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Si va!

Disse soltanto "Si va!"; "поехали!" a voler essere precisi. Poi il figlio del pianeta Terra Jurij Gagarin vide la Terra rimpicciolirsi sempre più e la trovò bellissima.

Si va!
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13 Aprile 2011 - 12.39


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di Laura Parziale – Megachip.

Seguono un video e una poesia di Evtushenko.

Disse soltanto “Si va!”; “поехали!” a voler essere precisi. Poi – in un anticipo di Google Heart – il figlio del pianeta Terra Jurij Gagarin vide la Terra rimpicciolirsi sempre più e la trovò bellissima.

A cinquant”anni da quei 108 minuti che cambiarono ogni cosa, non soltanto in campo aeronautico, ogni cosa è stata detta ma il sorriso timido di quel ragazzo è ciò che oggi affascina di più perché sembra racchiudere un mistero ancora più grande di quello che avvolge la sua scomparsa.

Nemmeno le indagini riaperte nel 1986 riuscirono a far luce su un altro volo, tragico, che nel 1968 portò Jurij Alekseevic a realizzare in modo inatteso e crudele il suo sogno di “volare nello spazio per sempre”.

yuri-gagarinFurono una mente brillantissima, l”esperienza precoce della guerra, attitudini psico-fisiche eccezionali, l”amore per la letteratura e il teatro, l”entusiasmo, la passione, la tenacia e il coraggio che – facendolo emergere su oltre 2200 candidati – lo condussero a bordo della Vostok 1 la mattina dell”11 aprile 1961, il resto è storia.

Jurij Gagarin l”eroe della patria sepolto al Cremlino nella piazza Rossa mi piace immaginarlo in un”orbita ellittica eterna, mentre continua a pensare che la Terra sia – malgrado tutto – bellissima.

 

 

Io sono Gagarin.
Per primo ho volato,
e voi volaste dopo di me.
Sono stato donato
per sempre al cielo, dalla terra,
come il figlio dell”umanità.
In quell”aprile
i volti delle stelle, che gelavano senza carezze,
coperte di muschio e di ruggine,
si riscaldarono
per le lentiggini rossigne di Smolensk
salite al cielo.
Ma le lentiggini sono tramontate.
Quanto mi è terribile
non restare che un bronzo, che un”ombra,
non poter carezzare né l”erba, né un bambino,
né far scricchiolare il cancelletto d”un giardino.
Da sotto la nera cicatrice del timbro postale
vi sorrido io
con il sorriso chӏ volato via.
Ma osservate bene cartoline e francobolli
e capirete subito:
per l”eternità
io sono in volo.
Mi applaudivano le mani dell”intera umanità.
La gloria tentava di sedurmi,
ma no, non cӏ riuscita.

Sulla terra mi sono schiantato,
quella che per primo ho visto tanto piccola,
e la terra non me l”ha perdonata.
Ma io perdono la terra,
sono figlio suo, in spirito e carne,
e per i secoli prometto
di continuare il mio volo
al di sopra al di sopra dei bombardamenti,
delle tele-radiomenzogne,
che la stringono con le loro volute,
al di sopra delle donnaccole che baldanzosamente
ballano lo streep-tease
per i soldati nel Vietnam,
al di sopra della tonsura
del frate
che vorrebbe volare, ma è imbarazzato dalla sottana,
al di sopra della censura
che nella sua tonacaccia, inghiottì in Spagna le ali dei poeti…

Cӏ chi
è in volo
nel simun vorticoso di stelle.
Cӏ chi
si dibatte
nella palude da se stesso voluta.
Uomini, o uomini
ingenui spacconi,
pensate: non vi fa paura
alzarvi dal Capo che porta il nome dell”uomo che avete ucciso?
Vergognatevi di questo baccano da mercato!
Voi siete gelosi,
rapaci,
vendicativi.
Come potete cadere tanto in basso se volate tanto in alto?!

Io sono Gagarin, figlio della Terra,
figlio dell”umanità:
sono russo, greco e bulgaro,
australiano e finlandese.

Vi incarno tutti
col mio slancio verso i cieli.
Il mio nome è casuale,
ma io non sono stato per caso.

Mentre la terra s”insozzava
di vanità e di peccato,
il mio nome cambiava,
ma l”anima no.

Mi chiamavano Icaro.
Giacqui nella polvere, nella cenere.
Mi aveva spinto verso il sole
il buio della terra.

La cera si sciolse, spargendosi qua e là.
Caddi senza salvezza,
ma un pizzico di sole
rimase stretto nella mia mano.

Mi chiamarono servo.
La rabbia mi pesava sulla schiena
mentre, ritmando il tempo con le mani e coi piedi,
danzavano sul mio corpo.

Io caddi sotto le bastonate,
ma, maledicendo la servitù,
mi costruii delle ali coi bastoni
dei miei torturatori!
Ad Odessa fui Utockin.
Fece uno scarto il duca,
quando al di sopra dei suoi pantaloncini a piffero
si levò un cavallo volante.

Sotto il nome di Nesterov
girando sopra la terra,
feci innamorare la luna
col mio giro della morte.

La morte fischiava sulle ali.
È una virtù disprezzarla
e con Gastello imberbe
mi gettai in volo sul nemico.

E le ali temerarie
ardendo come un rogo, hanno protetto,
voi che foste allora ragazzi,
Aldrin, Collins, Armstrong.

E, sicuro della speranza
che gli uomini sono un”unica famiglia,
dell”equipaggio di Apollo
invisibile io ero.

Mangiammo dai tubetti,
avremmo brindato in viaggio
come sull”Elba,
ci abbracciammo sulla Galassia.

Il lavoro procedeva senza scherzi.
Era in gioco la vita
e con lo stivale di Armstrong
io scesi sulla Luna.

 

di Evgenij Aleksandrovic Evtushenko, 1969.

 

I versi di Evtushenko hanno perfino ispirato una canzone di Claudio Baglioni:

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