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Sei questioni riguardanti l'azione politica

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30 Maggio 2012 - 22.55


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Un commento all”articolo “Parole parole parole” di Piero Pagliani 

parolepalabrasdi Franco Romanò*

Prima questione

Tutte le lotte attualmente esistenti contro la globalizzazione non sono espressione di soggetti sociali, ma di una aggregazione generica basata sull”indignazione altrettanto generica che non riesce a radicarsi in un programma perché esprime istanze assolute, non mediabili fra loro e quindi difficilmente aggregabili intorno a qualcosa: sono espressioni di una solitudine di gruppo e di massa, anche quando vanno a colpire gli obiettivi giusti come per esempio la sede della Bce a Francoforte o la Borsa di Milano.

Seconda questione

La classe operaia rimane la sola anche in occidente che talvolta, intuisce dove bisogna andare a colpire, ma lo fa non in nome di un disegno complessivo e di un orizzonte di società diverso, ma per risolvere a proprio favore vertenze sindacali: è il caso per esempio degli operai di Termini Imerese che vanno a occupare la sede di Unicredit. 

Terza questione

Chi è portatore di buone pratiche (penso alle banche del tempo, al consumo a chilometro zero, filiera corta, ecc. oppure alla socializzazione del lavoro di cura, il coworking ecc.) sembra escludere la politica dal proprio orizzonte, accontentandosi di gestire la propria buona pratica anche in rapporto con le istituzioni ma rifiutando di vedere in essa un pezzo di alternativa che dovrebbe legarsi ad altri ecc. ecc.

Quarta questione

La totale inservibilità di quanto residua della nomenclatura della cosiddetta sinistra radicale,di cui è auspicabile una loro riconversione gestaltica in modo da poter liberare il loro elettorato e i loro militanti da un identitarismo e un settarismo controproducenti. Il problema dell”elettorato esiste naturalmente anche per chi vota Pd e Sel ed è assai più complesso.

Quinta questione

I grillini che meritano una analisi a parte che cercherò di fare ma su cui è utile dire subito una cosa. Secondo me chi ipotizza un aumento indiscriminato della loro percentuale di voto nei sondaggi e la scambia per quello che accadrà realmente il prossimo anno alle elezioni, si sbaglia completamente per almeno due buone ragioni: primo l”eterogeneità del movimento e la mancanza di organizzazione sarà da questo momento in poi un limite e non più una forza; in secondo luogo proprio per questo sarà facile portare la divisone al loro interno anche con iniziative da intelligence probabilmente bipartisan, alle quali i grillini sono poco attrezzati a resistere e a comprendere. Mi aspetto anche qualche scandalo intorno a Grillo stesso.

Sesta questione

Da che cosa cominciare per fare un passo avanti. Secondo me bisogna partire da quelle agitazioni e buone pratiche che, pur nella loro spontaneità e limiti già indicati, rivelano maggiore e tenuta e anche hanno messo in scacco in qualche momento il potere e capire perché hanno avuto tale impatto. In Italia secondo me sono questi:

1) Il movimento No Tav.

2) Il referendum sull”acqua e la nascita da esso (più che non Alba stessa), della rete dei beni comuni che costituisce anche in alcuni casi una cerniera virtuosa fra istituzioni locali e movimento.

3) L”occupazione del teatro Valle a Roma e della Torre Galfa a Milano, nonché altre iniziative di autogestione e socializzazione delle risorse o se vogliamo dei mezzi di produzione e servizi, da parte di gruppi associati e omogenei (i lavoratori della cultura e dello spettacolo oppure i giovani che si aggregano nel coworking).

Cosa unifica queste esperienze al di là della consapevolezza immediata che ne possono avere i soggetti coinvolti? Per rispondere a questa domanda faccio un passo indietro. Perché erano dirompenti ed efficaci lo sciopero generale politico oppure l”occupazione del fabbriche per il capitalismo otto-novecentesco? Perché erano sequestri di fatto del capitale fisso da parte del capitale variabile. La domanda da porsi rispetto a oggi è: cosa costituisce il capitale fisso per il capitalismo finanziario post-industriale globalizzato? Senza gerarchie fra di loro io li vedo in tre elementi:

  1. Il territorio e le sue infrastrutture (le merci devono pur sempre arrivare da un luogo a un altro).
  2. La sede fisica degli istituti di credito e della borsa.
  3. La rete virtuale su cui corrono le transazioni.

Ebbene, io credo che le lotte indicate prima, hanno avuto maggiore impatto e tenuta perché in un modo più o meno vistoso andavano a colpire questi nodi nevralgici, a parte le banche almeno per ora, sfiorate solo da manifestazioni generiche di opinione. Credo che su questo dovremmo ragionare proprio per poter elaborare strumenti di generalizzazione che diventino contagiosi, ma occorre parlarne con calma in altra occasione.

 * Scrittore ed intellettuale, condirettore della rivista di narrativa, critica letteraria e cultura Il cavallo di Cavalcanti; redattore della rivista online Overleft. Cofondatore della Società di Psicanalisi Critica, è coautore del volume “L”ideologia del denaro“.

 

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