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Buenos Aires va alla guerra (finanziaria) senza Cristina

L’Argentina di Cristina Kirchner è uno dei granelli nel meccanismo finanziario della dominazione USA. E ora la Presidenta ha una grave infezione. [A. Lai]

Buenos Aires va alla guerra (finanziaria) senza Cristina
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7 Novembre 2014 - 12.15


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di Alessia Lai.

Cristina Kirchner è
fuori gioco, ricoverata per una grave infezione
.
Qualcuno, a noi italiani molto noto, disse tempo fa che a pensar male si fa
peccato ma ci si azzecca quasi sempre. E il pensiero maligno che in questo caso
non smette di fare capolino è che la Presidenta, già sopravvissuta a un cancro
alla tiroide, versi in condizioni di salute sempre più cagionevoli e che queste
vadano di pari passo con gli attacchi politici e speculativi contro
l’Argentina.

L’ultimo
ricovero segue alle recenti prese di posizione della Kirchner e alle sue accuse
lanciate in faccia agli Stati Uniti pochi mesi fa, quando il 24 settembre, di
fronte alla sessantanovesima sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni
Unite, aveva affermato che «Non sono
terroristi solo quelli che piazzano le bombe. Ma lo sono anche coloro che
destabilizzano l’economia di un paese»
causando «fame, miseria e povertà». Un attacco
molto chiaro ai fondi speculativi USA
che non hanno sottoscritto la ristrutturazione del debito argentino e
che grazie alle recenti sentenze del giudice nordamericano Thomas Griesa stanno assediando Buenos Aires pretendendo il pagamento a tassi usurai dei bond da
loro detenuti.

La
Kirchner aveva apertamente accusato i «fondi
avvoltoio che molestano, generano voci, infamie e calunnie e si comportano da
destabilizzatori, come una sorta di terroristi finanziari»
e aveva
rincarato la dose qualche giorno dopo, alla Casa Rosada, dichiarando: «Vogliono affondare la ristrutturazione»
del debito argentino.

L’accusa
era stata implicitamente estesa dai “fondos
buitres”
a Washington, la
sentenza di insolvenza emessa dal tribunale statunitense era infatti «arrivata giusto il giorno prima del secondo
pagamento
(la seconda tranche stabilita dagli accordi stipulati con la
maggioranza dei detentori del debito argentino, ndr)». In quegli stessi giorni
era stato divulgato dall’Ambasciata USA a Buenos Aires un documento che metteva
in guardia i suoi cittadini da una presunta insicurezza in Argentina. «Non sono ingenua, tutto questo non è
casuale»
aveva commentato la Kirchner, concludendo poi, riguardo a presunte
minacce alla sua incolumità arrivate da integralisti islamici e riportate da
alcuni giornali, che se fosse accaduto qualcosa non si sarebbe dovuto guardare
al Medio Oriente ma «al Nord
».
Che sia un caso o meno, qualcosa le è accaduto: la Presidenta è ricoverata e i
medici parlano della necessità di riposo assoluto.

Tuttavia,
poco prima della nuova malattia, la Kirchner ha fatto in tempo, ai primi di
ottobre, a mettere mano alla presidenza
della Banca Centrale argentina
, da troppo tempo in disaccordo con la linea
politica del governo in materia finanziaria. La moneta argentina è sotto attacco
da lungo tempo e la BCRA, sotto la
direzione Juan Carlos Fábrega, non
ha agito nell’interesse del Paese.

Fábrega
si era limitato ad aumentare i tassi di interesse per contrastare l’inflazione,
senza fare niente per cercare di porre un freno al cambio parallelo del
dollaro, del quale – tra l’altro – pare abbia beneficiato suo fratello,
collegato a due banche che hanno portato fuori dal Paese enormi capitali in
dollari (la cui scarsità affligge il Paese) attraverso il meccanismo detto del “contante con liquidità”, che consiste
nell’acquisto di titoli in pesos e la sua vendita immediata all’estero in
dollari.

Negli
ultimi mesi Cristina Fernández aveva duramente criticato l’inattività della BCRA il cui risultato era stato l’accumularsi di
80 mila denunce – inevase – di presunte illegalità nel mercato dei cambi. Il
conseguente passo indietro di Fábrega ha aperto la strada alla nomina al BCRA
di Alejandro Vanoli, ex presidente
della Commissione nazionale valori. Da allora il sistema del “contante con
liquidità” è al centro di una vera e propria campagna. Proprio lunedì scorso,
il 5 novembre, la Banca Centrale argentina ha comminato una multa di 160 milioni di pesos al Banco de
Valores
ed ai suoi dirigenti per irregolarità in operazioni di questo
genere. La sanzione fa riferimento ad una indagine iniziata a partire dalla
registrazione di operazioni irregolari tra giugno e ottobre 2008 da parte di Banco de Valores. Il BCRA ha trovato
insufficiente la giustificazione data per l’origine dei fondi di operazioni
legate al giro di valute all’estero a partire da operazioni di “contante con
liquidità”.

