‘
di Giorgio Bongiovanni.
Una
 linea di pensiero si può tirare mirando a quanto avvenuto in questi 
giorni sull”asse Roma-Milano-Palermo. Da una parte Papa Francesco, don 
Ciotti ed i familiari delle vittime di mafia. Da un”altra Formigoni, la 
Regione Lombardia, Giuseppe De Donno. In mezzo il fenomeno della 
corruzione, sempre più imperante, e l”inchiesta sullo Stato-mafia. 
Potremmo chiederci cosa c”entrano queste figure, ed eventi, l”una con l”altra. Eppure c”entrano.
Giuseppe
 De Donno, ex colonnello del Ros dei Carabinieri, figura tra gli 
imputati del processo trattativa Stato-mafia, accusato di attentato a 
corpo politico dello Stato e nello specifico di aver contattato Massimo 
Ciancimino (figlio di Vito, ex sindaco mafioso di Palermo) affinché 
intercedesse presso il padre per avviare così una trattativa con i capi 
di Cosa nostra. Al di là del procedimento, per il quale c”è la 
presunzione di innocenza fino all”emissione della sentenza del terzo  
grado di giudizio, è un dato di fatto che Giuseppe De Donno, con il suo 
agire, ha violato il principio dell”etica del servizio dell”Arma 
parlando con un mafioso dal calibro di Vito Ciancimino. E” lo stesso ex 
colonnello ad aver dichiarato: “Decidemmo di contattare in qualche modo 
la mafia attraverso Vito Ciancimino per fermare le stragiâ€.
Ed è proprio questa l”azione antietica, ovvero il dialogo con Vito 
Ciancimino in un primo momento avviato tramite il figlio Massimo poi 
direttamente in prima persona con l”ex sindaco mafioso di Palermo, 
legato a stretto filo con la corrente sanguinaria dei corleonesi. 
Certo,
 non possiamo ancora sapere se Giuseppe De Donno, assieme al coimputato 
Mario Mori, con le sue azioni può essere tra i responsabili che 
accelerarono i tempi che portarono poi alla morte del giudice Paolo 
Borsellino, ma a nostro avviso può bastare già avviare un dialogo con 
uomini di mafia per non permettere alcun avanzamento di carriera 
all”interno dell”Arma, cosa che invece non è avvenuta, e i “premi†da 
parte dello Stato sono stati invece molteplici. Con Cosa nostra, e 
qualsiasi altra organizzazione criminale, non può esserci alcuna forma 
di dialogo o di trattativa, se davvero si vuole sconfiggere ed 
annientare. Per questo a nostro parere, anche qualora venissero assolti 
dalle accuse, resta il tradimento di Mori e De Donno dell”Istituzione 
che hanno rappresentato. Resterebbe anche qualora l”ordine fosse venuto 
da un loro diretto superiore, perché avrebbero avuto la possibilità di 
lasciare l”arma, accusando a loro volta quegli ufficiali che avrebbero 
dato quell”ordine. 
Ciò non è avvenuto ed è ormai storia che, nonostante i processi e le accuse a loro carico, entrambi sono stati premiati.
Giuseppe
 De Donno, ad esempio, è stato scelto ed ingaggiato, nel 2009, come 
membro del Comitato per la legalità e la trasparenza delle procedure 
regionali dell”Expo 2015 in Lombardia. E a volerlo non fu altri che 
l”allora presidente della Regione Formigoni. Non solo. Rognoni, 
direttore generale dimissionario di “Infrastrutture Lombardeâ€, ha 
affidato alla GRisk, società di sicurezza di cui dal 2013 De Donno 
controlla il 66%, la “rilevazione del rischio ambientale e legale 
nell’ambito delle attività istituzionaliâ€. Adesso De Donno risulta 
indagato anche dalla procura di Milano con l”accusa di concorso in 
turbativa d’asta, falso ideologico e truffa aggravata e, secondo la 
ricostruzione del gip, la GRisk sarebbe stata favorita attraverso le 
gare d”appalto truccate. 
Accuse che, se dovessero essere provate, 
dimostrerebbero un”azione non solo antietica da parte di De Donno, ma 
addirittura criminale nei confronti dei cittadini dello Stato italiano. 
E
 in questo “quadro†ha una parte di responsabilità anche l”ex presidente
 della Regione Lombardia, Formigoni. Istituendo il “Comitato per la 
legalità e la trasparenza delle procedure regionaliâ€, lui poteva 
scegliere a chi affidare l”incarico. Avrebbe potuto rivolgersi a figure 
come l”attuale capo della Dia campana, Giuseppe Linares, cacciatore di 
latitanti a lungo sulle tracce di Messina Denaro, o come Manfredi 
