Contro le convenzioni dei mercati | Megachip
Top

Contro le convenzioni dei mercati

'«Ma a distanza di ben 67 anni, non possiamo ancora trattare Keynes come una reliquia del passato, per usare una sua nota espressione. Tutt''altro...»'

Contro le convenzioni dei mercati
Preroll

Redazione Modifica articolo

11 Febbraio 2014 - 14.12


ATF

di Anna Carabelli e Mario Cedrini

—————–

John Maynard Keynes, [i]Le mie prime convinzioni[/i], a cura di David Garnett, ed. orig. 1949, trad. dall”inglese di Pierangelo Dacrema e Brunela Bruno. Con un saggio di Giorgio La Malfa, pp. 144, € 12, Adelphi, Milano 2012

—————–

I due saggi dei quali Keynes autorizzò unicamente la pubblicazione postuma, le Two Memoirs lette al gruppo dei Bloomsburys e a questi ultimi destinate, sono di nuovo, finalmente, disponibili anche in italiano (1), e non solo per gli economisti affascinati dall”intelligenza multiforme di Keynes. La scelta del titolo dell”edizione Adelphi, che è poi quello del secondo delle due memorie, My Early Beliefs, conduce il lettore verso una sorta di autobiografia nascosta, che soltanto la morte dell”autore concede in lettura ai non-iniziati.

Ma a distanza di ben 67 anni, non possiamo ancora trattare Keynes come una reliquia del passato, per usare una sua nota espressione. Tutt”altro: e non solo per le indubbie capacità letterarie dell”economista, capace di portare il lettore, senza quasi che questi si accorga del viaggio, al primo dopoguerra (“Melchior: A Defeated Enemy”, scritto nel 1921), alla conferenza di pace e al problema dell”approvvigionamento dei Tedeschi, e poi alla vigilia della catastrofe degli anni Quaranta (“My Early Beliefs” risale al 1938), e soprattutto all”interno del gruppo di artisti e intellettuali del Memoir Club, con il “vecchio” e “nuovo” Bloomsbury.

Tutt”altro, perché è difficile non percorrere il cammino inverso, leggendo Melchior e le parole di Keynes, che ammette di osservare con occhi da “turista” la “dignità degli sconfitti”; è difficile non tornare alla nuova tragedia, recitata con ruoli invertiti, che investe l”Europa, stremata non da una guerra, ma neanche da un disastro dai soli effetti economici; difficile non provare a immaginare quel che il Keynes delle Conseguenze economiche della pace, il Keynes che fu tra i pochi a sostenere la causa della dignità tedesca (e insieme del destino economico del continente), penserebbe dell”impasse di debito del continente.

L”attenzione dello specialista è quasi tutta per My Early Beliefs. Ed è ancora la crisi finanziaria e poi reale a indurre la riflessione. Perché [i]My Early Beliefs[/i] è tradizionalmente letto come [i]excusatio non petita[/i], a distanza, dei Bloomsburys: scusateci, troppo “razionalisti e cinici” in gioventù, non sapevamo ancora che la civiltà non è che una “crosta fragile e sottile”.

Keynes fa finalmente i conti con il maestro spirituale Moore? Certo, ma li fa bene. Perché Keynes fece sua la “religione” di Moore, il fine ultimo di una vita buona e giusta, e da qui deriva il suo sempre acceso anti-utilitarismo, l”amore per il denaro e il tesoreggiamento come nemici, l”eutanasia dei rentiers. Ma fu critico del capitolo dei Principia Ethica sull”Ideale, condannò la scelta di Moore di ritenere significativi unicamente gli [i]states of mind[/i] e non gli [i]states of affairs[/i], e si oppose a una concezione unitaria del bene (sottolineandone varietà e molteplicità), in ciò avvicinandosi ad Aristotele e all”eudaimonia.

Quanto al capitolo dei Principia sulla condotta, Keynes mentì, inserendo se stesso tra i Bloomsburys che non vi avevano prestato attenzione. Il Keynes degli scritti giovanili, e quello del Trattato sulla probabilità provano disagio per alcuni aspetti della filosofia mooreiana; per la concezione frequentista-empirista della probabilità, per la pretesa necessità della calcolabilità e della misurabilità della probabilità e del bene, per la morale convenzionale che, non potendo l”uomo soddisfare tali esigenze, ne derivava.

Keynes resta, orgogliosamente, un “immorale”, e un difensore della possibilità del giudizio individuale, anche in assenza di certezze sulle conseguenze dell”azione in un futuro distante o remoto.

Ci si può accontentare di un ragionamento probabile, che fornisca some reasons per credere. Ma allora, l”autocritica sul razionalismo? Keynes sposa, alla fine, lo scetticismo di Hume? Ancora oggi, My Early Beliefs solleva più dubbi che certezze. Certo, Keynes riconosce che le forze dell”ignoranza e dell”incertezza sono più potenti di quanto credesse. Ed è disposto, nella General Theory, a discutere di animal spirits e convenzioni. Non ci si può “liberare senza difficoltà” dai “vincoli” delle convenzioni. Ma è davvero difficile rappresentare la General Theory come una resa. Senza teoria, e senza ragioni sia pur parziali, resteremmo ostaggio delle passioni, e delle convenzioni: quelle che alcuni, “pochissimi”, hanno “abilmente imposto e astutamente preservato”.

Questa è la civiltà, spiega Keynes, ma senza firmare l”armistizio. L”impulso a protestare è ancora lì, anzi sembra essere l”essenza stessa della Teoria generale: è un saggio sulla ragione, contro le convenzioni dei mercati, le passioni, il populismo e persino la guerra. Una fondamentale dichiarazione di guerra alle convenzioni e all”incertezza, pronunciata da un economista che non rinuncerà mai alla possibilità del cambiamento.

Note:

1) Erano stati pubblicati nel lontano 1974 da Einaudi, nell’edizione italiana degli Essays in Biography di Keynes. che ha per titolo Politici ed economisti (introduzione di Roy Jenkins), e poi abbandonati sulle bancarelle dei remainders.

Anna Carabelli, insegna Economia politica all”Università del Piemonte Orientale. (anna.carabelli@eco.unipmn.it)

Mario Cedrini, insegna Economia politica all”Università di Torino. (mario.cedrini@unito.it)

<br

[url”Torna alla Home page”]http://megachip.globalist.it/[/url]

Native

Articoli correlati