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Questionario/concorso: quanto ci costa un regime populista?

Questionario/concorso: quanto ci costa un regime populista?
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15 Dicembre 2009 - 21.39


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berlusconicostsdi Giuseppe Cassini.

Ogni regime populista lascia dietro di sé, una volta crollato, cumuli di macerie: non solo politiche ed etiche ma anche economiche e finanziarie. Nell”ultimo secolo l”Italia ha subito tracolli simili per due volte: dopo la I° guerra mondiale e dopo la caduta del fascismo. In entrambi i casi è stato calcolato con buona approssimazione quanto ci hanno rimesso le tasche degli italiani per aver prestato fede ai “pifferai magici”. Presto arriverà la terza volta…

 

… e si avvererà di nuovo la profezia di Galbraith: Gli sciocchi prima o poi verranno separati dal loro denaro.

C”è però il fondato timore che i mezzi di disinformazione al soldo del Premier mettano a segno in extremis, grazie alla loro potenza di fuoco, un colpo mediatico preventivo: quello di addossare all”opposizione o alla crisi mondiale o al complotto di “poteri forti” stranieri la responsabilità del “buco” lasciato da questo governo.

Vale dunque la pena preparare all”evento gli elettori che hanno votato per questa Destra. A loro si è già rivolto l”economista liberale Luigi Zingales scrivendo: “Berlusconi sostiene che gli italiani lo vogliono così e i sondaggi gli danno ragione. Ma se sapessero quanto ci costano certe sue vicende, in termini di esportazioni mancate e investimenti esteri perduti, una buona fetta di quel consenso probabilmente sparirebbe”. Su tale linea continuiamo noi con 10 domande.

QUESTIONARIO-CONCORSO.

Invitiamo a contribuire in due modi: formulando meglio le domande e/o fornendo risposte con cifre il più possibile precise. In seguito verrà lanciato un concorso a premi. Vincerà chi si avvicinerà di più alla cifra finale in risposta alla domanda riassuntiva: quanto sarà stato sottratto dalle vostre tasche al termine dell”epopea berlusconiana?

Ecco le 10 domande:

1. Nel mondo è invalso l”uso di “dare i numeri”, stilare cioè graduatorie internazionali che classificano gli Stati secondo il grado di competitività, innovazione, corruzione, ecc. Benché i punteggi siano spesso discutibili, analizzandoli tutti assieme si ottiene la fotografia della realtà. Un brutto piazzamento allontana gli investitori stranieri, alza il costo del credito, dissuade dall”acquisto di prodotti italiani. Gli Stati in testa alle graduatorie godono di una rendita di posizione, gli altri soffrono di un pregiudizio negativo arduo da smantellare. Ciò vale soprattutto per la classifica sulla “corruzione percepita”, che ha visto l”Italia scendere dal 29° posto nel 2001 al 63° nel 2009. La corruzione ostacola lo sviluppo, perché corruzione e povertà sono due flagelli che si alimentano a vicenda. La Banca Mondiale stima che la corruzione in Italia “brucia” 50 miliardi di euro l”anno.

Poiché dal 2001 ad oggi l”Italia ha dimezzato tutti i suoi punteggi precipitando in piazzamenti da Paese ex-sviluppato, quanto costerà agli imprenditori ed esportatori italiani recuperare la credibilità necessaria a competere sui mercati? E quanto costa ad ogni italiano il crescendo di corruzione degli ultimi anni?


2. Ogni Paese ha reagito alla crisi economica globale con misure anticicliche secondo la gravità con cui è stato colpito. Il governo italiano si è astenuto dall”adottare misure adeguate, prima negando l”esistenza della crisi, poi sostenendo che il Paese era stato solo sfiorato, infine decretando d”ufficio la fine della crisi. Questa politica voodoo ha sortito parecchi effetti: ha indebolito la competitività del Sistema Italia sul mercato globale; acuito le ineguaglianze di reddito; spinto la disoccupazione reale al 12% e la pressione fiscale al 45%; costretto 1/3 degli italiani a rompere il salvadanaio per tirare avanti. Infine, ha azzerato l”avanzo primario realizzato dal governo Prodi e invertito la tendenza alla riduzione del pesante debito pubblico. Esso è in risalita, infatti: dal 105% al 120% del Pil, pur senza investimenti pubblici che la giustifichino.

Quanto costerà agli italiani questa politica economica voodoo, e in particolare quanto costerà il servizio aggiuntivo del debito pubblico a partire dal 2010?

