Risposta di Giulietto Chiesa a Piero Pagliani | Megachip
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Risposta di Giulietto Chiesa a Piero Pagliani

Risposta di Giulietto Chiesa a Piero Pagliani
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8 Dicembre 2010 - 14.32


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worldworldrecycledi Giulietto Chiesa – Megachip.

Rispondo, con franchezza alle “critiche costruttive” di Piero Pagliani. Cominciando con una precisazione. Io non sono un economista, non sono un teorico, né un filosofo. Sono un pratico. Quindi mi scuserà Pagliani se non posso adeguatamente seguirlo in tutte le sottigliezze e puntualizzazioni che ci propone. Del resto io non mi sento di difendere proprio tutte le virgole di un documento – che ho contribuito a scrivere – che non è tutto “mio” in ogni passaggio, in ogni sfumatura, in ogni termine. E, del resto, troverei strano, anzi inaccettabile, entrando in discussione con soggetti che sono diversi da me, con la loro personalità e la loro storia, che essi debbano, per forza di cose accettare la mia terminologia, il mio impianto concettuale, le mie idee.

Pagliani, invece, sembra ragionare come se tutto il documento dovesse essere esattamente come lui ritiene debba essere. E, dunque, sbaglia. Anche a prescindere dalla perfezione delle sue obiezioni.

Per altro vi sono punti dove la materia del contendere non esisterebbe neppure se non la si volesse, per forza di insistenza, far emergere. Anche se non c”è. Faccio un esempio fin dalle prime righe (e ve ne sono altri analoghi nel corso dell”articolo): laddove si parte dell”affermazione della “fase storica che si è aperta con la rivoluzione industriale” per immediatamente rilevare che essa “viene descritta come un portato tecnologico-scientifico”. E qui obietto io. Ma dove mai è scritta questa cosa? Nel documento questa sottolineatura non c”è. Può darsi che qualcuno lo pensi, ma – ripeto – il documento non si spinge a questa affermazione. Probabilmente perché chi l”ha scritto aveva ed ha in mente scopi politici che gli suggeriscono di non spaccare il capello in quattro. Anche perché spaccare il capello in quattro è l”anticamera per ammazzare ogni sviluppo politico unitario.

C”è differenza tra una descrizione sintetica di uno stato delle cose e la pretesa di spiegare ogni suo elemento costitutivo e la eziologia minuziosa del suo divenire. Probabilmente è vero che – come scrive Pagliani – “l”attacco agli equilibri ecologici (.) è indissolubilmente legato alla mercificazione dell”esistente”. Ma chi ha affermato il contrario? Io, ad esempio, lo penso. Ma non ritengo prioritario costringere chi , eventualmente, non avesse colto questa indissolubilità, ad accettarla come vera.

Poco oltre ecco un altro esempio pratico di una puntualizzazione capziosa che, partendo da una pretesa di distinzione, approda a un clamoroso infortunio – a mio avviso – concettuale. Pagliani afferma infatti che “non ci sono dunque la Natura da una parte e gli Uomini dall”altra. C”è la Natura e ci sono i rapporti sociali tra gli Uomini, che fanno sì che la sfera naturale sia uno spazio sociale, lo si voglia o no”.

Ecco, qui fa come quel tizio che, volendo saltare in groppa, cade dall”altra parte. La sfera naturale sarebbe dunque uno spazio sociale? Cioè le leggi della fisica e della chimica sarebbero soggette alla caratteristica dei rapporti sociali? Cioè, ancora, se l”Uomo venisse spazzato via dalle sue contraddizioni sociali, la Natura sarebbe ancora uno “spazio sociale”?

Chiunque capisce che questo modo di ragionare o non porta da nessuna parte, o conduce a spaccarsi la testa contro affermazioni che non sono di questo mondo.

