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Ha senso fare dell'uscita dall'Euro la propria bandiera?

Ha senso fare dell'uscita dall'Euro la propria bandiera?
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10 Gennaio 2012 - 12.12


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noeuroquestionedi Romano Calvo e Ettore Macchieraldo.

(Contributo alla discussione nella II Assemblea Nazionale di Alternativa)

La reazione di molti compagni di Alternativa all”intervento di Giulietto Chiesa sulla questione “Euro Sì o No”, sta producendo interessanti riflessioni di merito ma pone anche il quesito su quale idea di lotta politica debba svilupparsi dentro al nostro movimento. 

In questo nostro contributo non aggiungeremo parole sulla questione euro Sì o No, perché ci vogliamo concentrare sul senso di questo dibattito, sulle sue modalità e sull”idea di Partito, di Stato e di Cambiamento che ci sta dietro.

Una premessa: il metodo di sviluppare le conseguenze logiche di una asserzione fino a farne apparire l”assurdità o la contraddittorietà, ha certamente la sua validità a patto che poi qualcuno si preoccupi di recuperare i cocci rotti. Il compito di un dirigente politico è quello di selezionare le idee-forza in grado di unire e produrre consenso.

1. Alternativa non è (ancora) un”organizzazione di massa e pertanto non è nelle condizioni di  determinare nell”immediato futuro le scelte politiche di questo Paese o, addirittura, del Continente. Se dobbiamo ragionare in termini di Partito, di certo non possiamo farlo pensando di riprodurre le forme di organizzazione di massa della seconda metà del ”900.

Il Partito che servirebbe è, invece, più simile alle forme di organizzazione dell”inizio del movimento operaio, quando ancora non c”era una classe operaia di fabbrica organizzata. I soggetti sociali erano allora molto compositi, uniti però da forme comuni di mutualismo e di lotta. I partiti di allora erano formati da persone, da intellettuali, che erano in grado di parlare a questi diversi soggetti. Formavano un composito quadro di organizzazioni e forme di pensiero che costituiva il potenziale di emancipazione degli oppressi.

Nella forma organizzativa del nostro movimento, non crediamo che le divisioni debbano essere per forza risolte, con la necessaria conseguenza dell”esclusione di una parte dall”altra. Anzi riteniamo che si dovrebbe tornare alla riflessione di Franco Fortini, che conosceva bene i Partiti e le loro eresie (Franco Fortini, Le minoranze possono farci uscire dal secolo dell”orrore, 1986).

2. Una esplicita presa di posizione sul fatto di uscire dall”Euro non è opportuna in questo momento. Se all”assemblea saremo costretti a votare pro o contro, lo faremo ma quel voto NON chiuderà la discussione. Anzi la vera iattura sarebbe quella di definire una linea e pensare che questa diventi per ciò stesso definitiva. Come nei Partiti di massa di cui sopra, appunto.

L”Euro e l”UE non sono la causa ma la conseguenza di  20 o 30 o 40 anni di progressivo trasferimento di potere dagli Stati alle centrali finanziare globalizzate. E non è con il semplice ritorno alla Lira che i problemi saranno risolti. Anzi, potremmo trovarci a scegliere se prenderlo nel culo dalla finanza globalizzata via UE oppure direttamente dalla Goldman Sachs.

Da questo punto di vista invitiamo tutti i militanti a leggersi con molta attenzione l”intervento di Piero Pagliani ed a ragionare sul concetto di eterogenesi dei fini. La politica non segue sempre la linearità logica del rapporto causa-effetto: un cambiamento originato da una intenzionalità (positiva) può produrre esiti che sono esattamente l”opposto (negativi).  Perché nel processo di cambiamento intervengono altri attori, altri interessi, altri alleati che non si è in grado di governare e spesso nemmeno di prevedere.

3. Siamo una piccola comunità di persone pensanti che vorrebbero cambiare il mondo senza possedere tutte le informazioni importanti, quelle geo strategiche che contano.

Siamo forti solo perché uniti su una idea che abbiamo imparato dai No Tav: “Loro – con i loro progetti e business pensati solo per accrescere il Loro capitale – non passeranno sul nostro territorio, sul nostro corpo, sul nostro lavoro e sulla nostra vita“.

In questo breve anno di vita di Alternativa sono stati fatti importanti passi in avanti verso la costruzione di un pensiero politico unificante. Ma siamo appena all”inizio.

Il popolo che aderisce ad Alternativa proviene da mondi assai variegati. A ben vedere stiamo cercando di coagulare un pensiero coerente attorno ad idee “sparse” e non sempre coerenti che provengono dall”ecologia, dal pensiero delle decrescita, dall”analisi marxiana sulle logiche del capitale, dalla riflessione sul grande inganno bancario e finanziario, da una rivisitazione risorgimentale dello Stato-nazione, dalla cultura anni 70 dei diritti civili e sociali, dall”operaismo, dal sindacalismo di base.

Il faticoso lavoro di emendamento alla bozza di programma ha rivelato il contrario di quanto ingenuamente ci si proponeva: dobbiamo cioè ammettere che su ognuno dei grandi temi sollevati, noi oggi non abbiamo la ricetta pronta e nemmeno il programma di governo ideale.

