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Il premier “from behind” e nonno Simpson

'Ecco il governo Letta. Una punizione ingiusta anche per un Paese sciagurato come il nostro. L''incrollabile liberismo di questo premier è noto.'

Il premier “from behind” e nonno Simpson
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28 Aprile 2013 - 20.14


ATF

a cura dei PixelMegachip.

But something is happening here
But you don”t know what it is
Do you, Mister Jones?
Bob Dylan, “Ballad of a thin man”

 


1. E così abbiamo il governo Letta. Una punizione ingiusta anche per un Paese sciagurato come il nostro.

L’incrollabile liberismo di questo premier, novello come gli articoli di un robivecchi, è noto. Ricordiamo solo che quando nel 2000 da ministro dell’Industria mise mano a quella del gas, si vantava di essere più liberista della signora Thatcher. Teniamolo a mente, così tanto per regolarci. Possiamo pensare a spezzatini di ENI, di Finmeccanica e, last but not least, alla privatizzazione di bisturi, cateteri, padelle e pappagalli.

Questo governo è un esito previsto, essendo una logica conseguenza della rielezione di Napolitano, che a sua volta è la logica conseguenza di se stesso: voleva, fortissimamente voleva, le grandi intese e le ha ottenute. E non si dica che il PD ne è una vittima, perché il nucleo dirigente di quel partito voleva quel che voleva Napolitano. O quanto meno non voleva quel che Napolitano non voleva.

Tutto quadra e dar la colpa ai 5 Stelle è una scusa a cui non credono nemmeno alle elementari.

Ha infatti ragione Travaglio a sottolineare che la (ri)elezione di Napolitano ha un certo sapore mafioso (il che vuol dire che il resto erano specchietti per le allodole). Ma, aggiungeremmo, beffardamente mafioso: il Porcellum è stato istituito, accettato e tenuto stretto dalle prepotenti segreterie di tutti i partiti, con la scusa, buona per il volgo disperso, che le preferenze erano una “firma”. Poi, per rieleggere il peggior presidente della storia repubblicana, il PD ha imposto che le schede dei suoi venissero “firmate” (per “tracciare il voto”). Se non è un metodo mafioso e ben finalizzato questo …!

L’Italia è sempre stata un laboratorio politico per l’Occidente. Ora, mirabile dictu, stiamo sperimentando una repubblica presidenziale dove il presidente non viene eletto dal popolo ma in compenso rimane in carica per quattordici anni. Un esperimento così spericolato è veramente innovativo nell’ambito delle democrazie occidentali. Spericolato e ironicamente paradossale: per “rimanere in Europa” stiamo copiando i peggiori regimi dell’Africa Nera di una volta. Ma non crediamo che si tratti veramente di un paradosso. Stiamo probabilmente tracciando una prassi, un protocollo, per la sopravvivenza del capitalismo occidentale.

 

2. Della composizione di questo governo parleranno in molti. Noi qui notiamo soltanto che in esso il ministro degli Esteri, Emma Bonino, svetta come un missile balistico puntato su ogni obiettivo gradito agli Stati Uniti (ahi, amici 5 Stelle, prendete un po’ di informazioni prima di votare alle “Quirinarie”! E palese che sulla politica estera siete un bel po’ sguarniti, ma non avevate nemmeno mai letto questa dichiarazione sul blog della neo-ministra: “La TAV è opera necessaria, non solo per l’economia del nostro paese, ma anche per un’ecologia sostenibile”? O quest’altra: “Comunque la si pensi sul motivo della protesta, l”uso della forza da parte dello Stato è legale e legittimo, altrimenti si riconoscerebbe un diritto di veto a chicchessia …”?).

Passiamo oltre e soffermiamoci su un altro punto, su un interessante processo patologico, cioè l’ennesimo passo della sinistra verso l’autostrangolamento.

È uno spettacolo da Grand Guignol. Un gioco sadomaso che però una cosa la illustra con precisione: il disprezzo per la democrazia.

Non crediamo affatto, noi Pixel, che chi vince le elezioni abbia ragione e chi le perde, torto. Quel che è avvenuto in Italia e in Germania dopo la I Guerra Mondiale è un feroce avvertimento che l’equazione può essere sbagliatissima.

Ma se i consensi si perdono ripetutamente a milionate ad ogni elezione per perseguire il male del Paese, allora siamo al disprezzo sadomaso per la democrazia.

