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BIOCENTRISMO. Recensione del libro di Robert Lanza

'Dopo un lungo ''facciamo – facciamo'', pare arrivare il necessario ''cosa stiamo facendo?'', ''che senso ha ciò che stiamo facendo?'' '

BIOCENTRISMO. Recensione del libro di Robert Lanza
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13 Aprile 2015 - 05.36


ATF

di Pier Luigi Fagan

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Il libro arriva qui, alla periferia
dell’impero, sei anni dopo la sua uscita in USA. Conseguente la sua
uscita americana, si è sollevato un discreto vespaio con alcuni
sostenitori (dal guru Deepak Chopra al Nobel per la medicina E. Donnall
Thomas) e molti detrattori. Tra questi i fisici teorici e scrittori di
scienza come D. Lindley e L. M. Krauss nonché il filosofo della mente D.
Dennett. Poiché i primi negavano al lavoro dignità scientifica e gli
concedevano semmai statuto filosofico (che dal loro punto di vista
equivaleva a dire che era un’amabile chiacchierata senza senso), il
secondo respingeva anche questa attribuzione, dicendo che il lavoro non
aveva alcun criterio di fondatezza filosofica. Dennett è citato
espressamente nel libro di Lanza (pg.171-172)
e non positivamente poiché secondo Lanza, il voluminoso (e francamente
noiosissimo) Consciousness Explained (D.Dennett, Coscienza. Che cosa è,
Laterza, Roma-Bari, 2009) nella comunità degli studiosi, pare sia stato
ribattezzato Consciousness Ignored. E’ chiaro che Dennett non l’abbia
presa bene.

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Lanza, allievo tra gli altri di B. F.
Skinner,  Ã¨ considerato il massimo esperto mondiale di cellule
totipotenti, le staminali. Non è quindi un dilettante allo sbaraglio e
non ha agito da solo avendo come co-autore un astronomo (Bob Berman).
Ma, poiché ha l’ardire di occuparsi
di fisica, saltando l’invisibile steccato che separa i greggi
disciplinari ed oltretutto di subordinare l’ espisteme della fisica (e
della chimica), alla biologia, è chiaro che ha fatto gridare allo
scandalo. L’Editore italiano (il Saggiatore) ha sentito allora il
bisogno di giustificare la pubblicazione con una breve introduzione che
riporta quanto qui abbiamo riassunto ma aggiungendo una chiave
interpretativa interessante.

Negli USA c’è una inaspettata rinascita
della metafisica [1].C’è in effetti in filosofia generale, dove le truppe “analitiche” non
sono più così pure e compatte e soprattutto dove c’è un vorace interesse
per l’ontologia e c’è evidentemente anche in epistemologia intesa come
pensiero filosofico sulla scienza. E’ un po’ come se dopo lungo
“facciamo – facciamo”, ora fosse arrivato il necessario “cosa stiamo
facendo?”, “che senso ha ciò che stiamo facendo”? Sopratutto nei casi di
chi si occupa di vita, clonazione, bio-esistenza, c’è un grande ritorno
dell’Essere.

ghirardi

Biocentrismo è la tesi che, poiché la
fisica si basa sulla meccanica quantistica ma la meccanica quantistica
si basa sulla coscienza umana che è un di cui della biologia -ergo- una
eventuale Teoria del Tutto (TOE) dovrebbe avere centro in biologia. 
Scrivendo qui un articolo e non un libro, dovremo dar per presupposto
che il lettore sia iniziato ai primi livelli
misterici della meccanica quantistica. La meccanica quantistica (mq) è
la fisica non degli atomi o degli aggregati di atomi, ma di ciò che è
più piccolo degli atomi [2].

In questo regno del molto piccolo non valgono le regole dei regni
superiori. Questa fisica nata con l’inizio del secolo scorso ha due
aspetti divergenti. Siamo in grado di conoscerla attraverso l’opportuna
descrizione matematica. La conosciamo con la precisione che è consentita
pare dalla sua intrinseca natura che non è fatta di certezze ma di
probabilità quindi con una matematica statistica. Possiamo però dire di
conoscerla perché essa risponde ai criteri di descrizione ma anche a
quelli di riproduzione, facciamo cioè esperimenti attivi in base a
questa conoscenza e succedono proprio le cose (per quanto strane) che ci
aspettiamo debbano succedere.

