di Anna Lami – Megachip
I principali quotidiani stranieri ed italiani concordano nella lettura del voto italiano: “c’è almeno un dato inequivocabile che arriva dal responso delle urne: in Italia ha vinto il partito antieuropeista, antirigore, e, sintetizzando, anti-Merkel†secondo Barbara Fiammeri del Sole24Ore. E se il Corriere ha esordito nell’editoriale di Massimo Franco con “ha vinto un’Italia euroscetticaâ€, La Stampa si è soffermata su “Quell’Italia che ha detto no alla moneta unicaâ€. Secondo Francesco Manacorda, infatti, “più della metà degli italiani che sono andati alle urne hanno votato contro l’euroâ€.
Gli sconfitti sono quindi i partiti dell’Europa, dal PD di Bersani alla Scelta Civica di Mario Monti. Il premier uscente probabilmente si era davvero illuso di piacere agli italiani, vista la lettura distorta ed artefatta della realtà che gli hanno per mesi confezionato i giornali di regime, ed invece ha raccolto poco più dello strettissimo consenso della classe che rappresenta. “Il partito della borghesia s’è rivelato un’illusione†chiosa Marcello Sorgi dalle colonne del quotidiano torinese. Non vince nemmeno Berlusconi, che però, capendo quanto fosse diffuso il malcontento verso le politiche di austerità europee, ha saputo abilmente farne uno degli assi portanti della sua propaganda elettorale.
Dal canto suo la lista di Ingroia, che ha lasciato sullo sfondo la questione europea, è uscita letteralmente bastonata da questa competizione. In realtà si tratta di una misera parabola largamente prevista: una lista senza contenuti di classe e con un uomo di punta letteralmente alieno rispetto al problema centrale della nostra epoca, la crisi economica in cui si dibatte il capitalismo (tematica a cui Ingroia ha riservato la stessa importanza della “lotta contro le mafieâ€) .
Come se non bastasse Rivoluzione Civile ha cercato, fino all’ultimo, l’accordo con il Pd. Ed anche dinnanzi all’impietoso responso delle urne il magistrato ha perseverato nell’errore: “se Bersani avesse aperto alle nostre proposte avrebbe vinto lo schieramento di centro sinistraâ€. Ma con questi presupposti per quale ragione un elettore avrebbe dovuto scegliere Rivoluzione Civile e non Sel? Per quale motivo gli studenti manganellati il 14 novembre, i facchini di Ikea denunciati per i blocchi o i No Tav avrebbero dovuto appoggiare un magistrato che insiste più sul problema della legalità che sul conflitto sociale (per partiti che si dicono comunisti non dovrebbe esser un dato secondario)? A rigor di quale criterio i tanti indignati contro le caste politiche votassero per una lista che aveva assicurato le posizioni eleggibili ai burocrati di partito eredi della fallimentare sinistra arcobaleno? Per quale mistero avrebbero mai potuto gli operai affidarsi ad ex imprenditori affiliati al Lions Club come uno tra gli eleggibili alla Camera dal Veneto, Ivan Rota? Niet.
La risposta dei lavoratori di Porto Marghera è stata Grillo, primo partito con il 32%. Anche a Pomigliano d’Arco, a Mirafiori, nelle zone operaie i 5 stelle davvero portano lo Tsunami. Nella Taranto dell’Ilva sono il primo partito. E proprio mentre i settori sociali più colpiti dalla crisi affidavano il loro malcontento a Grillo e ai 5 stelle, buona parte dei militanti della sinistra post comunista inorridiva per l’attacco dell’ex-comico genovese ai sindacati confederali (quei sindacati che non occorre abolire, perché si stanno abolendo da soli in mesi di sconfitte firmate a tavolino e di complicità con i Marchionne-Sacconi-Fornero di turno), spulciava ogni sua dichiarazione con lo stesso snobismismo, lontano ed incomprensibile alle masse, delle alte cariche istituzionali che evocavano quotidianamente il pericolo del “populismoâ€. Intanto in Valsusa il Movimento 5 Stelle diventava il primo partito (con percentuali plebiscitarie in alcuni comuni), ed a Livorno, storica roccaforte “rossaâ€, raggiungeva il 26% contro il 3,9% della lista Ingroia.
Il quadro che esce dal voto è chiaro: il consenso verso i partiti dell’Unione Europea, dell’austerità e del Fiscal Compact, verso i soggetti politici accreditati e responsabili che piacciono a Napolitano ed ai mercati, è ai minimi storici. E la novità non è che Grillo ha vinto perché è un grande comunicatore, così come Berlusconi. La novità è che una fetta rilevante degli elettori italiani dissente apertamente dai suggerimenti dei mercati e si oppone come riesce alle politiche di massacro sociale imposte da UE, Bce, Fmi. Peccato che questo elettorato non abbia incontrato nessuna sinistra di classe capace di costruire una alternativa credibile all’offensiva delle classi dominanti europee. Inutile e patetico prendersela, come in molti tra i rottami di quel che resta della sinistra attuale continuano a fare, con i “difetti atavici†del popolo italiano.
Il popolo italiano non è né migliore né peggiore degli altri. Quel che è chiaro dopo questo voto, è che se Mario Monti ha potuto volare di summit in summit vantando la tranquillità con cui rimodulava la struttura economica nazionale, è anche e soprattutto perché non ha dovuto confrontarsi con alcun soggetto politico capace di cogliere la rabbia che covava. Il popolo italiano se apparentemente si è dimostrato più accondiscendente di altri Piigs nel manifestare il proprio dissenso nei confronti dell’austerità è semplicemente perché in troppi, nei sindacati e partiti di sinistra, non gli hanno offerto alcuna sponda. Inevitabilmente il correre dei tempi ha impietosamente scritto la parola fine su questa ottusa schiera di centometristi zoppi.
(26 febbraio 2013)