Siamo al governo dei saggi, dei perfetti, di coloro che sanno: pochi e protetti da guardie armate, ma sicuri autoreferenzialmente della bontà delle proprie scelte (in realtà l’autoreferenza è solo relativa, perché questi signori hanno referenze privilegiate oltre Atlantico).

Non per nulla, un Parlamento ingessato ortopedicamente da “saggi” di nomina presidenziale è stata la prima opzione, un po’ frettolosa, di Napolitano.

Il PD ormai perde sapendo di perdere. Siamo da tempo ben oltre all’errore: siamo al sacrificio per conto terzi. Ci permettiamo quindi di correggere leggermente Andrea Scanzi: D’Alema non è “l’uomo che ha sbagliato tutto”. A nostro avviso è un martire, un uomo che si è immolato per la causa. Peccato solo che non fosse la causa di questo Paese.

Analogamente, come abbiamo ripetutamente fatto notare, Monti non ha sbagliato un bel nulla, come sostengono i neo-keynesiani in base ai loro modelli, dato che la sua missione era proprio quella di avviarci verso una Lunga Depressione (che non vuol dire che si colerà tutti a picco, allo stesso modo e uniformemente o che qui e là non ci possano essere segni di ripresa). Il disegno è talmente lucido che nel suo programma era previsto un “reddito di sussistenza”, e non è un disegno in contrasto con quell’ “allentamento” dell’austerity che dall’FMI in giù tutti invocano e che permetterà al nuovo governo di fare anche cose popolari accanto a quelle impopolari (scordiamoci comunque un ritorno alle pensioni o ai diritti del lavoro pre-Fornero).

Insomma, sarà un governo panem et circenses nei limiti che i rapporti internazionali concederanno all’Occidente per la gestione della crisi sistemica.

E nonostante l’età, difficile che Napolitano sbagli le mosse. Mica decide da solo. Dati i precedenti, come minimo possiamo aspettarci che se matureranno le circostanze, ci trascinerà, in combutta con la Bonino, in una guerra (atomica?) contro la Siria e contro l’Iran o contro qualche disgraziato paese africano. Che non è uno sbaglio; fa parte della loro logica.

 

3. E la nostra logica?

Come abbiamo spesso argomentato, è imbecille o disonesto additare in Grillo un nuovo Duce. Bastano due passaggi logico-storico-politici ben fatti e si capisce che non è così (se qualcuno sente il bisogno di ricordare il nazismo pensi a Falluja, come spiegò Gino Strada; e non abbiamo bisogno di aggiungere nient’altro).

Ma qui scatta un’altra autorferenzialità, quella identitaria di sinistra.

Ci rendiamo conto che sia difficile seguire i processi del movimento che meglio incarna le convulsioni del Paese in crisi. E’ difficile seguirlo e capirlo. Per definizione sta fuori e oltre i vecchi schemi pratici e teorici. Ma un conto è essere consapevoli della propria difficoltà di comprensione, un altro è nasconderla dietro presunti difetti dell’oggetto che sfugge ai nostri limiti politico-epistemologici.

I casi sono due: o si seguono e si cercano di capire le convulsioni, le difficoltà, le sofferenze che percorrono il nostro Paese, oppure si rinuncia a farlo per rifugiarsi testardamente nella propria perdente identità.

Qui tutte le critiche che Marx ed Engels facevano alla sinistra del loro tempo potrebbero essere riadattate. Critiche a un romanticismo inconcludente, timoroso, incapace di rimettere in gioco le proprie certezze.

Un rappresentante di questo atteggiamento è Alba, un movimento di ottime persone che ha una miriade di punti in comune col Movimento 5 Stelle ma proprio per questo lo esorcizza con dei ripetuti “vade retro”, per non perdere la fede e sottolineare il proprio maggior rigore, che c’è ma è tutto teorico, nel senso che non è applicabile perché non c’è l’oggetto su cui applicarlo. Un rigore che quindi si riduce a non voler rimettere in discussione certezze che ormai assomigliano a nostalgie da casa di riposo. Un vero peccato. E il discorso potrebbe essere esteso ad altri soggetti “vorrei-ma-non-posso” che fioriscono – si fa per dire – nell’area della “sinistra alternativa” (ne parliamo perché è in quest’area che da sempre facciamo politica, bene o male).