Siamo in grado anche di costruire cose
(ad esempio tutto ciò che deriva dal concetto di laser ma anche i
transistor ed i computer stessi) usando questa conoscenza, quindi essa
corrisponde a qualcosa di reale e concreto. Il secondo aspetto della mq,
l’aspetto più affascinante e controverso, è capire cosa significhi per
noi ciò che quella matematica o quell’insieme di eventi e dinamiche
sottostanti quelle descrizioni matematiche, ci mostrano essere. Cioè
sappiamo come funziona al punto da far predizioni sperimentali ed
addirittura al punto da usare questa fenomenologia per fare cose ma
rimaniamo sconcertati  quando ci fermiamo a pensare: “ma come funziona
questo mondo del molto piccolo?”. Lo sconcerto per quel “ma come
funziona?” non si riferisce, come detto, alla dinamica ma al
significato. Pare infatti che questo mondo sia nel regno del potenziale e
non dell’attuale. Perché
possa passare dalla molteplice possibilità e scegliere di essere una
specifica attualità, per dirla seguendo Aristotele, molti fisici pensano
sia necessaria una coscienza [3].

Gatto39

Una coscienza sarebbe ciò che è in grado di trasformare quella nube di
possibilità che pare contraddistingua lo stato della materia e della
radiazione a livelli di scala molto piccola, in un “tode ti”, un “questo qui”. Senza una coscienza che (misura) osserva, non c’è né l’individuazione (questo), né la localizzazione (qui).
Si tratterebbe insomma di una variante
del gioco delle “belle statuine”. Qui, un soggetto, si volta dando le
spalle ad un gruppo di amici-amiche i quali si muovono di qui e di là
prendendo varie posizioni e forme ma fermandosi solo quando il soggetto
si volta. Quando il soggetto dà le spalle tutto è in movimento e tutto è
ancora possibile, quando si volta tutto si ferma e si blocca in un dato
modo, è lo sguardo che crea le statue.

Questa è una variante del mito
delle Gorgoni, le tre terribili sorelle, incrociando il cui sguardo, si
rimaneva pietrificati [4].

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A questo punto, di solito, ci va la
citazione di un perplesso Einstein che passeggiando con il suo biografo (
a sua volta, un fisico, A.Pais) al chiar di luna in quel di Princeton,
ebbe a proferire il famoso dubbio “Veramente è convinto che la Luna esista solo se la si guarda?” [5].
Questo punto però non è chiaro. Alcuni, tra coloro che scrivono
dell’argomento, sostengono che la meccanica quantistica valga solo al
suo livello di dimensione [6]
e leggendo poi degli esperimenti, si scopre che questi sono fatti quasi
sempre su singoli oggetti (elettroni, fotoni, forse protoni etc.). Ma,
in natura, questi oggetti, soprattutto protoni ed elettroni, non sono
soli, fanno parte di strutture (atomi) che a loro volta sono parte di
strutture più grandi (molecole) che a loro volta fanno parte di
strutture più grandi.

Il dubbio è: ma non è che questi oggetti vengono
precisati (ovvero collassa la loro funzione d’onda) proprio dalla
struttura di cui andranno a fra parte?
Questo poi non sarebbe altro che un modo
che s’incontra assai spesso nell’osservazione dei processi naturali ed
anche umani intenzionali. Il modo è quello di un certa ridondanza o
pluralità di stati e condizioni o multiple probabilità da cui proviene
uno stato, una condizione, un’attuazione, un singolo accadimento.

La natura sa che è solo proponendo molto che poi si può realizzare il
complesso incastro che coinvolge molte parti e relazioni in sistemi e
sistemi di sistemi che fanno il Tutto, oltretutto in perenne divenire,
quindi in continuo cambiamento delle relazioni tra le parti che lo
compongono. L’essere in atto quindi, sarebbe un di cui limitato e
specifico di un essere in potenza ben più vasto e plurale, il reale
emergerebbe da un ribollente oceano di virtuale.

