Come fare un documentario ambientale: il caso Pitelli. | Megachip
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Come fare un documentario ambientale: il caso Pitelli.

Come fare un documentario ambientale: il caso Pitelli.
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18 Dicembre 2009 - 00.41


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discaricadi Claudia La Barbera.

Pitelli, provincia della Spezia. Qui – proprio in faccia al mare – c”è una delle discariche più “interessanti” del territorio nazionale. E” interessante perchè è una di quelle discariche “da manuale”, il tipico prodotto del lato ingordo del capitalismo, della faciloneria e dell”arroganza del potere politico, della violenza dei militari e della malavita organizzata. Tenete presente che il Porto della Spezia è lo stesso porto della Jolly Rosso,una specie di “hub” di navi tossiche.

 


Questa è la storia di un disastro ambientale, che ha cancellato per sempre uno degli angoli più belli del Levante ligure: una collina boscosa affacciata sul Golfo dei Poeti, un paesaggio tipico di questa parti, terra fertile, difficile da lavorare, ma la gente di qui è abituata a coltivare le terre difficili, qualcuno lo fa ancora nonostante tutto.

Davanti c”è il mare, il porto mercantile e militare, e poi abitazioni, il borgo di Ruffino. Dietro è zona militare, la polveriera di Vallegrande e ancora abitazioni, il borgo di Pitelli. Proprio all”interno della zona militare c”è una discarica, anzi più di una. Ancora 2 km più indietro c”è la zona industriale: l”Enel e soprattutto l”OTO Melara, orgoglio nazionale dell”industria bellica. Questa collina però ha anche un “dentro”, un tunnel sotterraneo che durante la II guerra mondiale era utilizzato dalla marina militare per portare i siluri dalla polveriera al porto. Questo tunnel c”è ancora, che tutt”oggi sia in qualche modo attivo non ci sono le prove, ma non ci sono neanche le prove del contrario, d”altronde non è verificabile perché è tutta zona sottoposta a segreto militare.

La Spezia è una città piccola, ma almeno fino agli anni ”90 era una realtà strategica e industriale piuttosto rilevante, Marina Militare, Nato, il porto e i cantieri navali – civili e militari – e poi Enel, Oto Melara, San Giorgio . grandi realtà, grosse industrie, ovvero grandi rifiuti. Ovvero grande problema. Ebbene c”è qualcuno che si occupa di questo problema, si chiama Orazio Duvia, un concessionario della Piaggio, che da imprenditore capace e spregiudicato qual è già dal ”76 inizia a fiutare l”affare. Se ne occupa, seppur con metodi poco ortodossi, ma in modo veloce ed economico ed è questo quel che conta, sia per chi i rifiuti li produce sia per chi dovrebbe amministrare il territorio.

Poco importa quindi che la discarica contenga abusivamente rifiuti tossici e nocivi, poco importa che il sito, sottoposto a vincolo paesaggistico, non fosse geologicamente adatto ad una discarica, poco importa se la “rumenta” viene interrata senza le adeguate precauzioni o se addirittura viene scaricata in mare. Agli inizi degli anni ”80 la gente che abita intorno inizia a sentirsi male, scoppiano incendi improvvisi nel sito della discarica, muore un operaio che nella discarica ci lavorava, investito da una nube tossica sprigionata da un contenitore che per errore aveva urtato con la scavatrice. Tutto questo sparisce paragonato ai profitti che si possono trarre, gli investimenti che si possono fare, gli appoggi politici che si possono comprare, in una parola il controllo del territorio che si può ottenere.

E” ovvio che il business si allarghi: i rifiuti arrivano da tutta Italia (da Seveso ad esempio), poi da tutta Europa. Me li ricordo ancora i camion che si arrampicavano su per la salita in piena notte, con targhe straniere o addirittura senza targa. Ecco il salto di qualità: i rifiuti da tutta Europa e forse anche oltre, una rete di “clienti” enorme, che solo la malavita organizzata può intessere, in cambio della sospensione delle funzioni delle istituzioni e degli organismi di controllo, partendo dalla Usl per arrivare a qualche elemento delle forze dell”ordine. Nonché, ed è ciò che Duvia poteva garantire, il silenzio degli intermediari tra istituzioni e abitanti, i partiti, DC, PCI-DS, PSI.

