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di Giovanna Tinè – DailyStorm
Il prossimo 17 febbraio si terrà a Washington quello che viene annunciato dagli organizzatori come “il più grande raduno per il clima della storia”.
L”evento, chiamato ForwardOnClimate, è promosso dall”associazione 350.org, insieme a The Sierra Club e Hip-Hop Caucus, con l”obiettivo di “dire a Barack Obama che è ora di condurre la battaglia contro i cambiamenti climatici, a cominciare dall”oleodotto Keystone XL per le sabbie bituminose”. A breve, infatti, Obama dovrà pronunciarsi sulla realizzazione di tale oleodotto, che porterà quotidianamente più di 700.000 barili di greggio da sabbie bituminose dall”Alberta, in Canada, alle raffinerie texane sulla Costa del Golfo.
IL PROGETTO “KEYSTONE XL” – La regione dell”Alberta, in Canada, è già tristemente famosa per l”estrazione delle sabbie bituminose, di cui è ricchissima: pratica da sempre osteggiata dalle comunità delle First Nations a causa della devastazione che essa crea sul territorio e alla vita delle comunità stesse. Il progetto Keystone XL consiste nella realizzazione di un oleodotto che permetta di esportare l”enorme quantità di greggio prodotto dalle sabbie (un misto di sabbia, argilla, acqua e bitume), che eccede del doppio il fabbisogno canadese. Il punto, infatti, è che, a causa degli elevati costi di trattamento delle sabbie, l”esportazione è assolutamente necessaria affinché gli investimenti siano remunerativi. In caso contrario, senza gli ampi profitti della vendita all”estero del greggio prodotto, il prezzo al barile scenderebbe e il futuro dell”intera industria dell”estrazione delle sabbie bituminose sarebbe a rischio.
LE IMPLICAZIONI LOCALI E GLOBALI – La questione è importante per le implicazioni non solo locali, peraltro già gravissime a causa della devastazione del territorio, dell”inquinamento delle falde acquifere e dell”impatto sulla vita delle comunità locali. Ma va considerata anche a livello globale, poiché tutto il processo di estrazione e trattamento delle sabbie è ad altissima emissione di gas serra e quindi di enorme impatto sul riscaldamento globale.
Scrive Bill McKibben, fondatore di 350.org: “Le sabbie bituminose dell”Alberta sono la bomba al carbonio più grande del continente. Se si potesse bruciare tutto il greggio di quelle sabbie, le concentrazioni di biossido di carbonio nell”atmosfera passerebbero dalle attuali 390 parti per milione (abbastanza da creare il caos climatico che già vediamo) a quasi 600 parti per milione, che vorrebbe dire, se non l”inferno, almeno un mondo con quella stessa temperatura”. Impedire la realizzazione del Keystone XL sarebbe dunque un”ottima occasione per disinnescare questa bomba al carbonio e cominciare a ragionare seriamente sulla transizione alle energie rinnovabili.
BARACK OBAMA, TEORIA E PRATICA – Dato che il progetto Keystone XL attraversa un confine nazionale, è Obama, e non il Congresso, ad avere l”ultima parola sulla questione. E” lui, quindi, a dover decidere sul futuro dell”industria delle sabbie bituminose, dato che un suo “no” ne vedrebbe il declino. La questione è tutta aperta quindi, visto che il suo primo mandato non ha lasciato molte speranze ad ambientalisti e movimenti per il clima, e visto che le vere decisioni in materia di energia sono in mano alle industrie dei combustibili fossili e non ai presidenti – nemmeno a quelli democratici -. Non ci stupisce, dunque, che la posizione di Obama oggi, al suo secondo mandato, sia a dir poco ambigua.
Infatti nel discorso inaugurale diceva:
«Risponderemo alla minaccia del cambiamento climatico, sapendo che un fallimento in tal senso significherebbe tradire i nostri figli e le generazioni future. [.] Il cammino verso le fonti sostenibili di energia sarà lungo e talvolta difficile. Ma l”America non può resistere a questa transizione, la dobbiamo condurre».
A Novembre, invece, alla prima conferenza stampa dopo le elezioni, le sue parole erano state queste:
«Non c”è dubbio che per noi affrontare i cambiamenti climatici in modo serio significherebbe fare alcune scelte politiche difficili. E, comprensibilmente, credo che il popolo americano in questo momento sia talmente concentrato – e che continuerà ad esserlo – sulla nostra economia, l”occupazione e la crescita, che, se il messaggio è in qualche modo che abbiamo intenzione di ignorare l”occupazione e la crescita semplicemente per affrontare i cambiamenti climatici, io credo che nessuno lo sosterrebbe. Io non lo sosterrò».
Non molto coerente.
LE PROTESTE E LE PROSPETTIVE DELLA MOBILITAZIONE SUL CLIMA – Tutto è pronto intanto per quella che speriamo sarà davvero la più grande manifestazione per il clima della storia. Il fronte dei movimenti, tuttavia, è composto da diverse anime. Nell”immediato tutti faranno pressione perché Obama dica “no” all”oleodotto. La riflessione interna, però, è aperta tra coloro che – organizzatori in primis – pensano che Obama potrà , se lo vorrà , condurre la battaglia contro i cambiamenti climatici, e coloro che non credono che questa battaglia potrà partire dall”alto. Per il semplice fatto che se la priorità del Presidente è la crescita economica, e la crescita economica di questo sistema è per sua natura senza limiti e incompatibile con l”ambiente ed il clima, ne consegue che gli sarà impossibile adottare qualsiasi misura veramente efficace o risolutiva nei confronti del riscaldamento globale.
La forza del movimento starà quindi nel riuscire, oggi, a far pressione su una importantissima decisione contingente, ma domani, anzi stasera stessa, lavorare dal basso a quello che i promotori di un secondo appello, significativamente chiamato “System Change, Not Climate Change”, definiscono “un movimento di base per il clima che non abbia illusioni nel mercato libero o nel Partito Democratico”. E che, diversamente da Obama, il quale li vede in contraddizione, unisca i temi dell”ambiente e della transizione energetica a quelli del lavoro e della democrazia.
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(13 febbraio 2013)
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