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Le questioni che ci dobbiamo porre per costruire un nuovo soggetto politico
di Ettore Macchieraldo*
La sera di lunedì 4 febbraio scorso si è svolto a Ivrea, presso le Officine H, un incontro con i promotori di Cambiare si può. Erano presenti due dei primi firmatari, Livio Pepino e Marco Revelli, e altre 100 persone che hanno discusso senza reticenze le questioni che ci dobbiamo porre per costruire un nuovo soggetto politico.
Cambiare si può è stato quel processo che, dall”appello di novembre per una presenza alternativa alle elezioni, si è poi snodato per un centinaio di assemblee in tutta Italia, per poi arrestarsi sulla soglia della Rivoluzione Civile. Si è infatti intrecciato con il percorso parallelo promosso dal sindaco di Napoli e quello di Palermo, che ha portato alla candidatura di Ingroia e alla formazione della lista di Rivoluzione Civile alle prossime elezioni politiche. Questo esito non ha soddisfatto molti dei partecipanti, tra cui i promotori.
Non ne fanno una questione di schieramento, ma di contenuti e di metodo. Insomma indicano degli errori di strategia e di tattica. E anche l”incontro di lunedì verteva sulla tattica e la strategia. Ovvero che comportamento bisogna tenere alla prossima tornata elettorale (tattica), e su quali contenuti e con quali forme riprendere il progetto di un nuovo soggetto politico dopo le elezioni (strategia).
Sul primo filone di discussione si sono espressi in molti e in modo diversificato. Revellli e Pepino
sono per votare Rivoluzione Civile. Così come Cadigia Perini, cassaintegrata candidata al decimo posto della lista Ingroia in Piemonte, promotrice della serata. Molti si sono espressi diversamente.
Nevio Perna (anche lui tra gli organizzatori dell”incontro), ha sostenuto che non è discriminante
cosa si voterà nelle prossime elezioni, è invece importante essere in grado, nel tempo, di
interpretare, rivolgersi e includere quella larga parte della popolazione (diciamo un 50% circa) che o non voterà del tutto o non darà il proprio voto agli schieramenti che hanno appoggiato il governo Monti. “C”è una massa fluida di popolazione – non solo di sinistra- che non sa a chi rivolgersi e ha bisogno di discontinuità radicale” sostiene Marco Revelli.
Per quanto riguarda la strategia, invece, siamo partiti dal bisogno di un nuovo soggetto politico,
che all”inizio della serata è stata raccontata con questa immagine di Simonetta Valenti: “perché ho bisogno, e voglia di un nuovo soggetto politico? Perché è come se mi trovassi nel deserto insieme ad altre persone come me e avessi sete, una gran sete. E poi, a ben guardare, intravedessi qua e là degli zampilli di acqua fresca che potrebbero bastare per tutti. Solo, mi mancano un bicchiere, un pentolino, una gamella, qualcosa dove raccogliere l”acqua, e bere, e darne a chi ha sete come me. Ecco: ho bisogno di un mondo a misura di donna, uomo e bambino e mi capita spesso di vederne la potenzialità , la possibilità , in dieci, cento occasioni in cui ci si muove, collettivamente, per qualcosa di migliore per molti. Solo che ho bisogno di raccogliere, mettere insieme, dare un nome, un posto, un obiettivo comuni di tutti e per tutti.”
Ma questa gamella non può essere il Partito. Non può esserlo nella forma di organizzazione di
massa del fordismo – quella fase della società industriale basata sulla produzione e il consumo di
massa . Né tantomeno lo può essere nella forma lobbistica e spettacolarizzata attuale. “I partiti sono evaporati dai territori. Si dicono organizzazioni leggere, ma sono pesanti dal punto di vista degli intrecci con le lobby affaristiche. Badate che con la fine del fordismo anche le imprese hanno fatto lo stesso, sganciando i rapporti con i territori.” Ci avverte sempre Revelli.
Su come organizzarsi bisogna ragionare attentamente e senza pregiudizi, ci avverte Maurizio Ricci esprimendo la sua angoscia di uscire da quell”incontro senza passi avanti verso un contenitore comune, “In questi anni abbiamo già provato con le reti, i movimenti. Se individuiamo la necessità di un nuovo soggetto politico dobbiamo fare un”associazione politica. Ci sono modi e metodi per evitare le degenerazioni delle organizzazioni!”
Non vogliamo però affrettare i tempi, percorrere delle scorciatoie. “Bisogna mantenere aperta
una prospettiva più ampia e diversa. Il rapporto con i territori è importante, è la costruzione di canali per dare maggior voce anche a livello istituzionale ai movimenti. Non voglio fare, però, l”ennesimo partitino”, – altra forma organizzata dell”attuale frammentazione sociale – aggiunge chi scrive alle parole che Livio Pepino ha detto alla fine dell”incontro di lunedì a Ivrea, “Il modello è l”associazione delle associazioni. Bisogna trovare i contenuti e il metodo perché escano dalla subalternità e diventino capaci di costruire nuova egemonia“.
La parola egemonia è intesa nell”accezione di Gramsci, ovvero come capacità attraverso le pratiche quotidiane e gli immaginari – diremmo oggi – di influenzare da parte di un gruppo o di una classe tutta la società . Il concetto è ostico a chi rifugge dalla politica, ma necessario da riprendere. Siamo infatti nella condizione di molte pratiche e realtà minoritarie che devono costruire capacità culturale e politica perché gli interessi della stragrande parte della popolazione entrino di prepotenza nell”agenda di governo.
Pensiamo se fossimo riusciti a evitare che anche in questa campagna elettorale guadagnasse la scena il signor B. e si fosse invece parlato di crisi, debito, lavoro e stato sociale. Se vogliamo porci il problema di come transitare da questa società che ci sta riducendo sempre più a cose, a un”altra che metta al centro le persone, non possiamo eludere questo aspetto.
Ci siamo dati appuntamento subito dopo le elezioni per riprendere il percorso per un nuovo soggetto politico . A presto
(8 febbraio 2013)
* Ettore Macchieraldo è membro dell”Ufficio Centrale di Alternativa. Questo pezzo è stato scritto per Megachip e Varieventuali.
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