«La Banco de Valores ha realizzato in
maniera incompleta i fascicoli dei clienti che compravano titoli. Non chiedeva
informazioni sull’origine dei fondi, nonostante esistesse la possibilità di
essere di fronte a manovre di riciclaggio. Ci sono state infrazioni finanziarie
per un importo totale di 194 milioni di dollari»

ha spiegato una fonte ufficiale della Banca Centrale al quotidiano argentino Página12.

All’assunzione
di Vanoli al BCRA fanno da supporto altri cambiamenti che vanno anch’essi nella
direzione di incrementare il controllo
sul sistema finanziario
: Cristian Girard lo ha rimpiazzato alla CNV e ha
immediatamente sospeso la finanziaria Mariva
Bursátil
SA, per non avere fornito le informazioni richieste in merito
ad operazioni con buoni che permettono di fare manovre di “contante con
liquidità”. Mariva era stata
citata dalla stessa Presidenta Cristina Fernández, assieme a Balanz Capital, Banco Macro e Patagonia,
nel discorso che aveva preceduto l’uscita di Juan Carlos Fábrega dal BCRA, per
aver mosso in un anno 11.782 milioni di dollari attraverso operazioni di
“contante con liquidità”, quasi la metà del totale di valute operate attraverso
questo meccanismo. E l’operazione
trasparenza continua
: il 22 ottobre, la Banca Centrale ha coordinato una
megaoperazione di controllo su una dozzina di entità finanziarie tra agenzie di
cambio, società di Borsa e cooperative di credito. Pochi giorni fa ha invece
sospeso per due mesi la finanziaria Cambio
América
per vincoli con una società di borsa – proprietà della stessa
società – già sospesa, la Valores América,
sempre per operazioni di “contante con liquidità”.

Gli
speculatori finanziari, insomma,
sono nel mirino del governo argentino, e visto che spesso questi hanno stretti collegamenti con le grosse aziende
multinazionali
, anche queste sono finite sotto la lente di ingrandimento.
Pochi giorni fa, il capo di Gabinetto argentino, Jorge Capitanich, usando gli stessi termini adoperati dalla
Kirchner di fonte all’Assemblea Onu, ha denunciato che nel Paese esistono imprese che «esercitano attivamente il terrorismo economico attraverso azioni di
speculazione sistematica»
. Durante la sua relazione bimensile dalla
Camera di Deputati, Capitanich ha denunciato come parte di questa trama le
imprese General Electric SA, Maltería Pampa SA, il laboratorio Monte Verde S. A. e la Procter & Gamble. Le manovre
denunciate, e che sono oggetto di investigazione amministrativa da parte
dell’AFIP (l’Amministrazione Federale delle Entrate erariali), includono
sottofatturazione di esportazioni, sovrafatturazione di importazioni e la
manipolazione dei prezzi di trasferimento con l’obiettivo di evadere o evitare il pagamento di imposte
nel paese
.

Secondo
le stime la fuga di valuta nel 2012
attraverso i prezzi di trasferimento (un prezzo attribuito a beni o servizi
trasferiti fra imprese diverse di uno stesso gruppo industriale o commerciale
sottoposti a differenti regimi fiscali avendo sede legale in Paesi diversi) è
stata di 13.218 milioni di dollari, il 9
per cento del totale del commercio estero
.

Riguardo
la General Electric, Capitanich ha
accusato i suoi dirigenti di applicare una «sovrafatturazione di importazioni
ed aumento di prezzi, il che implica maggiore uscita di dollari ed incremento
della struttura di costi per generare un impatto nel bilancio fiscale».

La
situazione denunciata dal capo di Gabinetto non è ancora arrivata in tribunale
ma è emersa da un’indagine fatta direttamente dall’AFIP. La compagnia Maltería Pampa S. A., che fa parte del
gruppo multinazionale Ambev – dedito
alla produzione globale di birre – ha invece realizzato una «sottofatturazione
nelle esportazioni, che provoca minore entrata di dollari nel paese ed una
diminuzione di utili della filiale locale».

