, come i Greci, a essere spezzati e
umiliati, tutto per mantenere in piedi lo strumento infernale che è
l’euro. Questo completo disastro è stato mascherato con una catena di
menzogne, gridate a voce sempre più alta per la paura che il colossale
danno fatto venga scoperto”, ha aggiunto.

Claudio Borghi ha dichiarato che il risultato dirompente di 59 a 41
nel referendum è uno shock per i potenti interessi costituiti italiani, o
“poteri forti”. â€œSono assolutamente terrorizzati perché nessuno dei
loro strumenti di controllo funziona più,” ha detto.

“Hanno investito un enorme prestigio nella campagna. Confindustria,
le camere di commercio, e tutte le grandi aziende in Italia erano per il
sì. Hanno detto che le banche sarebbero crollate, che avremmo perso
tutti i nostri risparmi, e che avremmo scatenato l’inferno se avessimo
votato no, ma non ha funzionato. È stato un “Brexit reloaded”, ha detto.

Il professor Borghi ha detto che l’uscita dall’euro potrebbe essere
caotica
, ma che ci sono modi per mitigarne gli effetti, in primo luogo
creando e facendo circolare nella vita quotidiana una moneta parallela.

“Il Tesoro italiano ha 90 miliardi di euro di arretrati sui
contratti. Questi potrebbero essere pagati con buoni del tesoro emessi
per un minimo di 50, 20, 10, o anche 5 euro, dandoci il tempo di creare
un seconda valuta. Quando arriva il momento, possiamo quindi passare
alla nuova moneta. Può essere fatto elettronicamente. Non abbiamo
nemmeno bisogno di stampare”, ha detto.

Claudio Borghi ha detto che l’opzione più pulita sarebbe che fosse la
Germania a lasciare la zona euro. Se questo è impossibile, l’Italia può
approvare una legge per convertire dall’oggi al domani il proprio
debito in lire – o in fiorini, come preferisce chiamare la nuova moneta,
rifacendosi ai giorni dell’ascesa di Firenze sotto i Medici.

“Le perdite si sposterebbero sulle banche centrali nazionali
attraverso il sistema Target2,” spiega. Ciò significa che la Banca
d’Italia restituirebbe 355 miliardi di passività alle altre banche
centrali della zona euro (principalmente la Bundesbank) in lire
svalutate. La Bundesbank si troverebbe ad affrontare immediatamente una
perdita di valore contabile dei propri crediti – che interesserebbe 700
miliardi di euro, nel caso probabile che l’uscita dell’Italia portasse a
un ritorno generale alle valute nazionali.

Queste somme però sono in un certo senso una finzione contabile. Il banco di prova è stato lo sganciamento del cambio del franco svizzero dall’euro
nel gennaio 2015. Quando il franco si è rivalutato la Banca nazionale
svizzera ha subito una grande perdita teorica sul suo debito nei
confronti della zona euro, ma nessuno ha fatto una piega.

La scommessa è che le grandi somme tenute dagli italiani nelle banche
di Londra, New York, Parigi, o Monaco, o nelle cassette di sicurezza in
Svizzera, rientrerebbero nel sistema non appena si calmassero le acque e
l’Italia tornasse al cambio flessibile. Gli investitori stranieri
vedrebbero l’Italia con un futuro di competitività molto maggiore.

“Non vedo all’orizzonte nessun disastro. Non c’è modo di schiacciare
la nostra moneta, visto che abbiamo un surplus commerciale. Se avessimo
un tasso di cambio più debole avremmo un surplus ancora più grande”,
dice Borghi.

Per gli euroscettici italiani un ritorno alla lira sarebbe una
liberazione, dopo quindici anni di decadenza economica, che ha svuotato
il nucleo produttivo del Paese. La produzione industriale è scesa ai
livelli del 1980. Il PIL reale pro capite è sceso del 13% rispetto al
suo picco massimo.



Un report di questa settimana dell’ ISTAT mostra che il numero delle
persone a rischio di povertà ed esclusione sociale l’anno scorso è
salito al 28,7%, con un nuovo picco del 46,4 % nel Sud, e 55% in Sicilia
– l’epicentro del no nel voto al referendum.

Uno studio di Mediobanca ha rilevato che il tasso di crescita in
Italia ha ricalcato quasi esattamente quello della Germania per quasi
trent’anni. Il percorso è cambiato con l’avvento dell’euro, che
impedendo le svalutazioni ha portato a una perdita lenta, ma fatale,
della competitività del lavoro – come un’aragosta bollita viva in una
pentola.

La situazione è stata aggravata dalla contrazione fiscale e monetaria
della zona euro tra il 2010-2014, un errore strategico che ha provocato
la crisi del debito nell’UEM e ha portato a una doppia
recessione. Questa a sua volta ha spinto l’Italia oltre il limite,
spingendola in una crisi bancaria.

Uscire dall’euro darebbe al Paese la libertà di gestire i suoi conti
pubblici per uscire dalla trappola della deflazione, e di salvare il suo
sistema bancario con una ricapitalizzazione condotta dallo Stato,
secondo l’esempio del programma TARP negli Stati Uniti – un’azione oggi
proibita dalle leggi comunitarie sugli aiuti di Stato, a meno che
l’Italia non accetti di sobbarcarsi i provvedimenti draconiani di un
bail-out europeo (quello che ha avuto così buoni risultati in Grecia, ndr).


 


Il professor Borghi dichiara che le nuove regole europee del
“bail-in” devono essere spazzate via. â€œNon appena inizi a travolgere i
risparmiatori e gli obbligazionisti – che non hanno tenuto comportamenti
rischiosi – stai dicendo alla gente che i loro soldi in banca non sono
al sicuro”, dice.

“Tutta quello che l’UE ha ottenuto è un crollo dei titoli bancari
italiani dell’85% dallo scorso novembre. Bisogna intervenire per salvare
il sistema bancario in crisi, altrimenti tutto sarà distrutto”, ha
detto.

Il professor Borghi è responsabile della strategia economica per la
Lega Nord, un partito collocato a destra, ma ciò che sta emergendo è
un’alleanza tattica tra il suo partito e il Movimento Cinque Stelle,
anche se questo ha più cose in comune con la sinistra. I due insieme nei
sondaggi raggiungono il 44%. I loro economisti stanno lavorando insieme
in quella che sta diventando una compatta scuola di euroscettici.

Fin dalle origini il Movimento Cinque Stelle è sempre stato ostile a
stringere patti con qualsiasi altro gruppo, dato che considera l’intero
sistema politico in Italia come marcio fino al midollo. Ma Grillo dice
che il partito si sta avvicinando al potere e deve essere pronto a
scendere a compromessi. â€œSiamo in una spirale che porta verso il
governo”, ha detto.

Il professor Borghi non si fa illusioni che la sola uscita dall’euro
dell’Italia possa risolvere i suoi problemi, che hanno radici profonde,
ma l””Italexit” è una condizione necessaria. “Sarà dura, ma senza la
nostra moneta valutata correttamente non saremo mai in grado di fare
nulla, per quanto ci sforziamo con ogni mezzo,” conclude.








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