3. Il centrosinistra al governo si rifiutò di varare una legge sul conflitto d”interessi, sostenendo che neppure un decimo dell”elettorato l”avrebbe capita ed approvata. A nessuno era passato per la testa di calcolare quanto sarebbe costata l”assenza di una tale legge. Nessuna sorpresa, dunque, che il vuoto normativo sia stato riempito con provvedimenti (a volte varati persino dal centrosinistra) a preminente vantaggio dell”impero aziendale di Berlusconi e dei suoi amici. Qualche esempio?

Mediaset. A) Il Premier-padrone di tre reti si rinnova la concessione da solo pagando un risibile canone dell”1% del fatturato multimilionario di Mediaset: regalo del Natale ”99 offertogli dal governo D”Alema con la Legge Finanziaria n. 488 del 23/12/99 art. 27. B) La fonte primaria di guadagno per le tv è la pubblicità, vero? Beh, a parità di audience i ricavi pubblicitari della Sipra, concessionaria Rai, ammontano alla metà dei ricavi di Publitalia, concessionaria di Mediaset (nel solo 2009 Sipra avrà ceduto a Publitalia una “dote” di circa 120 milioni di ?).

Mediolanum
. A In quanto banca di proprietà del Primo Ministro ha ottenuto senza asta di utilizzare i 14.000 sportelli delle Poste, con un guadagno di circa 1 miliardo l”anno. B) In quanto compagnia d”assicurazione trae ingenti vantaggi fiscali da specifiche norme sulla previdenza integrativa individuale, inserite ad hoc nella riforma della previdenza complementare (D.L. n. 252/2005).

Sommando tutti gli effetti distorsivi del conflitto d”interessi a beneficio delle imprese di Berlusconi e dei suoi cari, a quanto ammonta il danno pecuniario per la collettività? E di quanto ha lucrato l”impero aziendale del Primo Ministro?

4. I decreti Bersani di liberalizzazione approvati nel 2006 stavano fluidificando il mercato e – una volta a regime – avrebbero sortito effetti benefici su prezzi ed occupazione, in settori-chiave come assicurazioni, libere professioni, servizi pubblici locali, mutui immobiliari, farmacie, taxi e class action. Tutto si poteva immaginare salvo che un governo sedicente liberista si adoperasse a stracciare le “lenzuolate” del governo Prodi. E” proprio quanto sta accadendo, sotto la spinta di agguerrite corporazioni contrarie al libero mercato e tutelate dal governo in carica. In compenso il governo liberalizza la gestione di un bene pubblico come l”acqua, con un prevedibile aumento del 30% dei canoni idrici.

Quanto inciderà sul portafoglio dei cittadini l”aumento dei prezzi provocato da questa politica anti-mercato nell”insieme dei settori liberalizzati a suo tempo dai decreti Bersani?

5. La scelta del governo di porsi alla retroguardia europea nella lotta ai cambi climatici ha aperto una voragine di inadempienze all”obbligo, assunto dall”Italia col Protocollo di Kyoto, di ridurre del 6,5% le emissioni di carbonio. In pratica si dovranno comprare sul mercato permessi di emissione per un costo stimato dall”angelica Ministro dell”Ambiente attorno al miliardo di ?. In caso negativo, come è probabile, l”Italia sarà citata alla Corte di Giustizia europea col forte rischio di esser condannata a pagare multe miliardarie.

Alla fine dei conti tutto ricadrà sulle tariffe elettriche. Quanto inciderà sulla bolletta del consumatore l”indifferenza di questo governo ai vincoli ambientali?

6. La crisi di Alitalia raggiunse il parossismo sotto la direzione Cimoli, nominato da Berlusconi nel 2004. Prodi, tornato a Palazzo Chigi nel 2006, optò per la soluzione di venderla ad Air France con tutti gli assets e liabilities. Berlusconi si oppose e mise in piedi una “cordata nazionale” che rilevò l”indebitata compagnia di bandiera, inglobandovi anche AirOne. Nello studio più aggiornato al riguardo (Alitalia. Una privatizzazione italiana di Gnesutta e De Blasi) si legge: “Tra mancati proventi della cessione ad Air France, ammortizzatori sociali e debiti si stima che il Piano Fenice sia pesato sulla finanza pubblica tra i 4,1 e i 6,8 miliardi, contro gli 1,2 e 2,4 della soluzione francese”. Oltre ai miliardi di denaro pubblico già versati e i nuovi debiti in formazione, va aggiunto il sovraprezzo gravante sulle tariffe aeree nelle tratte interne soggette a un monopolio di fatto.

Alla fine dei conti quanto verrà a costare al contribuente la soluzione “patriottica” imposta da questo governo?