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Se così fosse, se il mondo quantistico e nello specifico, il mondo
sperimentale umano appllicato su questo mondo sub-atomico, fosse solo un
di cui regionale del più vasto mondo macroscopico, questo sottrarrebbe a
Lanza, il perno d’appoggio più importante per la proposizione del suo
tipo di biocentrismo. Rimarrebbe un territorio centrale di spiegazione
della microfisica quantistica rispetto alcuni dei suoi fenomeni ancora
da precisare ma seguendo una logica emergentista, a livello dell’atomo o
meglio, da lì in poi, potremmo ignorare la faccenda e continuare a
ritenere che la Luna, lì su in cielo, c’è anche quando nessuno di noi la
guarda e la Terra era quello che era per i 4,5 miliardi di anni in cui
nessuno di noi era lì a guardarla e così per i probabili 13,5 miliardi
di anni di ciò che chiamiamo Universo. Non sarebbe l’osservatore dotato
di coscienza a far collassare la funzione d’onda, a rendere attuale la
potenza ma il Tutto. Il Tutto sarebbe il risultato della relazione tra i
suoi “in potenza” secondo una architettura processuale che li rende in
atto [7] ma anche divenienti [8].

Lanza va poi alla demolizione delle nozioni di spazio ed a quelle di tempo.
Il tempo sarebbe il processo attraverso cui noi percepiremmo i
cambiamenti dell’universo e lo spazio, un’altra nostra modalità
cognitiva, una nostra rappresentazione, un dato interno alla nostra
coscienza. Altresì, solidarizza ovviamente con il Principio antropico
versione forte (versione B. Carter, debole; versione J.D. Barrow – F.
J.Tipler, forte ed anche fortissima) specie nella versione J. A. Wheeler
cioè del principio antropico partecipatorio. In pratica, noi avremmo il
compito di permettere alla materia di pensare se stessa e di riempire
l’Universo di segnali di bassa entropia. Saremmo agenti in missione per
conto dell’Universo che cerca di contrastare la sua innata tendenza
entropica.

[center]***[/center]

smolin

Il biocentrismo (forte [9])
di Lanza, ambisce ad occupare il posto centrale da cui far scaturire
una Teoria del Tutto. In pratica, il Tutto sarebbe un prodotto della
nostra coscienza e quindi la Teoria del Tutto sarebbe una teoria della
coscienza. L’argomentazione in positivo l’abbiamo vista, quella in
negativo ovvero quella che critica la candidatura della fisica (in
verità la convinzione di un diritto di principio) a svolgere il ruolo di
punto di vista omni-esplicativo è espressa con una certa, efficace,
brutalità: non sappiamo come si è verificato il Big Bang, di cosa si è
concretamente trattato, cosa c’era prima (se c’era un prima), non
sappiamo né cos’è (e se effettivamente c’è) una materia oscura (86%
massa dell’Universo, 26% della sua energia), né tantomeno l’energia
oscura (70% del totale energia universale) [10]. Non sappiamo come scaturisce la vita, men che meno
la coscienza, non sappiamo addirittura cos’è la coscienza, se
l’Universo continuerà ad espandersi perdendosi in una entropia infinita.
Soprattutto, continuiamo a verificare che la fisica dei quanti di
probabilità presuppone, per trasformarsi in energia/materia attuale, di
una coscienza osservante e continuiamo (in fisica) a tener fuori la
coscienza dalla descrizione, continuiamo a presupporre che gli osservati
possano fare a meno degli osservatori, postulando indebitamente
l’esistenza dei primi al netto dei secondi.

Arriva poi, la mazzata
finale sul principale candidato a produrre questa famosa Teoria del
Tutto in fisica, sulla Teoria delle stringhe, un esercizio di pura
matematica che postula l’esistenza di almeno altre “n”
dimensioni senza che: a) queste siano mai realmente verificabili
esistere; b) queste possano essere almeno immaginate secondo logica
umana e non matematica. Non solo per Lanza, la Teoria delle Stringhe non
è scienza, sarà pure matematica ma non essendo verificabile e
sperimentabile (quindi potenzialmente falsificabile), rimarrebbe teoria
oltre la fisica, cioè meta-fisica [11]. E’ chiaro che molti fisici, l’idea del biocentrismo, non l’hanno presa bene.