Sul resto dell”argomentazione che segue si può convenire senza difficoltà alcuna. Ma – spero che Pagliani lo comprenda – non era questo lo scopo di un documento come quello di cui si tratta. Che sia materia da discutere e comprendere, in una scuola di formazione quadri, non ne dubito. Ma questo documento non era e non è stato scritto per questi scopi.

Così si finisce per affermare che “non esiste alcuna architettura” finanziaria internazionale (ma allora in quale capanna mettiamo Bretton Woods, il Fondo Monetario Internazionale e tutto il resto?) per poter poi attribuire agli autori del documento l”affermazione, che non hanno prodotto, secondo cui “la Haute Finance” avrebbe delle “tendenze internazionaliste”. E per poi imbastire su questa differenziazione inesistente una lunga argomentazione che porta a un altro errore concettuale di prima grandezza. Là dove si contesta l”affermazione che “la finanza mondiale è la forma monetaria della contraddizione insanabile, e ormai esplosiva, tra sviluppo e natura”. Dove , da un lato, non si vede dove sia la contestazione, perché si afferma che questa contraddizione c”è sempre stata, segnatamente al tempo delle guerre Anglo-Olandesi, o a quello della Belle époque; mentre dall”altro lato si chiede che venga dimostrata “rigorosamente” la differenza rispetto alle altre analoghe.

Probabilmente non piacciono i due aggettivi “insanabile” e “ormai esplosiva”. E questo dice che Pagliani, sebbene cerchi di liberarsi dalla ripetizione di schemi obsoleti, in sostanza non vede la novità radicale della situazione all”inizio del XXI secolo rispetto a quello che accadeva in secoli in cui l”Uomo ancora era molto distante dalle possibilità attuali di “turbare l”universo”.

Qui più che di un errore si tratta di cecità vera e propria di fronte ai cambiamenti in atto.

Non per niente Pagliani non sembra credere al riscaldamento globale prodotto dall”attività umana. E, di nuovo, si scontra con i dati della conoscenza scientifica di cui disponiamo al momento. Non per niente contesta i dati del picco del petrolio; non per niente sottovaluta l”assioma che una crescita infinita è impossibile all”interno di un sistema finito di risorse. Non per niente si colloca anche lui all”interno del sarcasmo, che fu dominante tra gli economisti del neo-liberismo, contro le conclusioni, sostanzialmente esatte e, per giunta, verificate , del Club di Roma.

Infine un punto, dove non si capisce se Pagliani polemizza con questo documento o con Toni Negri. Nessuno di noi – non certamente io e non certamente Alternativa – pensa che la prospettiva di andare arrosto possa far nascere la coscienza di un cambiamento radicale in “enormi masse popolari”. Al contrario noi pensiamo che non ci sia nulla di automatico, e neppure di molto probabile, nella nascita di questa coscienza. Se non ci sarà chi cerca di farla crescere, segnatamente attraverso un”offensiva bene organizzata contro il sistema della comunicazione-informazione. Pensiamo che bisognerà tentare un”impresa gigantesca con pochi mezzi, in condizioni di minoranza, andando contro la corrente.

Altro che facili speranze salvifiche di filosofi che hanno sempre poco capito del mondo e dell”Uomo (mi riferisco, appunto, a Toni Negri). Dunque a Pagliani dico che il terreno del confronto è aperto e resterà tale, anche dentro Alternativa. Ma gli chiedo di armarsi di pazienza, e anche di modestia. Le vecchie dispute dotte tra marxisti non credo che ci aiutino a far passare un messaggio nuovo tra i milioni di giovani che sono fuori, completamente, da quella temperie.

A meno che non si creda che non cӏ bisogno di alcun messaggio nuovo e che basti ritornare ai classici, che analizzavano il conflitto sociale in un mondo senza limiti. Non era colpa loro se il mondo in cui vivevano appariva senza limiti. Ma sarebbe colpa nostra ragionare come loro mentre vediamo i limiti apparire sullo zerbino della nostra porta di casa.

 

 

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