In positivo vi deve però essere la consapevolezza per cui noi siamo già oggi in grado di enucleare i temi-sorgente, le grandi questioni che la crisi pone all”ordine del giorno e su questo tentare di fissare le traiettorie per una possibile uscita.

Non è un caso se Alternativa ha scelto di qualificarsi NON come partito ma come Laboratorio Politico. E” un work in progress, un cantiere permanente, dove l”opera cresce, nel tempo, grazie al contributo di competenze ed apporti plurimi.

4. Come dice Costanzo Preve, stiamo per essere investiti da una colossale carica di rinoceronti e sarebbe già buono tentare di scansarci per non essere travolti.

Ed infatti guardiamo con rispetto ed interesse a chi già ora tenta modi di vita sganciati dalla finanza e dal ricatto occupazionale, come le transition town e le pratiche della decrescita, insegnano.

Noi però ci siamo assunti un compito ancor più ambizioso: quello di accompagnare le tante possibili vie “individuali” verso la transizione, con una azione esplicitamente politica che cioè ancora crede che un cambiamento possa essere favorito da decisioni statali  vincolanti per tutti.

In ciò vi deve però essere la consapevolezza per cui, ai tempi dell”individualismo, della complessità e della globalizzazione, non vi è alcuna decisione statale che di per sé sia in grado di produrre cambiamenti positivi e duraturi. A meno che si accompagni a comportamenti consensuali di massa, cioè originati e motivati da milioni di micro decisioni individuali.

Nel nostro caso italiano non è necessario sprecare troppe parole per dimostrare i limiti di una posizione che facesse leva sul risveglio nazionale: dove sta la classe dirigente italiana a cui si vorrebbe affidare la sovranità economica, monetaria e giuridica? Siamo forse noi?

5. Forse nel retro-pensiero di alcuni è presente l”idea del colpo di Stato. Ed allora parliamone. In un precedente intervento abbiamo cercato di sviscerare la questione del Debito e del Default.

Da qualsiasi parte la si voglia vedere, si tratta in ogni caso di dichiarare guerra ai poteri forti, gli stessi che siedono contemporaneamente nei cda delle Banche, nel board della Trilaterale e nelle redazioni dei grandi mass media. Gli esempi dell”Argentina e dell”Islanda dimostrano che quella guerra può essere vinta (provvisoriamente e parzialmente) grazie a specifiche contingenze storiche cioè a qualche baco presente nel sistema. Una distrazione da parte dei potenti che apre finestre di opportunità che alcune avanguardie possono sapientemente sfruttare.

Sia che si tratti di ripudiare il debito pubblico o di uscire dall”Euro o di nazionalizzare le grandi banche, ciò potrà avvenire soltanto in uno scenario di sconvolgimento politico radicale. Uno scenario, si badi bene, che non saranno poche migliaia di volenterosi come noi a determinare. A meno che ci si organizzi come nucleo combattente con forti entrature nei servizi segreti.

Il capitale è mobile ed in caso di cambiamenti seri negli assetti del potere, nell”arco di pochi minuti, i sistemi informativi delle grandi banche italiane sono in grado di spostare nei paradisi fiscali quantità di capitali superiori al PIL. Lasciando alla nuova classe dirigente una manciata di mosche in mano.

A meno che il colpo di stato avvenga nel week end, magari a ferragosto, e riesca a muovere in simultanea alcune migliaia di agenti armati e ben istruiti in grado di impadronirsi delle chiavi di accesso ai sistemi informativi delle banche e di bloccare per parecchio tempo tutte le frontiere, di terra, di mare e di cielo, per impedire la fuga dei capitali.

Ma se l”ottica fosse questa, non sarebbe molto saggio metterlo per scritto in un programma politico.  Bisognerebbe semmai preoccuparsi di costruire alleanze con qualche frazione dei servizi segreti e delle forze armate. Qualcosa che in genere non si fa sbandierandolo ai quattro venti.

Conclusione

Ed allora, visto che a noi non è stato chiesto di decidere sull”uscita dall”Euro e che per il colpo di Stato ci dobbiamo ancora organizzare, cerchiamo di fare la parte che ci spetta: osservare, leggere il cambiamento, analizzare le mosse dei dominanti, spiegare che cosa sta succedendo e denunciare l”inganno, anche quello dell”Euro e della BCE, ovviamente.

Ed intanto aggregare consenso, raccogliere la rabbia, tentare di fornire risposte di solidarietà e vicinanza. Indicare vie di sopravvivenza comunitaria ma anche fornire indicazioni su come funziona Matrix, per rendere quante più persone possibili preparate a prevederne i comportamenti e quindi a difendersi ed organizzarsi in Comitato di Liberazione.

In questo senso è possibile lavorare da subito sulla proposta dell”audit sul debito pubblico ed attorno ad essa aggregare consenso. E vedere se si riesce ad aprire un varco nelle contraddizioni del sistema e magari connettersi con movimenti analoghi all”estero.

Le cose sono in rapido movimento. Lavoriamo sull”aggregazione, allarghiamo il consenso e teniamoci uniti, considerato che, come su Matrix, noi siamo pochi e Loro sono molto potenti.

 

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