di Domenico Gallo.
La decisione della Corte Costituzionale che, accogliendo i rilievi
sollevati dalla Corte di Cassazione, ha dichiarato incostituzionale il
porcellum cancellando i due istituti salienti del premio di maggioranza e
della lista bloccata si può commentare con un’espressione molto
semplice: ha vinto la Costituzione.
Ha vinto la lungimiranza dei padri costituenti che ci hanno armato la
fragile democrazia riconquistata con robuste istituzioni di garanzia,
la magistratura indipendente e la Corte Costituzionale che sono riuscite
ad intervenire e a sanare la ferita più grave che un sistema politico
impazzito aveva inferto alla democrazia costituzionale.
Non
c’è dubbio che le leggi elettorali abbiano un influsso immediato e
diretto su quel principio supremo della Costituzione che attribuisce la
sovranità al popolo determinando la qualità della democrazia
rappresentativa ed i suoi limiti.
Le leggi elettorali danno contenuto al
sistema politico e realizzano la Costituzione vivente con riferimento
alla forma di governo, alla forma ed alla natura dei partiti politici ed
alla possibilità dei cittadini di concorrere a determinare la politica
nazionale (art. 49 Cost.). Lo Statuto albertino è stato distrutto dalla
legge Acerbo, che ha consentito a Mussolini di prevaricare
sull’opposizione ed assicurarsi la fedeltà di un Parlamento ridotto ad
un bivacco di manipoli.
La legge Calderoli, che assomiglia alla legge Acerbo come si
somigliano due gocce d’acqua, è stato lo snodo attraverso il quale è
stato fatto un ulteriore passo, dopo l’introduzione del maggioritario
nel 1993, per una svolta in senso oligarchico del sistema politico,
comprimendo il pluralismo attraverso la tagliola delle soglie di
sbarramento e del premio di maggioranza, e consentendo ad una
ristrettissima cerchia di oligarchi di determinare per intero la
composizione delle Camere, nominando i rappresentanti del popolo, senza
che il corpo elettorale potesse mettervi becco. Il porcellum ha favorito
una evoluzione in senso “castale†del sistema politico rappresentativo,
tanto che nel senso comune coloro che dovrebbero essere i
rappresentanti dei cittadini vengono percepito come una “castaâ€, cioè un
corpo estraneo, portatore di interessi suoi propri, contrapposti al
corpo elettorale di cui dovrebbero essere espressione.
La sentenza della Corte Costituzionale ha una portata epocale perché
per la prima volta sancisce con autorità di giudicato un principio di
cui il sistema politico si è fatto beffa da oltre vent’anni. Che i
sistemi elettorali, anche se sono dominio riservato della politica,
devono essere coerenti con l’impianto costituzionale, che prevede che il
voto deve essere libero (il che significa possibilità di scegliere più
proposte politiche) ed uguale (il che significa che non ci deve essere
un quoziente di maggioranza ed uno di minoranza, come prevede il
porcellum) e conseguentemente il ceto dei rappresentanti deve essere
rappresentativo della pluralità di interessi, bisogni e domande presenti
nel corpo elettorale e nella società italiana poiché tutti i cittadini
hanno diritto di concorrere a determinare la politica nazionale.
Ciò costituisce una delegittimazione insuperabile di tutte quelle
teorie che pretendono di assegnare al sistema elettorale scopi non
coerenti con la Costituzione, come la funzione di comprimere il
pluralismo nella camicia di forza di un bipolarismo obbligatorio ovvero
di scegliere un Governo o un Capo di Governo che non può essere cambiato
sino alle elezioni successive, attribuendo un vincolo di mandato agli
eletti, incompatibile con l’opposto principio sancito da tutte le
costituzioni liberali.
Adesso nella discussione in atto per la ricerca di un nuovo sistema
elettorale, la Corte costituzionale con questa storica decisione ha
gettato sul piatto della bilancia il peso della Costituzione. Spetterà a
tutti noi cittadini elettori vigilare perché il ceto politico non
tradisca nuovamente la Costituzione e con essa la dignità del popolo
italiano e la sua storia.