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Non è soltanto questione di Euro

Non è soltanto questione di Euro
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26 Giugno 2012 - 07.57


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di Rodolfo Monacelli*

Rispondo all”articolo, uscito su Megachip, intitolato UE! Svegliamoci, dell”amico e compagno Paolo Bartolini. Una risposta che non nasce per amore di polemica, ma perché fondamentale (al di là del tema trattato) per discutere quale può e deve essere la strategia di intervento nella lotta politica di Alternativa e, più in generale, di tutte le forze antisistemiche.

Nell”articolo si tratta dell”annosa questione dell”uscita dall”Euro e di come una forza politica minoritaria può sperare di incidere ma, come detto, questo dibattito va inquadrato in una prospettiva più generale.

Incominciamo.

Bartolini scrive:

Era chiaro a molti, infatti, che restare o uscire dall”attuale sistema monetario non sarebbe dipeso dalla buona volontà e dalle geniali intuizioni delle ultraminoranze (di destra o sinistra). Una sufficiente conoscenza del mainstream e di chi possiede le leve del comando massmediatico, avrebbe dovuto suggerire a tutti una maggior cautela, in quanto le proteste dei cittadini sono destinate (spesso, se non sempre) ad essere incanalate, da chi detiene il controllo dei media e della ricchezza, verso la foce dell”autoritarismo e del populismo a buon mercato. In fondo chi possiede i mezzi di comunicazione – oltre a quelli di produzione – orienta l”opinione pubblica e stravolge a suo vantaggio anche le idee apparentemente più rivoluzionarie. È vano, quindi, chiedersi cosa sarebbe potuto succedere se al posto di Berlusconi ci fosse stato un manipolo di eroi ad impugnare pubblicamente la bandiera No-Euro e a sventolarla nelle catacombe di internet insieme a cento-duecento amici.

Prima di rispondere a Bartolini, ci sembra utile ricordare alcune parole, antiche ma sempre utili, di Antonio Gramsci, tratte da “I Quaderni del carcere” che, come vedremo, vanno inquadrate in questo discorso:

Ci può e ci deve essere una “egemonia politica” anche prima della andata al Governo e non bisogna contare solo sul potere e sulla forza materiale che esso [il governo] dà per esercitare la direzione o egemonia politica[.]Un gruppo sociale può e anzi deve essere dirigente già prima di conquistare il potere governativo (è questa una delle condizioni principali per la stessa conquista del potere); dopo, quando esercita il potere e anche se lo tiene fortemente in pugno, [quel gruppo sociale] diventa dominante ma deve continuare ad essere anche “dirigente”.

Come possono queste brevi ma significative parole di Gramsci essere riferite ai giorni nostri? Gramsci afferma che un gruppo che si autodefinisce “rivoluzionario” deve avere come principale obiettivo quello di cercare di esercitare “egemonia politica e culturale“, al di là di un esercizio reale e contingente del potere. Questo vuol dire “creare” parole d”ordine, al di là dei limitati mezzi, per cercare di porli alla pubblica opinione.

Non fare questo, accettando e subendo il fatto che qualunque slogan e qualunque lotta politica possa essere strumentalizzata dal mainstream, vorrebbe dire rinunciare a ogni battaglia contro le guerre, contro l”austerity, contro la Nato, ecc.

Perché non è solo la questione dell”Euro, come è facilmente comprensibile, che può essere strumentalizzata dai poteri dominanti. Non è, infatti, purtroppo, solo storia recente il fatto che i dominanti vengano trasformati in liberatori e gli aggrediti in aggressori.

Questo però, fortunatamente, non può e non deve impedire a continuare ostinatamente a cercare di raccontare la verità dei fatti. Anche perché, sempre rifacendosi al metodo gramsciano, è possibile ridefinire completamente concetti apparentemente simili (come quelli di Berlusconi a proposito dell”Euro), ricreandoli e rendendoli del tutto irriconoscibili ed originali, attraverso un vero e proprio incorporamento all”interno del proprio discorso e ragionamento:

Egli trovava il “blocco storico” in Georges Sorel; la teorizzazione della distinzione permanente fra governanti e governati in Mosca e Pareto, il concetto di riforma intellettuale e morale nell”intera tradizione idealistica italiana, da De Sanctis a Croce a Gentile [.]; il rapporto tra forza e consenso, la figura del Centauro macchiavelliano, in Mosca e in Croce; il concetto di storia etico-politica, la politica come passione, l”elemento religioso della filosofia, e molte altre cose, in Croce; parecchi elementi di suggestione intorno alla teoria del partito politico moderno, in Michels; le simpatie liberiste in Einaudi e negli altri teorici del libero scambio. [A. ASOR ROSA, La cultura, in Storia d”Italia, a cura di R. Romano e C. Vivanti, IV/2. Dall”Unità a Oggi, Torino 1975, pp. 1445-46]

I lettori mi scuseranno se ritengo necessario concludere questo breve articolo con la mia opinione sulla questione dell”Euro, rifacendomi proprio alla conclusione di Paolo Bartolini:

Si parli dunque di exit strategy dall”euro e di altri temi della massima importanza, ma con la chiara visione di un”Unione Europea da ripensare e difendere, pena la scomparsa di un possibile e indispensabile protagonista mondiale, forse l”unico capace di limitare le pretese imperiali degli Stati Uniti e il suicida sviluppo produttivista dei suoi “competitor” globali.

Chi scrive ritiene necessario distinguere, nel modo che si vedrà, la lotta contro l”Euro da quella contro l”Europa concordando con le affermazioni del Prof. Bruno Amoroso secondo cui:

Contrariamente all”opinione diffusa secondo cui la difesa dell”Euro sia necessaria per salvare l”Unione Europea, è vero esattamente il contrario: cioè che l”ostinazione nel difendere l”Euro nella sua attuale forma rischia di trascinare nel suo fallimento anche quello del progetto politico europeo.

Difendere l”Euro vuol dire infatti far fallire, inevitabilmente e senza alcuna via di ritorno, anche la prospettiva di un autentico blocco geopolitico ed anticapitalista europeo, che chiaramente non può essere rappresentato dall”UE così come è oggi. Chi scrive non ritiene una soluzione il ritorno, in maniera unilaterale, ad una moneta nazionale. Sia perché, cambiato completamente il contesto storico e socio-culturale mondiale, non risolverebbe il problema della sovranità e perché esporrebbe le monete nazionali della periferia europea mediterranea ad uno scontro col capitale finanziario globale, impedendo una regolazione efficace del ciclo e del cambio strutturale in questi Paesi.

Una possibile soluzione può essere, invece, quella che parta da una ricostruzione europea a partire dai paesi dei PIIGS, con una nuova moneta per paesi con strutture produttive più o meno simili, che permetterebbe un margine di negoziazione con le istituzioni comunitarie e con la Banca Centrale Europea. Una soluzione, quindi, che non sarebbe più soltanto economicista o monetarista, ma “tutta politica”, ponendo al centro la questione della sovranità nazionale, ripetendo quello che è successo nei paesi dell”ALBA dell”America latina.

* Membro dell”Ufficio Centrale di AlternativaAlternativa Lazio

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