Borsellino, figlio del giudice Paolo ed attualmente Commissario di 
Polizia di Cefalù, o come il capo della Squadra mobile di Milano, 
Alessandro Giuliano (figlio di Boris, ucciso dalla mafia il 21 luglio 
1979 ndr). Ancora, poteva chiedere disponibilità ad altri magistrati 
integerrimi come Gian Carlo Caselli, Alfonso Sabella, Sebastiano Ardita,
 Nicola Gratteri. Oppure Antonio Ingroia, oggi commissario straordinario
 della Provincia di Trapani ed alla guida di E-servizi. Ma invece di 
puntare su questi nomi, Formigoni, a sua volta mandato a processo per il
 caso Maugeri con l”accusa di associazione per delinquere e corruzione, 
ha preferito affidarsi al prefetto ed ex generale Mario Mori, già 
comandante del Ros dei Carabinieri e direttore del Sisde, e all’ex 
colonnello Giuseppe De Donno, già braccio destro di Mori al Ros, poi suo
 capo di gabinetto al servizio segreto civile. Figure, entrambe più che 
discutibili. 
Ieri Papa Francesco, ha incontrato centinaia di 
familiari di vittime di mafia, assieme a don Luigi Ciotti, il promotore 
anche spirituale della lotta contro la mafia. Le sue parole, rivolte ai 
mafiosi, ancora riverberano nella chiesa di San Gregorio VII: “Per 
favore cambiate vita, convertitevi, fermatevi di fare il male!. 
Convertitevi per non finire all”inferno, è quello che vi aspetta se 
continuate su questa strada. Avete un papà e una mamma, pensate a loro. 
Il potere, il denaro che voi avete adesso da tanti affari sporchi, da 
tanti crimini mafiosi è denaro insanguinato, è potere insanguinato e non
 potrete portarlo nell”altra vitaâ€.
Ci permettiamo di aggiungere alle
 parole di Sua Santità, che altrettanto dovrebbero fare tutti quei 
rappresentanti delle forze dell”ordine, pochi grazie a Dio, che nel 
corso della Storia d”Italia si sono corrotte, hanno partecipato o 
collaborato ad armare la mano degli assassini che hanno ucciso tutte le 
vittime di mafia. Altrettanto dovrebbero pentirsi tutti quei politici 
che hanno sostenuto la mafia e senza i quali la stessa sarebbe morta da 
tempo. Dovrebbero pentirsi tutte quelle autorità di Stato che 
impediscono il raggiungimento della verità su fatti e misfatti del 
nostro Paese. Dovrebbero pentirsi anche quei cardinali corrotti e 
porporati che hanno fatto riciclare i soldi, sporchi di sangue, nella 
banca del Vaticano. Dovrebbero pentirsi perché altrimenti andranno 
all”inferno, così come ha detto Papa Francesco. Noi vogliamo sperare  
che il processo trattativa Stato-mafia vada avanti, che la Corte di 
Cassazione il prossimo 18 aprile, non accetti il “gioco sporco†degli 
imputati Mario Mori, Giuseppe De Donno e Antonio Subranni, i quali hanno
 chiesto il trasferimento del processo che si celebra davanti alla Corte
 d”assise di Palermo. Una richiesta presentata in maniera subdola, per 
ragioni di rischio per la pubblica incolumità e la sicurezza. Speriamo 
che il processo, l”inchiesta, l”inchiesta bis, o l”eventuale ter, sulla 
trattativa Stato-mafia non venga strappata dalle mani del pool di 
magistrati integerrimi coordinato dal procuratore aggiunto Vittorio 
Teresi, di cui fanno parte Antonino Di Matteo, Francesco Del Bene e 
Roberto Tartaglia. Se ciò non dovesse accadere sarebbe il colpo finale 
dello Stato-mafia alla cittadinanza italiana onesta e soprattuto il 
colpo finale, mortale, ai familiari delle oltre novecento vittime 
innocenti di mafia che venerdì, con le lacrime agli occhi, emozionate, 
con amore Cristico hanno chiesto a Papa Francesco di pregare affinché 
loro possano conoscere la verità sul perché i loro congiunti sono stati 
uccisi. La verità sul perché lo Stato italiano, nella migliore delle 
ipotesi, preferisce sempre trincerarsi dietro il silenzio dell”omertà, o
 peggio, nascondere la sua criminale complicità con la mafia.
Fonte: http://www.antimafiaduemila.com/2014032348581/giorgio-bongiovanni/lo-stato-mafia.html
ARTICOLI CORRELATI
Papa Francesco ai mafiosi: “convertitevi!â€
Trattativa Stato-mafia: gioco sporco!
Comitato legalità e trasparenza, De Donno indagato per truffa
‘
 
  
  
  
  
 