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Botta e risposta sui roghi russi

Botta e risposta sui roghi russi
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18 Agosto 2010 - 20.59


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roghirusUn lettore, Giuseppe Iannello, commenta l”articolo di Alessandro Cisilin da noi pubblicato a critica delle politiche russe di gestione del territorio, mentre ancora infuriano gli incendi e i fumi tossici su vaste porzioni del territorio della Federazione Russa.

Cisilin risponde punto per punto.

Una delle grandi catastrofi ambientali di quest”anno diventa giustamente un terreno di dibattito politico e storico.

 

Lettera di Giuseppe Iannello

Gentilissimi della Redazione,

l”articolo di Cisilin sugli incendi in Russia mi lascia non poco perplesso.

Pur condividendo gli aspetti di critica sul come è stata gestita l”emergenza e sul fatto che questa sia stata in parte minimizzata dai media filogovernativi, rimangono alcune considerazioni imprescindibili da fare:

1) l”eccezionalità dell”evento caldo non è un”invenzione della propaganda dei giornali russi; la Russia europea ha vissuto un caldo mai registrato e in una forma eccezionalmente lunga; è come se nella mia Sicilia, dove sul mare solo qualche giorno all”anno la temperatura si avvicina allo zero, per più di un mese avessimo temperature sotto zero e nevicate continue; sarebbe un disastro, una tragedia epocale, magari poi aggravata dalla cattiva gestione dell”emergenza e dei territori. Io personalmente abito vicino a Giampilieri dove sono bastate 3-4 ore di acqua fuori misura per fare decine di morti: immaginate se dovesse nevicare per quattro settimane.

2) a un certo punto l”autore dice:”Medvedev, che peraltro poteva permettersi di lasciare la capitale a se stessa nel picco della crisi per presenziare a irrinunciabili eventi folkloristici quali la celebrazione dei due anni dell”auto-proclamata indipendenza dell”Abkhazia dalla Georgia” : questa affermazione dimostra l”assoluta non conoscenza che proprio in quei giorni ricorreva l”anniversario della sciagurata guerra nel Sud Ossetia voluta da Saakashvili e il cui ricordo la Russia voleva sottolineare per non dimenticare, e per ricordare che la Giorgia si è rifiutata di firmare a Ginevra qualsiasi accordo che escluda l”uso della forza.

3) dire che la scelta “populistica” di interrompere temporaneamente le esportazioni di grano “impone l”aumento del prezzo mondiale”, sa tanto di un”altra accusa che è andata per la maggiore negli anni passati, quella di fare del gas un”arma politica. Soltanto per non ammettere il diritto di ogni paese (quindi anche della Russia) di poter gestire liberamente le proprie risorse e di farle diventare motore in primis della “propria” economia.

Ricordiamo che la tesi preventiva del gas come arma politica ha portato l”Europa a non voler vedere, a chiudere letteralmente gli occhi sulle gravissime responsabilità di Bielorussia e Ucraina nel transito del gas russo.

A proposito del grano invece è bene ricordare che gli esperti dicono che da questa situazione ne trarranno un grosso beneficio le esportazioni di grano statunitense. E non penso davvero che il Cremlino si sia messo d”accordo con Obama…

Cordiali saluti

Giuseppe Iannello

 

La risposta di Alessandro Cisilin

Caro Iannello,

suscitare commenti, per quanto critici, è sempre una gratificazione per chi scrive, se non altro in quanto giova alla discussione e alla comprensione delle tematiche trattate. E aggiungo subito: sono largamente d”accordo con tutte le sue osservazioni sulle responsabilità (non russe) delle crisi internazionali da lei citate.

Non ho dunque sostanziali controrepliche da opporle, se non farle notare che il tema del mio articolo era tutt”altro. Mi piacerebbe che ci schiodassimo dall”epoca in cui se si muove una specifica critica al Cremlino si è antirussi, mentre se ci si schiera con una politica moscovita si è stalinisti. Quell”epoca resiste ancora nella geopolitica e nelle coscienze (soprattutto occidentali) ad essa ancorate, ma tra uomini liberi è forse giunto il momento di andare oltre.

In altre parole, se si denunciano le responsabilità politiche che hanno alimentato la dimensione della calamità naturale (che non minimizzo affatto, contrariamente a quanto da lei argomentato al punto 1) di questi mesi (mesi, purtroppo, non “quattro settimane“), le suggerisco di voltare pagina ed evitare il salto logico di liquidare il denunciante come “qualcuno che sta con Saakashvili” nel conflitto caucasico (con relative congetture apodittiche circa la mia “assoluta non conoscenza” sui fatti di allora), o “con la Timoshenko” nella crisi del gas. In passato ci avrebbe probabilmente azzeccato, ma oggi rischia di andare totalmente fuori strada.

Restando allora sul tema delle suddette responsabilità, ebbene a mio parere esse sussistono, e non coinvolgono solamente “come è stata gestita l”emergenza” (fuorviante eufemismo in voga sui media russi e italiani), bensì l”intera gestione del territorio nell”ultimo ventennio. E si tranquillizzi: non sto qui criticando la “Russia comunista”, bensì le politiche liberiste dell”era successiva e odierna.

Anzi, a dirla tutta, l”Unione Sovietica disponeva di: un corpo forestale che faceva invidia all”Occidente, oramai quasi azzerato; una protezione civile dotata di un”estesa aviazione, oggi falcidiata al punto da dover chiamare in soccorso i Canadair di Janukovic e di Bertolaso; una rigida pianificazione urbana e rurale, poi liberalizzata per agevolare il lucro degli industriali del legname, degli idrocarburi e del mattone; un severo codice delle foreste, “riformato” tre anni fa da Putin, fino al punto da annullare ufficialmente la funzione federale di tutela del territorio, assieme alle relative risorse.

Penso allora che tutto questo, non solo non vada sottaciuto, bensì debba gridarsi a gran voce, specie da parte di chi si sente vicino alla Russia e alle migliaia (e non “decine“) di russi che sono morti quest”estate tra le fiamme e i fumi tossici. E” una denuncia che si iscrive nell”ambito della critica alla deregulation nelle politiche territoriali globali e all”assenza di misure internazionali di contenimento dei gas serra. E penso che la si possa argomentare senza essere assimilati alle posizioni antirusse di Ucraina e Georgia.

A tale proposito, mi permetta ancora di ribadirle l”ironia sugli “eventi folkloristici” frequentati da Medvedev nei giorni più drammatici della crisi ecologica. Sono un antropologo, e il “folklore” è per me una cosa seria, perché ogni gesto rituale serve a cementare una realtà storica e sociale. Nulla in contrario dunque a che l”Abkhazia celebri la propria indipendenza e che il Cremlino vi partecipi. Ma proprio perché i simboli sono importanti il presidente russo avrebbe fatto forse bene a restare fisicamente nella Mosca che soffocava nello smog anziché volare a festeggiare un anniversario. Chi ha responsabilità pubbliche è tenuto a valutare le priorità, che in questo caso erano drammatiche. E anche gli abkhazi avrebbero capito, e probabilmente applaudito, all”assenza dell”amico russo.

acisilin@yahoo.it

 

 

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