Rispetto alle religioni che hanno svolto
sino ad oggi il ruolo di Teoria del Tutto, quelle occidentali (ebraismo,
cristianesimo, islam) hanno risolto il problema mettendo in capo al
processo di tutti i processi, un ente onnipotente, onnisciente,
onnipresente non meno inverificabile delle cannucce arrotolate e degli
elastici vibranti dei stringhisti. Quelle orientali invece, con il Tutto
è Uno, giudicando il molteplice maya o samsara, giudicando il tempo
un’illusione e ritenendo la vita così come è senza inizio, è senza fine
(Advaita Vedanta) e puntando al collasso dell’Uno nel Tutto attraverso i
gradi di meditazione che portano all’illuminazione (nirvana), si
avvicinano molto al biocentrismo proposto dall’americano.

solipsismo

Lanza, pone il problema con chiarezza ma non pone la soluzione con altrettanta
chiarezza. Per “soluzione” non intendiamo una contro-teoria di mondo
bella completa e fatta, è chiaro che siamo nell’ambito di spostamenti
paradigmatici, nessuno pretende precisione e completezza finale ma
almeno precisione dei presupposti. Quello cioè che non si capisce e se
l’Autore la pensi come un monismo assoluto tipo Berkeley (e della scuola
buddista Yogacara) che infatti compare qui e lì ed in specie a pg. 163,
dove si dice che non si prende posizione sul problema del “solipsismo” e
si lascia al lettore, il giudizio se la faccenda è un assoluto Tutto è
Uno (esse est percipi) privo di coscienze individuali plurali e
materia o come un Uno fatto di Molteplici.

Altresì non è chiaro se
Lanza sposi Matrix (ovvero cervello nella vasca) o se come scrive a pg.
161 “La natura e la mente non sono irreali, sono correlate”. Questo
secondo sarebbe un idealismo trascendentale di tipo kantiano, dove il là
fuori esiste e sarebbe anche responsabile delle nostre percezioni ma
poiché noi lo possiamo approcciare solo con queste, com’è in sé
(noumeno) a noi è precluso sapere [12].

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Una certa simpatia che traspare per il
concetto cosmico di coscienza, ha fatto arrivare Lanza su molti siti New
Age che vi leggono quello che vogliono leggervi. Ma l’Autore non ha
neanche fatto nulla per non arrivarvi com’è nel caso del problema della
morte e del vero e proprio sodalizio con Deepak Chopra. Confesso che non
sono riuscito a rimanere attaccato la filo del ragionamento, riguardo
la morte. Pare che Lanza, in accordo al primo principio della termodinamica, ritenga l’energia immortale, non creabile, non distruggibile, può cambiare solo forma (pg.193).
Ma se la sostanza è forma come diceva il buon Aristotele, come può dire
che “…nulla è esente da questa immortalità”? Di nuovo, sembra si voglia
lasciare volutamente, una nuvola d’incertezza nel passaggio tra A e B.
Tutto è energia, l’energia è immortale ergo Tutto è immortale. Sarà
anche immortale il Tutto (buon per lui) ma io “muoro” ? Non so,
penso che Lanza pensi che noi si rimanga come i gatti di Schoedingher
ma la versione “gatto vivo” non so bene dove lui pensa di collocarla.
Altresì, colpisce la sicurezza tutt’altro che noumenica con cui, dopo
averci detto che tutto quello che sappiamo di lì fuori è un film della
nostra scatola cranica, postula che l’energia del Tutto non sparirà mai
perché siamo in un “sistema chiuso”. Davvero? E chi glielo ha detto e
cosa intende per “sistema chiuso”, l’Universo o la scatola cranica?

L’ultimo capitolo, finalmente, atterra su
questioni più definite. Può darsi che la mq chiami l’osservatore come
elemento costitutivo del suo sistema (ma altri non sarebbero d’accordo).
Altresì, non v’è dubbio che lo studio dell’architettura cerebrale (e
della funzionalità che in essa si esplica), le neuroscienze, le scienze
cognitive, financo la filosofia della mente e tutto il lavoro ai primi
passi che si è cominciato a fare per definire la coscienza siano non
solo avvincenti, promettenti ma anche assolutamente necessari. Meno
fiducia nutro su gli sviluppi dell’AI almeno fino a che non si
definiranno modelli di cos’è l’intelligenza, la percezione organizzata e
la consapevolezza. La faccenda del libero arbitrio (e gli esperimenti
di B. Libet di cui non abbiamo parlato ma sono davvero interessanti) è
meno importante, forse, di quanto si creda. Ma il punto decisivo, quello
che anche Lanza sa essere il perno della questione da lui sollevata è:
la meccanica quantistica è una fisica dei principi (così come poneva la
questione A. Einstein) o no? Ovvero, la questione dell’indeterminazione,
il collasso della funzione d’onda, il ruolo che sembra decisivo
dell’osservatore è propria solo del livello che va dall’atomo in giù e
forse addirittura di come noi facciamo gli esperimenti o no? Quando vado
a letto e spengo la luce, tutta la mia scrivania e la libreria
accendono un fantastico festino di libere nuvole di probabilità caotica o
rimangono lì uguali a come sono quando io ci sono [13]?

