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Caro Tsipras, il problema è la BCE

Il consiglio più utile per il governo Tsipras potrebbe provenire proprio da un tedesco: Karl Marx. La sua analisi sulla Comune di Parigi e la Banca Centrale

Caro Tsipras, il problema è la BCE
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8 Luglio 2015 - 23.58


ATF

di Manfredi
De Leo
.

La
piccola Grecia ha vinto una battaglia importante, di quelle che
lasciano il segno e che danno speranza. Ma pur sempre una battaglia,
non certo la guerra di cui parlava, con cognizione di causa, il
ministro delle finanze ellenico Varoufakis. Così, mentre in piazza
Syntagma sventolano le bandiere rosse, già si intravedono i primi
movimenti avversi nelle cancellerie europee, e nei grigi uffici di
Bruxelles e Francoforte la reazione inizia a riorganizzarsi.

Gli
spazi di manovra del governo Tsipras si assottigliano ora dopo ora,
principalmente a causa dei vincoli monetari che la BCE impone al
sistema finanziario ellenico: la liquidità a disposizione degli
istituti di credito, necessaria per l’ordinario funzionamento
dell’economia, rischia di terminare presto, mentre pende sulla
testa del governo greco la spada di Damocle del rifinanziamento del
debito pubblico in scadenza. 

A
ben vedere, fu proprio la BCE a mettere in atto la prima vera
reazione politica all’elezione del governo Tsipras, a pochi giorni
dal suo insediamento, negando alle banche elleniche la possibilità –
garantita durante i governi precedenti – di ottenere liquidità in
cambio di titoli pubblici greci. In questa maniera, il sistema
finanziario ellenico perse un discreto grado di autonomia nella
gestione della liquidità, e fu costretta a reperire il denaro
dall’ultimo canale rimasto attivo, l’ELA. 

Come
suggerisce il nome, l’Emergency Liquidity Assistance può
rappresentare solamente un riparo temporaneo per il sistema
finanziario, perché garantisce un ammontare predeterminato di
liquidità, e dunque mal si presta a gestire la stabilità
finanziaria nel medio e lungo termine. L’ELA dipende direttamente
dalla BCE, che decide durata e dimensione del programma di
assistenza. 

Insomma,
fin dall’insediamento del governo Tsipras, la BCE ha deciso di
tirare le redini del sistema finanziario greco, facendo pesare nei
negoziati tutta la sua autorità. E nelle scorse settimane, quando
Tsipras ha fatto saltare i piani della troika indicendo il
referendum, la BCE prima ha negato, insieme agli altri creditori, la
tranche da 7,2 miliardi di euro del prestito accordato alla Grecia,
impedendogli così di ripagare la rata dovuta al FMI, e poi ha deciso
di alzare ulteriormente il grado di pressione esercitato sulla pelle
dell’economia greca con una mossa astuta: ha esteso i termini del
programma ELA di qualche giorno, in modo da consentire lo svolgimento
del referendum (e nella speranza che i greci si facessero vincere
dalla paura), ma non ha aumentato la quantità di denaro cui il
sistema finanziario poteva attingere.

Questa
decisione ha costretto il governo greco ad imporre i controlli sui
movimenti di capitali, il tetto ai prelievi dai bancomat e la
chiusura delle banche, contribuendo ampiamente al clima di terrore
che ha gravato sul referendum. Tuttavia, i greci non hanno chinato il
capo. Ma quanto ancora può la piccola economica ellenica resistere
alla stretta monetaria che le viene imposta dall’architettura
istituzionale europea? Entro questo contesto, le prossime mosse del
governo Tsipras saranno decisive: o si faranno saltare i meccanismi
perversi che hanno messo in ginocchio la Grecia, oppure l’austerità
tornerà rapidamente a dominare la vita economica e sociale di quel
paese, e dell’Europa tutta. 

Per
ironia della sorte, in questa drammatica situazione il consiglio più
utile per il governo Tsipras potrebbe provenire proprio da un
tedesco. Quello giusto, ovviamente. Nella sua analisi delle vicende
della Comune di Parigi, Karl Marx non mancò di osservare che i
comunardi avevano commesso un errore che si rivelò fatale per
l’eroica impresa. Dopo i primi fondamentali successi, con il
governo Thiers in fuga dalla città, i comunardi rinunciarono alla
presa della banca centrale, quella Banca di Francia che governava il
sistema finanziario del paese. Si raggiunse un compromesso per il
quale l’autorità monetaria sarebbe rimasta sotto l’influenza del
governo Thiers, ma avrebbe al tempo stesso garantito liquidità alla
Comune. 

Secondo
Marx, quel compromesso fu il preludio della fine – tragica –
della Comune di Parigi. Infatti, la Banca di Francia iniziò
gradualmente a ridimensionare i prestiti concessi alla Comune,
spingendo rapidamente Parigi al collasso proprio mentre il governo
Thiers poteva contare su tutta la liquidità necessaria ad
organizzare la repressione. Per Marx, dunque, la Comune doveva
mettere le mani sulla banca centrale. Senza il governo della moneta,
il sistema economico può tramutarsi in una trappola da cui non si
esce vivi, esattamente come sta avvenendo oggi in Grecia. 

Come
mettere a frutto la saggezza di Marx oggi? Forse sperando che il
governo Tsipras non si limiti a contrattare condizioni meno onerose
ed una piccola ristrutturazione del debito, perché queste operazioni
di facciata, che pure lenirebbero le sofferenze del popolo greco, non
intaccherebbero la radice del problema. Per non ripetere l’errore
dei comunardi, il governo Tsipras dovrebbe mettere in discussione la
posizione della BCE, una banca centrale che ha trasformato la
politica monetaria nel principale strumento di affermazione di quel
disegno politico che chiamiamo austerità. Questa volta, sì, sarebbe
proprio il caso di dar retta ad un tedesco. 
Whatever
it takes
.

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