7. Il sogno berlusconiano di battezzare (col suo nome?) il Ponte sullo Stretto di Messina si basa su fondamenta precarie quanto il terreno sismico su cui dovrebbe ergersi. Manca il progetto esecutivo. Quanto al piano finanziario, sui 6,3 miliardi di costo dell”opera finora preventivati 3,8 verrebbero prestati dalle banche e 2,5 prelevati dall”erario (ma solo 1,3 a fondo perduto, il resto da restituire con gli interessi). A causa della concorrenza di voli a basso costo e di navi che trasportano camion e passeggeri direttamente tra Sicilia e continente, il movimento sullo Stretto è in costante discesa: oggi il giro d”affari non supera 120 milioni di ? l”anno, briciole rispetto ai 5 miliardi almeno che la società “Stretto di Messina” dovrà restituire grazie ai pedaggi. Si calcola che, al termine della prevista gestione trentennale del Ponte, non verrà onorata neppure la metà del debito consolidato. Finora il progetto è costato oltre 100 milioni di ? in stipendi, uffici e burocrazia; il 6/11/09 il Cipe ha stanziato 1,3 miliardi (soldi nostri) per avviare il progetto esecutivo e aprire i cantieri.

Alla fine dei conti, quanto sarà costato al contribuente un”opera che – come i disegni dell”architetto Sant”Elia – non verrà mai realizzata?

8. Per realizzare un piano di centrali nucleari occorrono aree immuni da rischi sismici o frane, ingenti quantità d”acqua per il raffreddamento e luoghi dove depositare in massima sicurezza le scorie ad alta radioattività e quelle a minor intensità. In Italia dove sono? Nessuna Regione – al dunque – accetterà di ospitare una centrale. Ciò nonostante il governo, in accordo con l”Enel e la società francese Areva, ha lanciato un piano di costruzione entro il 2020 di almeno quattro centrali, al costo di 5 miliardi ciascuna. A questi 20 miliardi si dovrà sommarne altri 15 per i depositi delle scorie, dal momento che ormai la Francia rifiuta per legge di ritrattare scorie radioattive straniere. Senza calcolare i costi aggiuntivi in corso d”opera, come insegna l”esperienza delle nuove centrali in via di costruzione all”estero.

Poiché nessuna autorità locale accetterà di ospitare una centrale, quanto verrà a costare un piano nucleare che non sarà mai realizzato? E se si riuscisse a costruirne qualcuna, quanto verrebbe a costare realmente ogni kw prodotto?

9. I governi Berlusconi hanno varato scudi fiscali per tre volte (2001-2003-2009), naturalmente giurando ogni volta che sarebbe stata l”ultimo. Con i due precedenti scudi fiscali furono reimportati capitali per 77 miliardi di ?, ma l”aliquota comminata era solo del 2,5%. Questa volta sarà del 5%, ma sempre inferiore a quella adottata da altri Paesi. L”aspetto di maggior gravità di queste amnistie sta però nel fatto che, essendo ripetuti nel tempo e garantendo l”anonimato degli “scudati”, si incentiva il riciclaggio e si perpetua la propensione all”evasione fiscale.

A parte il regalo (incalcolabile) offerto alla criminalità organizzata, a quanto ammonterà il mancato gettito erariale, tenendo conto anche del differenziale tra l”aliquota italiana e quella adottata in media negli altri Paesi?

10. A proposito di evasione fiscale, le escort in servizio notturno a Villa Certosa e a Palazzo Grazioli sono state retribuite chi 1000 e chi 2000 ?. Se avessero partita Iva dovrebbero fatturare le prestazioni, addebitare il 20% d”Iva all””utilizzatore finale” e dichiarare le retribuzioni nella denuncia Irpef. Se invece non avessero partita Iva e si trattasse dunque di prestazioni occasionali, i proventi dovrebbero comunque esser dichiarati nella denuncia Irpef come “redditi diversi”.

Nel caso che le escort abbiano trascurato i loro doveri tributari, a quanto ammonta il mancato incasso per l”erario? (E” lecito dedurre nel computo l”eventuale evasione dei trans nelle prestazioni a favore di Marrazzo).

 

giuseppe_cassini[AT]fastwebnet.it

Chi è Giuseppe Cassini: nato a S. Margherita Ligure nel 1941, ha svolto la carriera diplomatica nel periodo 1967-2008. E” stato anche ambasciatore a Beirut nonché consigliere diplomatico del contingente italiano in Libano (UNIFIL). Autore di “Gli Anni del Declino. La politica estera del Quinquennio 2001-06“, ed. Bruno Mondadori, 2007. Collabora a quotidiani e riviste, tra cui l”Unità, il Manifesto, il Fatto Quotidiano, il Daily Star di Beirut, il Christian Science Monitor di Boston e “Il Politico” dell”Università di Pavia.

 

Fonte: FabioNews.info – Servizio personalizzato e partecipativo di informazione.

 

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