Se le proprietà della mq non dovessero trasferirsi ai livelli
macroscopici, non solo il biocentrismo di Lanza ma anche la fisica,
dovrebbe domandarsi dove e come si manifesta il famoso totale più della
somma delle parti. Cosa fa collassare la funzione d’onda in aggregati
anche non osservati?

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Se
si scoprisse che è la forma, ovvero l’aggregato stesso, la sua
architettura e la sua funzionalità interna, la sua logica di
aggregazione [14],
le relazioni che legano le sue parti in un sistema che ha più coerenza
del suo esterno a imporre all’oceano di probabilità potenziali una certa
qual attualità, allora si dovrebbe trarre un lezione epistemica ben
curiosa: bastava andare in libreria, Metafisica di Aristotele, 17 euro
(libri VII°, VIII°, IX° ovvero sulla sostanza) ed il mistero era bello
che risolto. Non sarebbe la prima ed ultima volta che la fisica collassa
nella metafisica e viceversa. In fondo la situazione principale rimane
sempre quella, Io, Mondo e loro relazione.

Link:

Sito web di Lanza: www.robertlanzabiocentrism.com

Biocentricity: www.biocentricity.net

Biocentrism demystified: http://nirmukta.com/2009/12/14/biocentrism-demystified-a-response-to-deepak-chopra-and-robert-lanzas-notion-of-a-conscious-universe/ [ironia vuole che sia un sito indiano].

NOTE:

[1] Si è recentemente segnalata, ad esempio, una Hegel’s renaissance: http://www.hegelpd.it/hegel/back-to-hegel-un-articolo-di-luca-illetterati/

[2] A scala nanoscopica, cioè da 1 a 100 nanometri ma sulle certezze di questa restrizione si veda la nota 13.

[3]
Questa è in breve la tesi di molti interpreti della mq, tra cui
l’Autore del libro in oggetto. Per la verità, sembra che ciò che
determina questo mondo indeterminato, sia una misurazione. Poiché non
c’è modo di non pensare ad una coscienza umana dietro l’atto di
misurazione, per traslato, si pensa sia proprio la coscienza a produrre
la determinazione ma credo che sul punto (misurazione, osservazione,
interazione, coscienza), punto in cui alcuni scienziati diventano
filosofi, ci sia una approssimazione concettuale.

[4] Questa è la versione umana del famoso esperimento su cui si fonda il
principale  mistero quantistico: la doppia fenditura. Se ne trovano
facilmente varie versioni su Internet.
In breve. Preso un sparatore di particelle ed un ricevitore posto a lui
di fronte, messo in mezzo un piano verticale con due fenditure, le
particelle partono dal sparatore ed arrivano al ricevitore. Qui si
disegna una figura che dice inequivocabilmente che le cose sparate
arrivano al ricevitore come onde. Se ci domandiamo: dove è passata la
particella, nella fenditura a sinistra o in quella a destra (?) e
approntiamo un rilevatore per scoprirlo, scopriamo che quelle che
arrivano al rilevatore non sono più onde ma particelle. Via il
rilevatore – onde -, mettiamo il rilevatore – particelle -. Ce ne sono
svariate versioni ed alcune molto particolari tra cui quelle che
mostrano una sorta di preveggenza della particella che sa prima quello
che noi decideremo solo dopo (mettere il rilevatore, togliere il
rilevatore).

[5] A. Pais, “Sottile è il Signore…”, La scienza e la vita di Albert Einstein. Bollati Boringhieri, Torino, 1986-1991,(pg. 15).

[6] Ma altri sono ambigui in tal senso, se cioè la mq vale solo a livelli
sub-atomici o anche per gli atomi ed addirittura per le molecole. Lo
stesso Lanza riferisce a pg.86
di un esperimento su singoli atomi di berillio (ioni, per la precisione)
caricati magneticamente e bloccati nella loro posizione da un opportuno
campo magnetico. Lanza ne conclude che se per ipotesi potessimo
osservare i singoli atomi di una reazione atomica scatenata da una bomba
piovuta sulle nostre teste, bloccheremo il processo di reazione come in
uno stop frame. Ma si tratta sempre di “singoli atomi” non dell’intera
reazione nucleare. Poiché la reazione è basata su relazioni ne
conseguirebbe che l’indecidibilità di stato c’è solo se si annullano le
relazioni – ergo – sono le relazioni a determinare lo stato delle
particelle.