 

4. “Quando ero giovane mi dicevano: Vedrà quando avrà cinquant’anni,” scriveva Erik Satie. “Ho cinquant’anni ma non vedo niente”.

E qui gli anni sono molti di più. Ma fosse per questi amici e compagni saremmo ancora al sistema tolemaico. Tutto deve rimanere immutato, altrimenti si va nel panico, innanzitutto intellettuale.

Potremmo pensare di essere anche in questo caso in presenza di una forma, minore, di disprezzo per la democrazia (siamo pochi, ma buoni), se non fosse per l’odore di medicinali e di disinfettante che ci fa prendere dallo sconforto e capire che in ballo c’è un altro tipo di patologia.

Suvvia, compagni della fu sinistra alternativa. Usciamo dall’ospizio e rientriamo nel mondo reale. Ogni volta che lanciamo un “vade retro” siamo noi che indietreggiamo. Qualcosa non va, non vi pare?

Vale per tutti e anche per SEL, che ha convocato gli stati generali della sinistra, cosa che crea speranze e timori, perché non si sa se aprirà porte e finestre per fare entrare aria pura, o se amplierà il numero dei ricoverati.

Usciamo nel mondo reale, che non si riduce a questo o quel reparto di una fabbrica in cui alcuni di noi sono presenti. Se non lo facciamo assomiglieremo vieppiù ad Abraham Simpson, il nonno che parla sempre iniziando con “Mi ricordo quando …”.

E di solito ricorda la II Guerra Mondiale.

“Mi ricordo quando c’era la lotta di classe …”. Mai chiesti perché da decenni ci sia solo quella dall’alto?

“Mi ricordo quando c’era il Sessantotto …”. Mai chiesti se per caso oggi c’è un Sessantotto e non lo riusciamo a vedere?

“Ma non rientra negli schemi,” direte. Certo, se rientrasse negli schemi non ci sarebbe bisogno di analisi, di indagini, di sperimentazione, di sporcarsi le mani.

Ma, domandiamo a nostra volta, questa crisi sistemica rientra in quegli schemi? A noi non sembra. Questa crisi sistemica è un po’ come l’ebesfenomegacorona, un solido con 21 facce, di cui 18 triangolari e 3 quadrate; quindi anche un po’ sghimbescio. E coi vecchi schemi quando se ne vede una faccia è perché si sono perse di vista le altre venti e si cerca di scovare simmetrie dove non ce ne sono.

Per carità, lo abbiamo fatto tutti fino all’altro ieri, non ci tiriamo fuori. Al più abbiamo la presunzione di conoscere altre tre o quattro delle facce della crisi (e questa conoscenza l’abbiamo pagata con sospetti). Se non altro, però, sappiamo che sono 21 e non hanno tutte la stessa forma.

C’è poco tempo e ci sono poche forze. Lasciamo dunque perdere una filosofia della prassi che ormai è solo un omaggio al pensiero astratto.

Il pensiero astratto è bello esteticamente e molto utile quando lo si sa usare, ovverosia quando unifica concetti e non fa finta di essere un pensiero concreto.

Paradossalmente, diventa uno strumento deleterio, simile a un mito, proprio quando rimane appannaggio dei professionisti del pensiero astratto, di intellettuali la cui buona fede è garantita dal fatto che hanno una vista che non va al di là del naso (altro che 21 facce!), pur con tutti i telescopi astratti a loro disposizione.

Se non cambiamo registro saremo sempre lì a contemplare la crescente distanza tra il mondo reale e il modello che ci siamo ficcati in testa. Ci prenderà lo sconforto e chi è più vecchio si rifugerà nei ricordi di quando tutto sembrava corrispondere, modello e realtà.

Ma sembrava soltanto. E infatti eccoci qui.

Come diceva Cipputi: “Non eravamo poi nemmeno tanto duri e puri, visto il magone che abbiamo”.

Basta con la politica-magone! Basta con la politica-amarcord! Serve solo ad aumentare la sofferenza, ma non a risolvere il problema.

 

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Come gather ”round people
Wherever you roam
And admit that the waters
Around you have grown
And accept it that soon
You”ll be drenched to the bone
If your time to you
Is worth savin”
Then you better start swimmin”
Or you”ll sink like a stone
For the times they are a-changin”.

Native

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