La
frode stimata si aggirerebbe intorno
ai 234 milioni di dollari e per porla in atto si sarebbe usato un sistema di triangolazione mediante
imprese collegate, alcune con sede in Uruguay. Inoltre gli amministratori della
Maltería Pampa fanno parte anche del direttivo di Hohneck S.A., impresa dedita ai servizi di finanziamento e
di Lambic Holding S. A., altra
finanziaria. Il che porta a pensare che il denaro sottratto all’erario sia
stato utilizzato da queste società.

L’altra
azienda denunciata è stata Monte Verde S.
A
., impresa controllata dai Laboratori
Raffo
. Secondo Capitanich, le operazioni illecite si aggirerebbero
intorno ai 16 milioni di dollari e sarebbero frutto di una sottofatturazione:
«In questo caso è stato rilevato l’utilizzo di un accordo di cooperazione
commerciale firmato col Perù col quale si esposta ad un terzo di quello che
vale il prodotto», ha dichiarato il ministro.

L’
AFIP, dal canto suo, ha reso noto che una volta concluse le indagini amministrative «nella misura in cui il risultato delle
indagini darà impulso a una causa in
sede giudiziale
»
si procederà a rendere pubblica l’informazione, come è
stato fatto nel caso di Procter & Gamble che il 3
novembre è stata sospesa.
All’impresa multinazionale, accusata di frode fiscale e fuga di valuta, è stata
congelata l’iscrizione nel registro degli importatori ed esportatori, così come
la possibilità di operare nel mercato del cambio di valute. L’organismo di
controllo ha dettagliato in un comunicato che la misura è stata presa in
seguito a sovrafatturazione di importazioni per 138 milioni di dollari: P&G
realizzava acquisti in Brasile, ma li fatturava attraverso una filiale
dell’azienda registrata in Svizzera – un paradiso fiscale – per pagare meno
imposte a Buenos Aires. «Il nostro
obiettivo principale è che P&G restituisca alla Banca Centrale le valute
sottratte e che paghi le sanzioni doganiere e l’Imposta sui Guadagni evasi per
la manipolazione dei prezzi di trasferimento»
, ha sottolineato il
presidente dell’AFIP, Ricardo Echegaray, aggiungendo che «le compagnie multinazionali non possono gestire i loro guadagni
ingannando lo Stato, evadendo imposte e favorendo la fuga di valuta, poiché
questa condotta irregolare ostacola lo sviluppo della Nazione, privando i suoi
cittadini di risorse per i servizi pubblici, salute, educazione, giustizia,
trasporto, pensione ed altri investimenti sociali»
.

Nel
mirino delle agenzie di controllo governative ci sono anche le grandi imprese cerealicole: per ora le
multinazionali Bunge e Cargill sono sottoposte a verifiche
per la triangolazione realizzata attraverso Zonamérica, la zona franca ubicata
a Montevideo, in Uruguay. È noto che nell’economia globalizzata commercio e
finanza si intreccino, come pure che i loro interessi spesso coincidano con
quelli del primo nemico dell’Argentina, gli Stati Uniti.

Sarebbe
eccessivo rintracciare un piano stilato a tavolino per mettere in ginocchio
Buenos Aires attraverso gli interessi di imprese private, ma è un dato di fatto
che questi coincidano con le mire nordamericane sull’Argentina.

Lo
spirito “mercatista”, l’uso del capitalismo apolide come
un’arma
, fanno parte dell’essenza stessa degli Stati Uniti d’America, della
loro pretesa che il resto del mondo non si possa sottrarre ai sistemi di
regolamentazione creati per fare degli USA la più grande potenza mondiale.

Avere
allontanato dall’Argentina le mani del FMI e della Banca Mondiale è stato il
peggiore affronto che Buenos Aires potesse fare a Washington, soprattutto
perché ha dimostrato che si può esistere
senza il cappio al collo del prestito internazionale
.

La
sentenza emessa dal giudice Griesa in favore dei “fondos buitres” è la
punizione per questa “insubordinazione”: un magistrato nordamericano decide di
mettere in mora una intera nazione e al di là delle cifre assurde e usuraie
pretese da questi “fondi avvoltoio” (il cui pagamento ridurrebbe il Paese sul
lastrico) e il nocciolo della vicenda sta nel fatto che Washington ha necessità
di continuare a legittimare un sistema economico globale che la pone ancora al
centro del mondo. L’Argentina di Cristina Kirchner è uno dei granelli latinoamericani insinuatisi in
questo meccanismo. Per ora Buenos
Aires resiste, anche senza la Presidenta in prima linea, ma l’Impero sta
facendo di tutto per annientarla.

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