La discarica venne chiusa e messa insicurezza nel 1996 a seguito dell”inchiesta condotta dal Pubblico Ministero di Asti Luciano Tarditi, un iter iniziato nel 1994 e che ad oggi non si può dire concluso: i capi di imputazione vanno dal disastro ambientale all”associazione a delinquere, nessuno per ora ha pagato. Inoltre la discarica dovrebbe essere sottoposta a bonifica, cosa difficile finché è sottoposta a segreto militare. Insomma è una storia aperta, una storia vecchia, risaputa pur nei suoi risvolti misteriosi, così risaputa che ormai non se ne parla più. C”è gente che abita a ridosso della discarica, pensando magari di avere una splendida casa sul mare.

Ma non tutti danno la cosa per scontata: un giorno, un ragazzo di nome Emiliano Ceretti, che si stava laureando in storia contemporanea, ha deciso di fare la propria tesi di laurea su questa discarica, come è nata, come si è sviluppata, gli attori della vicenda, la ricostruzione processuale, i danni arrecati all”ambiente. E” venuta talmente bene questa tesi, che persino gli avvocati, i periti che si sono occupati del processo giudiziario gli hanno fatto i complimenti. Talmente ben fatta che abbiamo deciso di farci un documentario.

http://www.youtube.com/watch?v=watch?v=yuj-hkyJnJ8

Sono particolarmente fiera di questo lavoro, non tanto del risultato finale in forma di video, quanto per l”occasione che ha permesso a persone competenti e intelligenti di lavorare insieme. E produrre un qualcosa di cui tutti potranno usufruire. E” una cosa importante, nonché rara, specie nel giornalismo. Certo un documentario sulla monnezza non è cosa nuova: i rifiuti, la grande industria che fa e disfa a suo piacimento, la malavita che fa lo stesso, la politica che non guarda al di là del suo naso, l”ignoranza e l”impotenza degli abitanti, è tutto un meccanismo così collaudato che molti di certo avranno da obiettare, una volta visto il video:

  1. che è incompleto, che ci sarebbe ancora di più da dire;
  2. più banalmente, che abbiamo scoperto l”acqua calda.

Sono vere entrambe le cose e posso rispondere così:

  1. non so se è il primo documentario esclusivamente su Pitelli, o sulla monnezza spezzina, certamente farò in modo che non sia l”ultimo.
  2. Non è tanto importante l”originalità, l”esclusività delle informazioni, lo “scoop”, quanto il fatto che se ne parli, che qualcuno ci pensi su ancora e che addirittura voglia approfondire un poco di più, autonomamente, magari davanti ad un pc, collegato ad internet. Così, tanto per sentirsi meno in balìa degli eventi, un po” più padroni della propria vita e del proprio territorio, insomma per sentirsi un meglio.

Mi preme dire che questo documentario è stato fatto totalmente in autogestione, non ci ha finanziati nessuno, non ci sono sponsor, dunque non siamo “condizionabili”. Non lo dico per vanagloria, ma perché questo è un esempio di come sarà il giornalismo in un futuro che è già presente. Non mi riferisco solo alle nuove tecnologie grazie alle quali chiunque può fare informazione, scavalcando i media “istituzionali”. Mi riferisco piuttosto a reti di informazione rette da persone che conoscono profondamente il territorio, competenti dal punto di vista tecnico e indipendenti. Quindi nulla di dilettantistico. Il documentario su Pitelli non ha nulla di dilettantistico, ha tutto di professionale, dalla regia alla stesura dei contenuti.

Con questo non voglio dire che nel futuro faremo a meno della BBC. La BBC ci vuole. Solo ci saranno due tipi di informazione: una “macro” e l”altra focalizzata sul territorio o su un tema.

Questo perché il giornalismo sta andando oltre la semplice diffusione di notizie, sta andando verso la creazione di una consapevolezza condivisa. Questo implica una fruizione dell”informazione assai meno passiva, la persona che va a prendersi l”informazione là dove potrebbe essere (siti web come questo, canali sul web come Arcoiris, Current tv, ma anche più banalmente You tube) non è più uno spettatore, non fa più audience, è un soggetto attivo. Politicamente parlando è una cosa assai rilevante.

Come dice il sociologo Paul Starr “il giornalismo non consiste semplicemente nel trovare notizie e scrivere gli articoli, ma anche nella capacità di raccogliere un pubblico di lettori che reagisca alle cose pubblicate”. Ebbene, il pubblico agente e reagente c”è, eccome se c”è. Di cose ancora da dire su questo territorio ce ne sono, eccome se ce ne sono.

Come ho detto, farò in modo che questo non sia l”ultimo documentario.

 

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