[7] E’ in fondo questa l’interpretazione relazionale della meccanica quantistica di cui C. Rovelli è uno dei massimi esponenti. http://plato.stanford.edu/entries/qm-relational/.

[8]
Si potrebbe anche sostenere che sono divenienti proprio perché c’è un
oceano di possibilità a cui attingere, se mancasse questo serbatoio di
possibilità, le cose sarebbe congelate e forse non sarebbero mai assurte
a livelli di maggior complessità del turbinio di quanti.

[9]
Dell’intera questione, si potrebbe immaginare una versione debole che
non aspira ad alcuna TOE ma semplicemente ricorda che la natura propria
del pensante è biologica e non c’è pensiero sul Tutto senza un pensante
il quale pensa in funzione delle sue categorie derivate da un ben
preciso apparato percettivo. Fisica, biologia e filosofia sarebbero
ripristinate in un continuum qual è nella intima natura del pensiero
umano.

[10]
In pratica, il 96% di ciò che dovrebbe comporre l’Universo ci è oscuro.
Ora, potrebbe effettivamente essere che esista materia ed energia
esotica che ha diverse regole da quelle conosciute ma è epistemicamente
altrettanto legittimo pensare che le nostre conoscenze non siano
universali ed assolute. Cioè, se in base a queste conoscenze osservo il
Tutto e mi manca il 96% di quelle che dovrebbero essere le sue
necessarie componenti secondo le leggi imposte da quelle conoscenze,
forse, può darsi che debba rivedere quelle conoscenze.

[11]
Contro le stringhe si veda: Lee Smolin, L’Universo senza stringhe,
Einaudi, Torino, 2007 o Peter Woit, Neanche sbagliata, Codice edizioni,
Torino, 2007.

[12]
La linea filosofica alla quale s’iscrive Lanza è quella di un idealismo
biologista. Se i riferimenti a  Descartes – Leibniz – Kant ma forse più
pertinentemente Berkeley con accenni di Schopenhauer risultano
scontati, quello al Bergson dell’evoluzione creatrice, mi pare il più
appropriato.

[13]
Ci sarebbe da definire anche un problemino: se quando vado a letto a
dormire, spengo la mia osservazione e la mia coscienza che ne è del mio
corpo? Anch’esso esplode in una nuvola di indeterminazione di stati?
Come sono garantite le funzioni vitali che mi permettono di ritrovarmi,
la mattina quando mi sveglio?

[14] Questa posizione è vicina alla logica della differenza “grana fine” – 
“grana grossa”, già esposta a suo tempo da Murray Gel-Mann. A proposito
del gatto di Schrodinger che è un oggetto a grana grossa del dominio a
grana grossa, Gell-Mann afferma: “Nessun oggetto quasi classico può presentare un tale comportamento (gatto vivo ma anche morto), perché l’interazione col resto dell’universo condurrà a separare le due possibilità alternative
(decoerenza).” Gell-Mann, oltre che papà dei quark e ovviamente Nobel
(1969) è anche uno dei padri della scienza della complessità e fondatore
del mitico Santa Fé Insitute. Sempre godibile ed illuminante: M.
Gell-Mann, Il quark e il giaguaro. Bollati Boringhieri, Torino, 2000 in
cui troviamo un capitolo, dal significativo titolo: “Meccanica
quantistica e stupidità”. Occorre però anche segnalare che recenti
esperimenti della doppia fenditura, effettuati però con molecole,
sembrano confermare anche a questo livello di complessità, la permanenza
della dualità onda-particella così come un altro esperimento (Afshar)
effettuato con raggio laser e lenti convergenti sembra aver violato il
principio di complementarietà di Bohr, registrando sia la figura
d’interferenza (onde) sia determinando da quale fenditura è passata la
particella.

[url”Link articolo”]https://pierluigifagan.wordpress.com/2015/04/13/biocentrismo-recensione-del-libro-di-r-lanza-il-saggiatore/[/url]

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