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Scienza e natura. Una conferenza di Frjtiof Capra. [Luca Chiarei]

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17 Giugno 2014 - 10.25


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di Luca Chiarei

Questa recensione di Luca Chiarei è un inizio di riflessione su temi cruciali ma ben poco conosciuti dal pubblico di massa. Testimonia l”attenzione riscossa da uno studioso di fama mondiale che ha affrontato i temi dello sviluppo sostenibile, dell”ecologia e della teoria della complessità. Il suo “Il Tao della fisica” del 1975 fu tradotto in italiano nel 1982 da Adelphi e la sua visione è da alcuni osannata e da altri criticata per la tendenza a coniugare una “nuova fisica” con la tradizione del misticismo orientale (Taoismo in primo luogo).

[right](Ennio Abate)[/right]

È uscito in questi giorni, presentato a Milano lo scorso 26 Maggio al centro San Fedele, “Vita e natura. Una visione sistemica” del fisico e saggista austriaco Fritjof Capra e del biochimico Pier Luigi Luisi. Il libro vuole affrontare i sempre più gravi problemi socio-ambientali che oggi mettono in discussione la sopravvivenza del genere umano. E propone un quadro concettuale coerente della realtà vista come sistema per mettere la politica in grado di fare scelte scientificamente consapevoli.

Si tratta di un libro per molti aspetti didattico, divulgativo se vogliamo, rivolto principalmente agli umanisti, ai protagonisti delle scienze umane, ai politici nel senso etimologico del termine. Non per questo lo dobbiamo considerare una sorta di manifesto per una nuova aggregazione di interessi generali, come lo stesso Capra ha più volte ripetuto. Meglio considerarlo un “semplice” (si fa per dire) strumento di lavoro al servizio di prassi politiche responsabili.

Il libro ha un taglio multidisciplinare, spazia nelle quattro dimensioni della vita individuate dagli autori: biologica, sociale, cognitiva e ecologica; e si fonda sul concetto della rete, intesa come un sistema le cui proprietà superano e trasformano le parti che la compongono. Per i due studiosi i sistemi biologici non solo operano in rete ma sono essi stessi al loro interno una rete; ed offrono un bell’esempio di come dovrebbe o potrebbe organizzarsi una comunità sostenibile. Una comunità cioè capace di superare il “pensiero unico”, che mira ad una crescita economica illimitata e purtroppo resta ancora oggi il cardine delle società contemporanee.

È questo pensiero lineare (e l’idea di un tempo storico altrettanto lineare che l’accompagna) che impedisce di cogliere la complessità di una rete, cioè degli altri punti (culture diverse, prassi alternative, economie, gruppi/classi sociali altre) che la compongono; e, di conseguenza, li trascura o marginalizza. Un pensiero non-lineare è, invece, capace di cogliere tutte le sfaccettature della struttura della realtà. E, perciò, rendere evidente quanto siano incompatibili l’idea di una crescita economica illimitata e la realtà di un mondo fisico che invece non lo è.

Le conseguenze del capitalismo con le crescenti disuguaglianze tra fette sempre più larghe della popolazione mondiale sono per Capra e Luisi incompatibili con la visione di una economia sostenibile. Il dibattito su quale sia, dopo una tale critica, l’alternativa possibile trova spunti interessanti nella loro proposta di una economia incentrata su altri paradigmi della crescita legati alla qualità, su indicatori diversi dal PIL e sul modello evolutivo dei sistemi naturali. I due autori auspicano l’avvento di una nuova generazione di “letterati in ecologia”, da intendersi come scienza, atipica, della sostenibilità ecologica.

Buona parte del libro è dedicata ad una analisi sulle fondamenta biologiche della vita e su i modi della sua sopravvivenza. Gli autori ci dicono che in ogni cellula troviamo una serie di sostanze e elementi che costituiscono la base comune a tutto ciò che vive e che si trovano “distribuite” nella rete generale. Dunque “sentire” l’unione tra noi – intesi come singoli individui e come specie – e tutti i viventi non è solo un moto dello spirito ma appartiene alla consapevolezza scientifica, di cui anche gli studi sull’empatia/neuroni specchio rappresentano una ulteriore dimostrazione.

Ogni cellula, dunque, è composta anche al suo interno da una rete di interazioni fisiche e chimiche che si condizionano a vicenda. Pertanto ogni suo singolo elemento non ha un valore intrinseco in sé: non esiste, cioè, un organo in cui sia possibile “collocare” la vita, se non la rete stessa. L’interazione sistemica fa sì che gli organismi viventi siano continuamente impegnati nella trasformazione per adattarsi all’ambiente e per affermare il proprio sé. La morte, perciò, è la progressiva rottura dei legami all’interno del sistema. Questo processo è indicato con il termine di ‘auto-poiesi’(o fenomenologia della cellula, per dirla in modo più suggestivo) e si richiama all’opera di altri due ricercatori delle scienze biologiche quali Maturana e Valera.

A questo punto del ragionamento mi sarei aspettato che si affrontasse il tema di come incrociare l’idea di auto-poiesi con l’entropia – cioè il progressivo degrado che sottende ogni azione di qualunque tipo essa sia in un contesto fisico e di interazioni energetiche, la cui efficienza non potrà mai essere assoluta. Le leggi della termodinamica ci insegnano, infatti, che l’efficienza di qualsiasi atto, meccanico, chimico o biologico che sia, non potrà mai essere al 100%. Questo significa che l’evoluzione biologica e di ogni rete, anche naturale, incontra la sua fine per superamento dei livelli di entropia. Lo sviluppo sostenibile sarebbe dunque quello che rallenterebbe l’impatto storico dell’uomo nel suo ambiente adeguandosi ai tempi biologici. Come si concilia dunque con l’idea di una auto-poiesi che struttura invece la possibilità stessa della vita? La questione necessiterà di ulteriori approfondimenti.

Non poteva mancare in questo libro un riferimento anche al tema delle relazioni tra scienza e religione. La tensione trascendente verso l’assoluto non rappresenta per gli autori un elemento di contraddizione con la loro opera. Essi però si oppongono alle tesi del creazionismo contrapponendovi la teoria della contingenza per la quale non è solo il caso ad amministrare il mondo bensì l’infinita molteplicità delle variabili possibili.

(6 giugno 2014)

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